Documenti e materiali

Kobane potrebbe cambiare il corso della storia, è una battaglia cruciale… è davvero significativa perché offre alle persona una prospettiva… Sin dall’inizio della guerra in Siria i Kurdi hanno cercato una terza via… Questo sistema alternativo che si è cercato di stabilire in Rojava risulta particolarmente pericoloso perché sfida le strutture statali dominanti… L’autodeterminazione delle persone è una minaccia allo status quo.

Dilar Dirik


In questa sezione del blog abbiamo raccolto materiali e documenti (1) sull’esperienza del confederalismo democratico e (2) sulla rivoluzione delle donne, la loro pratica e il loro pensiero femminista nel territorio del Rojava (Kurdistan Occidentale). Non tutti i contenuti pubblicati sono condivisi nella loro interezza, ma abbiamo scelto di riportarli per presentare la situazione del Rojava in tutte le sue sfumature e arricchire il dibattitto.


(1) Materiali e documenti sul Confederalismo democratico


Noi curdi chiediamo il formale riconoscimento del modello di autonomia democratica del Rojava                                                                                                         15 Febbraio 2015

Incontro Ozlem Tanrikulu, la Presidente di Uiki Onlus (Ufficio d’informazione del Kurdistan in Italia) il 28 gennaio alla Casa delle donne Lucha y Siesta in occasione della presentazione del libro Tutta la mia vita è stata una lotta di Sara | Sakine Cansiz SARA1, (I vol., ed. Mezopotamien Verlag), cofondatrice del movimento di liberazione curdo e del movimento delle donne curde, assassinata a Parigi il 9 gennaio 2013 insieme alle sue compagne Fidan Dogan e Leyla Saylemez. Ultimo dei suoi incontri romani, avviene all’indomani dell’annuncio della liberazione di Kobane.

Signora Tanrikulu, alla luce della ribalta mondiale raggiunta in questi giorni dal Rojava e dal suo modello di autonomia sociale grazie alla resistenza opposta dagli uomini e le donne curde a Kobane contro le forze dell’IS, le chiederei innanzitutto una sua riflessione sul significato del ruolo svolto dalle combattenti curde.

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Carta del Contratto Sociale del Rojava – Siria

Prefazione:

Noi popoli che viviamo nelle Regioni Autonome Democratiche di Afrin, Cizre e Kobane, una confederazione di curdi, arabi, assiri, caldei, turcomanni, armeni e ceceni, liberamente e solennemente proclamiamo e adottiamo questa Carta.
Con l’intento di perseguire libertà, giustizia, dignità e democrazia, nel rispetto del principio di uguaglianza e nella ricerca di un equilibrio ecologico, la Carta proclama un nuovo contratto sociale, basato sulla reciproca comprensione e la pacifica convivenza fra tutti gli strati della società, nel rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali, riaffermando il principio di autodeterminazione dei popoli.
Noi, popoli delle Regioni Autonome, ci uniamo attraverso la Carta in uno spirito di riconciliazione, pluralismo e partecipazione democratica, per garantire a tutti di esercitare la propria libertà di espressione. Costruendo una società libera dall’autoritarismo, dal militarismo, dal centralismo e dall’intervento delle autorità religiose nella vita pubblica, la Carta riconosce l’integrità territoriale della Siria con l’auspicio di mantenere la pace al suo interno e a livello internazionale.
Con questa Carta, si proclama un sistema politico e un’amministrazione civile fondata su un contratto sociale che possa riconciliare il ricco mosaico di popoli della Siria attraverso una fase di transizione che consenta di uscire da dittatura, guerra civile e distruzione, verso una nuova società democratica in cui siano protette la convivenza e la giustizia sociale.

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Perché Kobane non è caduta                                                                                               31 Gennaio 2015

Un anno fa, come oggi, Kobanê si è dichiarato cantone autonomo.

