Taybet Inan, 57 anni e madre di 11 figli, il 18 dicembre 2015 era stata colpita dalle forze dello stato turco a Silopi e lasciata morire dissanguata. Il suo corpo è stato recuperato dalla strada solo sette giorni più tardi perché le forze dello stato impedivano alla sua famiglia e alle squadre mediche di avvicinarsi, sparando su chiunque ci provasse – così come stanno facendo coi cadaveri di due ragazzi a Şırnak e con altri quattro ragazzi i cui familiari sono da giorni in sciopero della fame per poterli riavere e seppellire.
Dopo sette giorni, il corpo di Taybet ha potuto essere recuperato dalla strada ed è stato portato con le bandiere bianche all’ospedale di Şırnak. Ieri, però, il suo cadavere e quello del cognato sono stati “rubati” con altri quattro corpi dalle forze di polizia, perché la Turchia non vuole che si facciano funerali, considerandoli occasioni di “propaganda terroristica”. Mentre i familiari dei quattro sono stati chiamati oggi dal governatorato, che li avvisava dell’imminente sepoltura a cui un solo familiare avrebbe potuto essere presente, dei corpi di Taybet e del cognato non si hanno notizie**.
Taybet Inan è stata uccisa tre volte: prima sparandole alla testa e alle gambe, poi lasciandola morire dissanguata e sparando su chiunque cercasse di intervenire e poi facendo sparire il suo cadavere dall’ospedale, per impedire che le persone partecipino al suo funerale.
È facile immaginare che lo stesso trattamento verrà riservato ai 12 ragazzi ammazzati stamattina con un colpo alla testa per ciascuno, durante una perquisizione…
Azime, la figlia di Taybet, intervistata da JINHA fuori dall’ospedale il giorno in cui erano riusciti a portarci il suo cadavere, aveva detto:
Erdogan fa a Cizre e Silopi quello che Daesh ha fatto a Kobane. Erdogan è crudele, ha la stessa mentalità di Daesh.
Tu, Erdoğan, hai un palazzo. Noi non distruggiamo il tuo palazzo e la tua casa, non uccidiamo i tuoi figli, ma tu uccidi i nostri figli e ci porti via le nostre case e le nostre terre.
Cosa vuole Erdogan da noi?
Noi facciamo crescere i nostri figli, ma tu, Erdoğan, li uccidi. Non smetteremo mai di resistere, anche se ci uccidi tutti. Loro sono i nostri martiri; le mentalità immorali e disumane perderanno in queste terre.
Azime ha anche sottolineato che le forze dello stato avevano visto che sua madre era vecchia e aveva abiti civili, ma l’hanno comunque uccisa.
Questa la lettera scritta dal figlio di Taybet:
Quando sono arrivato i vicini stavano portando mio zio. Ho chiesto “Mia madre?”,”Giace sulla strada”, mi hanno risposto. Ho cercato di raggiungerla ma mi hanno fermato. Ho pianto, pianto, pianto. Mia mamma era proprio lì, in strada. In un primo momento si muoveva un po’, ma col passare delle ore il movimento si è fermato. Abbiamo chiamato tutti: parlamentari, governatori…
Abbiamo chiamato tutti i funzionari, dicendo loro che mia mamma ormai era morta, che almeno ci permettessero di prendere il suo corpo.
Che cosa ha provato mia mamma? Sicuramente tanto dolore; deve aver sofferto molto.
Raramente noi esprimiamo l’amore, ma l’abbraccio di mia mamma era più grande del mondo intero, portava un amore che migliaia di parole non possono esprimere.
Mia mamma è rimasta in strada per sette giorni esatti. Nessuno di noi ha dormito, temendo che venissero i cani, che gli uccelli la disturbassero; lei giaceva sdraiata lì, a 150 metri, e noi stavamo morendo di dolore.
Lo stato ci ha fatto provare il dolore più inimmaginabile per sette giorni.
Immaginate di vedere vostra madre giacere morta in mezzo alla strada per sette giorni!
Non si può rimanere buoni; non si può restare umani.
Le mani di mia madre erano rigide, sembrava aver stretto molto forte la sciarpa per il dolore. Ho baciato le sue mani, chiedendo perdono, ma erano dure.
Il sangue di mia madre si era congelato; le mani e il viso erano diventati terra, i suoi vestiti si erano imbevuti di sangue, poi si erano essiccati ed erano diventati pietra.
L’odore di mia madre non c’era più; odorava di terra e sangue. Il sangue e la sporcizia le avevano indurito i capelli.
Quelli che credono in Allah avevano preso la vita di mia mamma!
Gli occhi di mia madre erano aperti, la testa era rivolta verso casa. Aveva steso le gambe in un ultimo, apparente, tentativo di cercare di tornare a casa.
Avete mamme? Figli? Se anche non ne avete, so che li hanno i vostri padroni.
Non posso descrivere il dolore per la perdita mia mamma: è troppo grande.
Per sette giorni, per sette esatti giorni in preda all’inverno, mia madre è rimasta a giacere morta in mezzo alla strada.
Sapete cosa c’è di più doloroso? Non sapere in quanto tempo si sia dissanguata.
Vorrei che lei fosse morta proprio nel momento in cui le hanno sparato.
** Aggiornamento dell’11 gennaio: si è saputo che ieri Taybet e il cognato sono stati sepolti all’insaputa dei familiari.