Una donna Êzîdî combatte nelle fila delle YPJ dopo essere fuggita dalla prigionia dell’ISIS
30 Maggio 2015
Til Temir – ANF – Mehmet Nuri Ekinci
Ha preso il suo nome da Arin Mirkan, simbolo della resistenza di Kobanê. La giovane donna Êzîdî ha dichiarato che le bande dell’ISIS hanno perso la loro umanità e che per loro è un grande sostegno morale il combattere tra persone che hanno diversi background etnici e religiosi.
Con il 73mo decreto contro gli Êzîdî, che ha avuto inizio quando i peshmerga hanno abbandonato Sengal, le bande dell’ISIS hanno catturato venti uomini e dodici donne Êzîdî. Arin Mirkan e i suoi amici fatti prigionieri hanno sopportato le torture delle bande dell’ISIS per dieci giorni prima di riuscire a fuggire e raggiungere i monti di Sengal per riunirsi alle loro famiglie. Mirkan ha deciso che era giunto il tempo della vendetta e, secondo le sue stesse parole, si è “unita alle ‘hevals'(compagne)” invitando tutte le giovani ad unirsi alle YPJ.
Quando si è unita alle ‘hevals’ si è data il nome di Arin Mirkan
Arin Mirkan, donna Êzîdî di 22 anni, ha varcato i confini mentre le bande dell’ISIS stavano attaccando Til Temir e si è unita alle YPJ. Ha preso il suo nome dal simbolo della resistenza di Kobanê, Arin Mirkan, che ha sacrificato la sua vita nella resistenza sulla collina di Miştenur. Mirkan ha dichiarato che le bande dell’ISIS hanno perso la loro umanità e che per loro è un grande sostegno morale il combattere tra persone che hanno diversi background etnici e religiosi.
Le forze del KDP non li hanno protetti
La guerra a Til Temir, che è iniziata quando il 23 febbraio le bande hanno occupato i villaggi assiri, continua violentemente. Una donna Êzîdî nelle fila delle YPJ combatte contro le bande a Til Temir e Serekaniyê con le sue compagne curde, arabe, assire e di altre origini.
Come migliaia di persone provenienti da Sengal, la sua famiglia si era dispersa nei dintorni quando le bande dell’ISIS l’hanno invasa. Non sapendo cosa fare, ha cercato di scappare, ma non ci è riuscita. Senza alcun aiuto né guida, è stata abbandonata dalle forze del KDP che avrebbero dovuto proteggerla.
Faceva parte di un gruppo di civili catturati, venti uomini e dodici donne. Sono stati sottoposti a torture fisiche e psicologiche per giorni, e Mirkan afferma che ciò che più li ha offesi e motivati a cercare una via di fuga sono stati “gli insulti delle bande contro la religione Êzîdî e le pressioni affinché ci convertissimo all’Islam”.
Fuga dalle bande
Mirkan ha dichiarato che i dieci giorni trascorsi come prigioniera le sono pesati come fossero dieci anni, e ha descritto la sua fuga nel modo seguente: “Siamo stati fortunati a riuscire a scappare; che dire di quelli che sono rimasti indietro? Il KDP aveva promesso che ci avrebbe protetti per anni, ma i peshmerga sono stati i primi a fuggire lasciandoci nelle mani dell’ISIS. Questo ci ha offeso molto; ogni promessa del KDP era una bugia. Hanno venduto la popolazione Êzîdî.
A partire dal primo giorno, le bande hanno usato violenza fisica, psicologica e spirituale. Ci hanno detto che eravano infedeli e dovevamo convertirci. Quello che ci hanno fatto non ha nulla di umano, ogni momento trascorso sembrava come anni di ira. Eravamo preoccupati soprattutto per quello che sarebbe potuto accadere ai nostri familiari.
Una notte, una guardia Êzîdî che era stata da poco convertita con la forza all’islam ci ha aiutato a fuggire. La guardia ci ha detto che era stata convertita coercitivamente e si sentiva male a vederci prigionieri lì. Ci ha aiutati a fuggire e siamo corsi sulle montagne”.
Dopo la loro fuga, Mirkan e gli altri prigionieri si sono separati e hanno raggiunto i monti di Sengal. Mirkan ha raccontato che l’esser riusciti a liberarsi dalle bande era loro di conforto rispetto alla fame e alla sete che li attendevano sui monti.
Il tempo della vendetta
Dopo esser fuggita dalle bande dell’ISIS ed aver ritrovato la sua famiglia, Mirkan ha deciso di unirsi alle fila delle YPG-YPJ. Lei ora sta cercando vendetta alla riduzione in schiavitù di migliaia di persone e alla vendita delle donne nei mercati. Dopo la sua formazione, è andata a Sengal a combattere contro le bande. Ha poi proposto di andare a Til Temir quando le bande hanno iniziato ad attaccare questa città.
In qualità di combattente delle YPJ, sta ora combattendo a Til Temir per vendicare la gente di Sengal e tutti le altre popolazioni oppresse. A 22 anni, Arin Mirkan era timida ma resistente quando l’abbiamo incontrata nel campo di battaglia di Til Temir.
“Vinceremo di sicuro”
Mirkan ha dichiarato che le bande hanno attaccato soprattutto le donne e che ne hanno fatte schiave migliaia per venderle nel mercati. Ha sottolineato che le donne schierate con il leader Apo mettono in atto una maggiore resistenza contro le bande dell’ISIS.
In quanto persona cresciuta nella società Êzîdî, ammette di non aver avuto molta volontà né forza per gran parte della sua vita.
Però, dopo la sua partecipazione alla lotta sente di aver rafforzato se stessa e la propria volontà. Mirkan dice di ricevere una grande forza, anche morale, combattendo al fianco delle YPJ.
Determinata a vincere, Mirkan ha giurato di vendicare le donne, in particolare la compagna Arin della quale ha preso il nome. Mirkan ha descritto la sua attuale vita come comunitaria e organizzata intorno a valori condivisi, e ha invitato le giovani donne ad unirsi alle YPJ per sbarazzarsi dell’ISIS.
[traduzione nostra da Firat News]