Oggi, dopo 135 giorni di intrepida resistenza, la gente di Kobanê ha liberato la città dal cosiddetto Stato islamico. Da settembre 2014, le YPG e YPJ hanno condotto una epica e incredibile resistenza – non ci sono altre parole per descriverla – contro l’ultima ondata di attacchi da parte di ISIS. Le donne e gli uomini che hanno condotto la più gloriosa resistenza del nostro tempo, hanno issato le loro bandiere sulle ultime colline che erano state occupate da ISIS e subito hanno iniziato le loro danze in fila, accompagnati da vecchie canzoni rivoluzionarie e slogan curdi. Da allora, la gente in tutto il mondo si è precipitata in strada per festeggiare. Dopo le innumerevoli tragedie, stragi, e traumi che questa regione ha dovuto subire di recente, i dolori che hanno preceduto questo momento rendono la vittoria ancora più dolce. Con un occhio si versano lacrime per i morti, mentre con l’altro si piange per la gioia così meritata.

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Le pratiche e le teorie                                                                                                        Gennaio 2015

Arrivando qui, all’inizio, pensavo di trovarmi di fronte ad una lotta di liberazione simile a quella palestinese. Non fraintendetemi, continuo ad essere radicalmente antisionista, ma quello che vedo e che respiro qui una cosa molto diversa. Non è esclusivamente la lotta di liberazione dei curdi per la propria terra, l’idea non è quella di cacciare i turchi dal Bakur (Kurdistan turco), o quella di cacciare gli arabi dal Rojava (Kurdistan siriano).

Questa lotta è per la liberazione dal Potere, in particolare per la liberazione dal potere statale. Per la liberazione dal potere di qualsiasi Stato, senza la creazione di uno Stato differente. Questa lotta non è solo la lotta dei curdi, non si tratta di difendere un’unica etnia dalla supremazia di altre.

Questa lotta è per far si che ciascuno possa esprimere se’ stesso e se’ stessa nelle specificità etniche, di genere, o di qualsiasi altro tipo in maniera libera. Tutti i luoghi in cui si prendono decisioni riguardo la vita della società sono strutturati in modo da contenere al proprio interno componenti di tutte le etnie e generi; e non solo questi, anche le unità di difesa armata contengono al loro interno cristiani siriaci, arabi, ceceni, eccetera, oltre che curdi.

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Mostra “Viva Kobane che resiste”                                                                                Dicembre 2014


Kurdistan – Nell’occhio del ciclone – Seconda parte                                                        di Daniele Pepino
Dicembre 2014

Ciò che si sta realizzando nel Kurdistan occidentale non nasce dal nulla. L’autogoverno cantonale del Rojava si fonda, sia dal punto di vista teorico che da quello pratico, sulla prospettiva politica elaborata dal PKK dalla fine degli anni Novanta a oggi: il «Confederalismo democratico».

Dal punto di vista filosofico, esso è il risultato del lungo percorso di riflessione teorica sostenuto principalmente dal presidente del PKK, Abdullah Ocalan (Apo). Dagli anni Novanta, il crollo dell’Unione sovietica e del mondo bipolare, il declino delle guerriglie anticoloniali e la globalizzazione neoliberista, conducono il PKK a un ripensamento radicale delle sue basi teoriche e a una profonda autocritica della propria organizzazione e dei suoi obiettivi. Non si tratta di una mera riformulazione tattica, ma di una critica radicale della «modernità capitalista» a partire dalle sue stesse fondamenta. Nato come tipico partito marxista-leninista rivolto alla presa del potere in un’ottica di “liberazione nazionale” e di costruzione di uno Stato curdo indipendente e socialista, il PKK giunge ad abbandonare tale prospettiva, individuando anzi nello Stato-nazione il principale ostacolo alla liberazione. «Non ha senso sostituire le vecchie catene con catene nuove o persino potenziare la repressione. Questo è quello che la fondazione di uno Stato nazione significherebbe nel contesto della modernità capitalista», scrive Ocalan. Nel quadro del sistema dominante, non esiste sovranità nazionale possibile: «lo Stato nazione (…) è il governatore nazionale del sistema capitalistico a livello mondiale, un vassallo della modernità capitalista». Non solo. A partire da uno studio dell’intera parabola della civiltà umana, di quelle separazioni all’interno delle “comunità naturali” – presso i Sumeri in Mesopotamia – che hanno portato alla nascita della gerarchia, della religione, della schiavitù, della proprietà, delle classi, lo Stato viene individuato, in quanto potere autonomizzato, come un cancro che infetta la “società naturale”, la addomestica, la espropria, la disarma rendendola succube e alienata.

