Chi si fiderebbe?

Elif Su Aslan, 4 mesi; Özgür Aslan, 3 anni; Muazzez Aslan, 4 anni; Rojda Aslan, 7 anni; Gülistan Aslan, 11 anni; Beritan Tosun, 2 anni; Şevin Tosun, 10 anni; Ruken, 4-5 anni; Berfin, 4-5 anni; Kadir Şahin, 11 anni; Furkan Dağ, 11 anni; Talat Abiş, 7 anni.
Questi i nomi e le età di bambine e bambini che da giorni sono intrappolati, con decine e decine di donne e uomini, negli scantinati di Sur, ad Amed/Diyarbakır.

Ieri il governatore di Amed ha annunciato l’apertura di un “corridoio umanitario” per l’evacuazione degli scantinati, ma la gente non si fida e chiede che il corridoio sia fatto dalle organizzazioni della società civile e non dalle forze armate dello stato turco.

D’altra parte, chi si fiderebbe di un corridoio fatto da chi bombarda e brucia viva la gente intrappolata nei seminterrati, per poi gettarne i resti carbonizzati sulle rive del fiume, o ne attacca i funerali?
Chi si fiderebbe di chi spara su una donna che esce da uno scantinato in cerca di acqua, ferendola, o su un’altra che esce di casa per comprare il latte alla figlia di un anno, uccidendola?
Chi si fiderebbe di chi spara su chi cerca di salvarsi la pelle fuggendo dai quartieri sotto attacco, o di chi riempie di lacrimogeni chi torna per cercare di raccogliere le poche cose che si sono salvate nelle abitazioni distrutte dalle stesse forze turche?

Come ha detto molto sinteticamente Cemil Bayık del KCK, per i responsabili politici dell’AKP o i kurdi si sottomettono allo stato, o sono costretti ad affrontare brutalità e torture, perché lo stato turco considera il popolo kurdo una sua proprietà.
Lo stesso Bayık ha anche denunciato il silenzio complice dei governi occidentali nei confronti del massacro in corso, così come lo sta denunciando, da quattro giorni consecutivi, un presidio di donne e uomini kurdi davanti al Consiglio d’Europa e alla Corte europea dei diritti umani di Strasburgo.

Il Congresso delle donne libere (KJA) ha intanto lanciato una settimana di mobilitazioni, che comincerà l’1 marzo a Silopi e si concluderà l’8 marzo a Diyarbakır.

770x500cc-esra-yakarProprio in vista dell’8 marzo vogliamo ricordare Esra Yakar, studente di medicina che era andata a Kobane per aiutare i feriti ed è a sua volta rimasta ferita in un attacco di Daesh; rientrata in Turchia per essere curata, è stata arrestata con l’accusa di appartenere ad una “organizzazione terroristica” e condannata in primo grado a sei anni e tre mesi di carcere.

E vogliamo anche ricordare i volti sorridenti di alcune giovani donne che hanno perso la vita nelle trappole mortali di Cizre e che sono state riconosciute soltanto dopo l’esame del Dna, dato che dei loro corpi restava ben poco…

Tuğba Eminoğlu

Tuğba Eminoğlu

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