Domande, riflessioni e spunti su etica, pratiche e orizzonti di liberazione

Ad alcuni mesi dalla nascita del percorso dakobaneanoi, abbiamo pensato di incontrarci sia per fare un bilancio di questi mesi di attività sia, soprattutto, per discutere tra di noi la continuazione del progetto, con la prospettiva di creare anche pratiche e percorsi di formazione e confronto sullo stile delle accademie kurde.

Prima di incontrarci avevamo stabilito alcune domande a cui avremmo voluto dare risposta nonché una lista – che riportiamo qui in fondo – di alcuni dei testi di riferimento del progetto rivoluzionario del Rojava che ci avrebbero potuto fornire un metodo per la messa a fuoco delle questioni.

In due giorni di intense discussioni le questioni poste hanno preso la forma di domande, più che di risposte.

L’utilizzo, infatti, del metodo di critica/autocritica ampiamente utilizzato in Kurdistan ci ha sollecitate ad interrogarci tanto sull’orizzonte ampio quanto sull’etica che accompagnano il nostro agire politico, sul rapporto tra l’unicità di ciascuna di noi e la dimensione collettiva e sociale in cui ci muoviamo, e su come andare verso quell’orizzonte ampio con “passi sicuri”, senza lasciarci alle spalle nulla di vago o non affrontato ed avendo chiaro cosa conservare e cosa buttare delle metodologie che hanno accompagnato, negli anni, il nostro agire femminista. Così come ci siamo anche interrogate sulle cause che hanno portato gran parte del movimento delle donne su posizionamenti vittimistici facendo perdere quello slancio e quella radicalità che aveva negli anni ’70 e smantellando, al contempo, pezzo per pezzo le conquiste ottenute e/o alimentando un approccio “consumistico” della politica, del tipo usa-e-getta, che rende difficoltosa la continuità di un percorso politico collettivo – una impasse per uscire dalla quale urge una pratica di onesta autocritica da parte di chi, come noi, ha fatto propria la prospettiva postvittimistica.

Può sembrare fuori luogo che noi ci poniamo questi interrogativi proprio nel momento in cui è ripreso il genocidio politico della popolazione kurda da parte del governo turco. Ma, in realtà, siamo sempre state convinte – e le compagne kurde ce l’hanno confermato – che il modo migliore per dare forza alla loro lotta sia, da una parte, far circolare qui le informazioni su ciò che succede nelle regioni del Kurdistan e, al contempo, rilanciare e radicalizzare anche nei nostri territori la lotta contro il patriarcato occidentale – complice di quello turco e mediorientale, in particolare quando si tratta di reprimere le istanze rivoluzionarie e di liberazione delle donne.

Senza alcuna presunzione ma, anzi, con l’umiltà di chi desidera interrogarsi a fondo e senza resistenze, abbiamo ricalibrato sulla nostra specificità il metodo di critica/autocritica ed abbiamo, poi, messo a fuoco tre questioni che riteniamo necessarie ed urgenti ed alcuni altri punti metodologici, a nostro parere fondamentali, per affrontarle e per dare vita a pratiche e percorsi nuovi o rinnovati.

Auspichiamo che questo nostro sforzo possa fornire anche ad altre compagne lo stimolo e gli strumenti per dare più forza all’agire politico individuale e collettivo.

Per quanto riguarda il metodo critica/autocritica, ci è sembrato importante dar valore anche al potenziamento che viene dal ripercorrere la nostra esperienza storica evitando, in tal modo, di limitarsi a mettere a fuoco solo i punti critici.

Le domande/questioni che abbiamo individuato sono tre:
1. Dato che il movimento delle donne ha perso delle potenzialità e delle pratiche che aveva e si è inceppato su alcuni nodi – fra i quali vittimismo, complicità col patriarcato e suprematismo – pensando di poter dialogare col sistema dominante, e considerato che, nonostante il nostro rifiuto di queste pratiche in quanto femministe radicali, oggi ci troviamo anche noi in una impasse, invitiamo le compagne a fare un bilancio del movimento delle donne mediante critica/autocritica e mettendone in luce anche i punti di forza/debolezza, a partire dalle esperienze politiche, personali e collettive.
2. Considerato lo stato di cose esistente, come femministe quali pratiche e questioni riteniamo prioritarie ed urgenti?
3. Riformuliamo un’etica femminista e le relative pratiche, partendo dall’orizzonte ampio verso cui vogliamo andare.

Per quanto riguarda il metodo con cui affrontare queste questioni e le conseguenti pratiche, ci sono sembrati irrinunciabili i seguenti passaggi, che possono essere anche degli spunti per un’etica da praticare:
1. nominare le proprie aspettative rispetto al percorso che si vuole intraprendere
2. dichiarare la propria assunzione di responsabilità, la serietà e la continuità che si intende avere nel percorso
3. definire l’orizzonte ampio in cui, per ciascuna, quel percorso si inserisce
4. supportarsi con letture che stimolino la riflessione
5. partire dai propri bisogni e dalle proprie contraddizioni
6. partire da dubbi  e non da certezze, cioè
6a. evitare ogni dogmatismo e mettere sempre in discussione ciò che diamo per scontato
6b. non controbattere il pensiero dell’altra, ma pensarci prima a fondo, per trovare il nuovo e dare valore a ciascuna
6c. ascoltare ed accogliere le diversità, riconoscendo le capacità di ciascuna altra per valorizzarne l’utilità nel  percorso e  non cadere in dinamiche autoritarie o di ruoli, ma basarsi sulla reciprocità, la stima, il riconoscimento
7. non perdere di vista la concretezza, finalizzando la riflessione alle modalità da mettere in pratica
8. fare attenzione alla gestione e risoluzione di conflitti che potrebbero scoppiare all’interno del percorso/gruppo, dotandosi di strumenti per farlo
9. porre attenzione all’interezza del percorso fatto per non perdere dei pezzi, per tenerlo vivo e trasmetterlo alle altre (passaggio del testimone) ed evitare che ci venga smantellato alle spalle dal sistema dominante
10. fare continui bilanci
11. fare critica e autocritica

Queste nostre riflessioni non pretendono di essere esaustive – e ben vengano eventuali suggerimenti e critiche! – ma, molto più semplicemente, sono per noi un primo passo per cercare di rinnovare e rendere efficaci le nostre pratiche prendendo spunto dall’esperienza delle donne in Rojava e cercando di ricalibrarla sulla nostra storia e sulla realtà dei territori in cui viviamo.

Bibliografia:
1. Sakine Cansiz: Tutta la mia vita è stata una lotta
2. Abdullah Öcalan: Gli eredi di Gilgamesh,  Il PKK e la questione kurda nel XXI secolo, La rivoluzione delle donne, Confederalismo democratico
3. Murray Bookchin: L’ecologia della libertà, L’anarchismo nell’età dell’abbondanza
testi scaricabili da anarchopedia:
Che cos’è l’ecologia sociale, Municipalismo libertario perché, Il capitalismo e la crisi ambientale
4. Oltre ai baffi cosa avevano in comune Bookchin e Ocalan? Lo spiega Janeth Biel

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