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La storia di Kobane                                                                                                     Novembre 2014

Sulla mappa del mondo, Kobane cade a nord della Siria, al confine con la Turchia.Secondo i curdi, tuttavia, è a occidente del Kurdistan, o Rojava in curdo …

C’è una linea ferroviaria a destra della città.La linea determina il confine tra Siria e Turchia.La divisione della terra natìa a Losanna nel 1923 non ha solo assicurato una perdita politica per i curdi,ma ha anche aperto la strada a molte tragedie umanitarie.Da Kobane a Qamishlo,molte famiglie sono state divise in due.Un fratello è rimasto da una parte del binario del treno,l’altro è caduto dall’altro lato.Per decenni,questi parenti hanno attraversato in segreto e illegalmente il confine minato per visitare l’un altro.L’esercito turco e siriano hanno ucciso decine,se non migliaia,di persone su questo confine….

I curdi di turchia hanno sempre utilizzato questo confine ogni volta che hanno corso dei guai con i regimi turchi.La popolazione di Kobane li ha sempre accolti e prottetti.Il viaggio più importante tra questi confini nella storia recente è stato quello di Abdullah Ocalan.Poco tempo dopo l’inaugurazione del PKK (27 novembre 1978) Ocalan segretamente attraversato il confine in Kobane dal Suruc il 2 Luglio, 1979.

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David Graeber su Rojava – Carmilla                                                                             Ottobre 2014

L’antropologo David Graeber ha appena pubblicato un articolo in cui sostiene da una prospettiva libertaria e antiautoritaria la lotta dei combattenti curdi del PKK e delle combattenti del YJA Star e l’esperimento autogestionario nella zona di Rojava, sollevando una serie di parallelismi con le vicende della Guerra civile spagnola del 1936 (dall’importanza della lotta condotta dalle donne curde alle strategie di non intervento dei paesi circostanti). David Graeber, che ha pubblicato svariati libri in italiano, ha concesso a Carmilla la facoltà di riprendere in traduzione italiana il suo articolo, comparso in originale qui.

Nel 1937, mio padre si arruolò volontario per combattere nelle Brigate Internazionali in difesa della Repubblica Spagnola. Quello che sarebbe stato un colpo di Stato fascista era stato temporaneamente fermato da un sollevamento dei lavoratori, condotto da anarchici e socialisti, e nella maggior parte della Spagna ne seguì una genuina rivoluzione sociale che portò intere città sotto il controllo di sistemi di democrazia diretta, le fabbriche sotto la gestione operaia e le donne ad assumere sempre più potere.

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Kurdistan – Nell’occhio del ciclone – Prima parte                                                           di Daniele Pepino
Agosto 2014

Le notizie dal Vicino e Medio Oriente si susseguono a un ritmo incalzante. Il Kurdistan si trova, ancora una volta, nell’occhio del ciclone, dilaniato dall’esplodere delle tensioni tra le potenze regionali che si spartiscono il suo territorio.

Non è semplice, in un simile scenario, fornire un quadro della situazione che non sia immediatamente superato dall’incedere degli eventi. I quintali di notizie, parole, immagini, vomitati dai mass media, invece di chiarire la complessità dello scenario mediorientale, contribuiscono a spargere una confusione che è tutt’altro che casuale.

Perciò ci sembra prioritario – nei limiti di quanto è possibile fare in un breve articolo – provare a fornire qualche strumento interpretativo utile a comprendere le dinamiche in corso con uno sguardo di più lungo periodo rispetto alla cronaca emergenziale del giorno dopo giorno

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(2) Materiali e documenti su donne e femminismo


Faccia a faccia con le combattenti di Kobane: “Noi, madri di tutta l’umanità”
18 Febbraio 2015

Cinque combattenti curde raccontano la loro esperienza nella difesa della città di Kobane, rivelando sogni e rinunce, raccontando la brutalità della guerra contro le truppe del Califfato, i loro sacrifici e le loro speranze.

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KCK: i nemici delle donne incoraggiati dalla mentalità dell’AKP                                  17 Febbraio 2015

Il consiglio esecutivo del KCK ha condannato il brutale omicidio di Özgecan Aslan,aggiungendo che i nemici delle donne che non trattano le donne come esseri umani acquistano forza e incoraggiamento dalla mentalità e dalla pratica dell’ AKP.

La KCK ha condannato coloro i quali hanno stuprato e rapito Özgecan Aslan e ha offerto le proprie condoglianze alla sua famiglia e a tutte le donne in lotta affermando che:””L’entità del sistema dominato dagli uomini vecchio di 5000 anni si è ancora una volta rivelato sotto il regime fascista e oligarchico dell’AKP”.

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La curda Nisir che si è arruolata perchè le donne non restino in cucina                   15 Febbraio 2015

In un appartamento al secondo piano di una palazzina abbandonata e devastata dai colpi di mortaio a Til Kocher, Siria, Nisir è seduta su un cuscino giallo lungo come tutta la parete del soggiorno. Davanti a lei una televisione a schermo piatto, dei libri (tra cui una raccolta degli scritti di Nietzsche) e alcune fotografie di combattenti curdi che sorridono. Appesi intorno, dei fogli di carta con dei messaggi.

“Loro sono i nostri martiri, compagni e compagne con cui abbiamo combattuto e che sono stati uccisi in battaglia. Le scritte sono i nostri messaggi per loro e alcune frasi di Apo (Abdullah Ocalan, leader del PKK ndr)”, spiega Nisir mentre indica le fotografie. I lunghi capelli neri, raccolti in una treccia morbida, le incorniciano il viso allungato e dalla pelle olivastra.

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 Campagna delle donne per la Özgecan bruciata a morte dopo stupro                     14 Febbraio 2015

Le donne in Turchia e del Kurdistan del nord hanno sollevato forti reazioni all’omicidio selvaggio di una studentessa universitaria, Özgecan Aslan,che è stata bruciata a morte dopo essere stata violentata ieri a Mersin da tre uomini.

Le donne hanno aperto una campagna su twitter aprendo l’hashtag #ÖzgecanAslan.Anche le donne esponenti politiche dell’HDP,inclusa la co-presidente del partito Figen Yüksekdağ, stanno sostenendo l’iniziativa.

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Le donne marciano passo dopo passo verso la libertà                                                  7 Febbraio 2015

La marcia delle donne curde, cominciata ieri da Berna a Strasburgo per la libertà del leader curdo Abdullah Öcalan e in solidarietà con Kobanê, continua con entusiasmo nella sua seconda giornata. Circa 100 donne curde gridano slogan per la libertà nelle città della Svizzera sulla loro via.

I cortei, organizzati in tre percorsi diversi, in protesta contro il complotto internazionale contro il leader curdo Ocalan che ha portato alla sua prigionia 16 anni fa, e in sostegno della sua libertà con lo slogan “Libertà per Ocalan – Libertà per il Kurdistan”, continuano. Il percorso della marcia da Berna a Strasburgo è guidato dal Movimento europeo delle donne curde (TJKE) e continua sgargiante come una marcia di libertà delle donne. Anche le donne dell’organizzazione rivoluzionaria comunista, MLKP, hanno raggiunto le donne curde nella loro marcia per la libertà.

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Viyan Soran: figura leader del PKK e simbolo della lotta per l’emancipazione della donna                                                                                                                                            4 Febbraio 2015

Viyan Soran è nata a Silemanî, Kurdistan del sud, nel 1981. Dopo aver sperimentato il peso dell’oppressione sia come popolo curdo sia come donne curde, si è unita al Partito dei lavoratori del Kurdistan (PKK) nel 1997.In un breve lasso di tempo ha dimostrato la sua dedizione e capacità di leadership nell’organizzazione ed è salita rapidamente di grado.

Stella nascente, è diventata una valida comandante e di livello elevato delle YJA STAR (Forze di difesa delle donne del Kurdistan), e una figura leader nel PKK.

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Dedichiamo la Giornata Internazionale delle Donne 2015 alla rivoluzione delle donne nel Rojava e alla resistenza delle Unità di Difesa delle Donne YPJ     Febbraio 2015

L‘8 marzo 2015, 104 anni dopo la proclamazione della Giornata Internazionale delle Donne, le donne di tutto il mondo combattono ancora contro il sistema di dominio patriarcale. In ricordo delle lavoratrici tessili a New York che hanno perso la vita nella loro resistenza, in occasione della 2a Conferenza Internazionale delle Donne nel 1910 su proposta di Clara Zetkin è stata istituita la giornata dell‘8 marzo come simbolo per la lotta e la resistenza delle donne. Questo movimento e questo grido risuonano ancora nelle strade. La rivoluzione contro disuguaglianza, sessismo e ogni forma di violenza è arrivata fino a oggi e continua a difendere tutti i valori umani.

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Comandante YPJ: promettiamo alle donne di tutto il mondo che ce la faremo         16 Gennaio 2015

Una delle comandanti delle YPJ di Kobanî, Gülistan Kobanî, ha valutato gli attacchi di ISIS sul Cantone, che hanno avuto inizio il 15 settembre 2014, dichiarando: “Lo slogan delle YPJ contro questi attacchi è: ‘Anche se dovessero rimanere solo le YPJ, Kobanî non cadrà’. In quasi quattro mesi, le YPJ hanno tenuto fede a questo slogan”.

Ha aggiunto che Kobanî non è caduta e che le YPJ hanno impedito alle bande ISIS di avanzare in ogni area. “Le YPJ hanno dimostrato che né ISIS né qualsiasi altra forza trionferà contro il popolo curdo finché le YPJ sono presenti”, ha affermato.

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KJK: negate le cure a Zeyneb Jalalian                                                                    Gennaio 2015

l coordinamento delle giovani donne del Kurdistan orientale (KJK) ha salutato la vittoria a Kobanê e ha e richiamato l’attenzione sulle violazioni dei diritti in Iran,con una particolare attenzione sulla situazione della prigioniera Zeyneb Jalalian.

Il KJK ha dichiarato nel suo comunicato che Zeyneb Jalalian, che ha subito pesanti torture torture nel 2009, è a rischio di perdere la vista in quanto gli è stata negata la cura per le malattia causate dalle torture.Il comunicato del KJK ha dichiarato che la storia del popolo curdo è stata riscritta a Kobanê, dimostrando ancora una volta che nessun potere può avere successo di fronte a una lotta di liberazione.

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Hevala, Sara, in ogni momento della vita lottando                                                         12 Gennaio 2015

È il secondo anniversario dell’assassinio di Sakine Cansız (Sara), membro fondatore del PKK e del Movimento per la Libertà delle Donne, personalità della lotta del movimento femminile curdo, leggendaria protagonista della resistenza nelle carceri, grande veterana della battaglia per la libertà dei curdi.

Una contestatrice coraggiosa, tenace e determinata all’interno del movimento per la libertà, simbolo della donna di grande statura morale, emblema dello spirito di solidarietà internazionale e dell’atteggiamento combattivo delle donne nel ventunesimo secolo.

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Lettrer from female MLKP fighters in Sinjar                                                          Gennaio 2015

Female fighters of the MLKP (Marxist Leninist Communist Party) who are taking part in the resistance in and around Sinjar, where fierce clashes and operation by joint forces of resistance are continuing, have told in a letter to ANF about the battle and their feelings.

We are publishing below the letter as it is;

“We got to know the Yazidi women with the massacre committed against the Yazidi people in Sinjar. Women were the first to be attacked, just like what happens in every war and massacre. Thousands of women were kidnapped and raped by ISIS gangs, their bodies were put on sale. Set apart from their families and children, some others took the migratory path with their eyes in tears…Our hearts bled while watching them on tv channels. Our hatred and anger grew against the imperialist, capitalist and male-dominant system and its reactionary value judgments that left women unarmed and undefended in the face of this savagery. Taking their pain and anger as ours, we wanted to stand by them, heal their wounds and fight together. As female fighters of YJA-STAR and MLKP, we got the chance to come to Sinjar, meet them and fight alongside them. Within this process, the Yazidi women questioned the darkness and cruelty they are being subjected to, and went into action. Now, we are enhancing the fight in both battlefield and political arena while also recreating the life together.

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Le donne iraniane hanno bisogno di una forza di difesa come la HPJ               Gennaio 2015

Axin Maku, membro del consiglio militare della Forza di difesa delle donne del Kurdistan orientale(HPJ) ha affermato: “Per noi donne non vi è alcuna differenza tra la Repubblica islamica dell’Iran e ISIS. Entrambi sono nutriti da animosità contro le donne e da una cultura della violenza.”Come forza di difesa delle donne del Kurdistan orientale intensificheremo la lotta contro questo.

Axin Maku ha risposto alle domande di ANF, dichiarando che l’allargamento della HPJ in Iran e nel Kurdistan orientale significherebbe una battuta d’arresto per l’esecuzione di donne, e la fine della cultura della violenza, della prostituzione e  della riduzione in schiavitù.

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Comunicato della delegazione internazionale di donne in Rojava per il 25 Novembre 2014                                                                                                                 Dicembre 2014

Siamo appena tornate dal Rojava, la regione liberata del Kurdistan nel nord della Siria,e vogliamo innanzitutto dirvi che le donne e gli uomini hanno fatto e stanno facendo la rivoluzione femminista. Le donne hanno assunto un ruolo centrale nella costruzione della nuova società democratica radicale, che è basata sulla liberazione delle donne e sulla costruzione di nuovi soggetti liberi. Questa rivoluzione sta realizzando nella pratica un’elaborazione teorica molto avanzata di messa in discussione in modo profondo tutte le forme di oppressione di genere, classe, provenienza culturale ed etnica, in collegamento con un’analisi radicale degli ultimi 5000 anni di civiltà e di storia delle donne e con una prospettiva di autorganizzazione contro gli interessi del potere colonialista, imperialista e guerrafondaio.

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Atti del convegno “Praticare la libertà contro la guerra senza fine del sistema patriarcale”                                                                                                                        Ottobre 2014

Femminicidio: la guerra senza fine del sistema patriarcale di Havin Guneser

Prima di tutto voglio dirvi che sono davvero molto contenta di essere qui tra voi per discutere della lotta di liberazione delle donne in generale, ma nello specifico della lotta delle donne curde, specialmente in tempi come questi. Personalmente non ho mai pensato che avrei attraversato una storia di questo genere nel corso della mia vita. Siamo davvero testimoni della costruzione della storia a Kobane, Kurdistan occidentale.

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Il femminicidio: un crimine contro l’umanità di Nursel Kilic

Proprio nel mezzo di una lotta che si rafforza in ogni momento, vi saluto a nome di tutte le donne che lottano per un futuro migliore e soprattutto per la liberazione delle donne. Vorrei anche in questa occasione commemorare tutte le donne martiri per la Liberazione del Kurdistan, in particolare tutte le combattenti delle YPJ che hanno sacrificato la loro vita per salvare le donne minacciate di genocidio dal Daesh. Queste donne sono ora minacciateminacciate proprio in quanto donne. Il femminicidio non ci è sconosciuto. Noi donne curde ci dobbiamo confrontare con una doppia discriminazione a causa della nostra identità e del nostro genere. Siamo state e siamo tuttora le prime vittime del conflitto armato. Le donne sono sempre state utilizzate come bottino di guerra e continuano ad esserlo oggi per gli attacchi del Daesh.

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Lotta tra due sistemi contrapposti: l’ISIS, forza d’impatto della modernità capitalista, e le donne che costruiscono la modernità democratica di Dilar Dirik

Voglio ringraziare le organizzatrici per questo grande evento e salutare la coraggiosa e storica resistenza del popolo e in particolare delle donne a Kobane, che stanno conducendo una lotta per l’esistenza contro l’oscurità del cosiddetto Stato Islamico e la cui coraggiosa resistenza dovrebbe far vergognare tutti coloro che stanno in silenzio a guardare o che contribuiscono attivamente agli attacchi contro la città.

Come molti di voi probabilmente sanno, dopo gli attacchi di IS a Kurdistan, Siria e Iraq, i media mainstream e il discorso politico hanno dato attenzione alla resistenza del popolo curdo contro gli atti brutali e genocidi di IS, e più in particolare al ruolo delle donne in questa lotta. Il mondo si è accorto della notevole lotta delle donne curde che hanno preso le armi per combattere il gruppo jihadista ultra-patriarcale, cosa che viene percepita come inusuale, dato che il Kurdistan si trova in una parte del mondo che è nota per essere straordinariamente patriarcale, feudale e sotto il dominio maschile. Il fatto che queste donne, in una società altrimenti conservatrice, dominata dagli uomini, combattano militarmente e sconfiggano un’organizzazione brutale, ha affascinato molti osservatori esterni. Tuttavia affermazioni sensazionaliste come “IS teme le donne curde perché se uccisi da una donna non andranno in paradiso” si concentra su elementi superficiali di una situazione profondamente complessa, ignorando che in questa lotta c’è più del solo combattimento con le armi, ovvero un progetto di emancipazione politica più ampio.

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Messaggio di Selma Irmak

l movimento delle donne curde in Europa e donne appartenenti ad associazioni italiane hanno promosso un’ importante iniziativa per fare conoscere il dramma dei Yezidi al mondo. Hanno organizzato una conferenza l’11 ottobre a Roma, sul femminicidio delle donne yezide a Şengal. A me hanno chiesto di presentare alla conferenza le analisi politiche sviluppate in Rojava e a Şengal a seguito del massacro.

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Le guerrigliere curde, ovvero come i media italiani neutralizzano la rivoluzione in Rojava                                                                                                                               Ottobre 2014

I media borghesi, si sa, riescono a triturare qualsiasi evento per presentarlo al grande pubblico privilegiando gli aspetti che gli tornano più utili. È il caso, nelle ultime settimane, delle immagini delle guerrigliere curde continuamente diffuse dai media (vedi): immagini che, in molti casi, mostrano donne giovani e belle, così sorridenti che non sfigurerebbero sulla copertina di “Vanity fair” (vedi). Con alcune eccezioni, la loro presenza attiva nella resistenza curda viene ridotta a pettegolezzo dai mezzi di comunicazione italiani, che parlano di combattenti dell’I.S. che sarebbero spaventati dal queste donne soldato (già si sono scordati che solo poche settimane fa gli stessi media lanciavano l’allarme per le ragazze britanniche che si arruolavano con i fondamentalisti sunniti ). Essi, facendo leva su un miscuglio di orientalismo, attrazione per l’esotico e fascinazione per le donne-soldato (basta guardare quanto ha scritto Gennaro Carotenuto in un articolo dell’agosto scorso sulle guerrigliere del Pkk, «delle quale potrei innamorarmi in blocco», oppure un articolo di un paio di anni fa su Vice, in cui di una di esse si diceva che dava «l’idea di essere stata molto bella in passato»), presentano un’immagine “neutralizzata” e “depotenziata” di queste guerrigliere.

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