Cizre è al 55mo giorno di “coprifuoco” – termine che dissimula la pratica genocida in atto in molte città del Kurdistan del nord (Bakur).
È di due giorni fa la notizia che altre 37 persone ferite siano da alcuni giorni bloccate in un altro seminterrato a Cizre. Nove di loro, gravemente ferite, sono bruciate vive per un incendio provocato dai colpi dell’artiglieria turca contro l’edificio; altre hanno riportato gravi ustioni. I militari hanno impedito l’accesso sia alle squadre antincendio che alle ambulanze e, non soddisfatti del massacro, hanno ucciso un ragazzino di sedici anni che aveva provato ad uscire dallo stabile.
Nei giorni scorsi a Cizre erano stati trovati altri sei cadaveri, di cui due bruciati.
Alcuni giorni fa, Erdogan aveva dichiarato “Renderemo la vita impossibile a coloro che cercano di stabilire uno stato nello stato, così come abbiamo fatto con quelli che vogliono creare, sotto il nome di comunità, una struttura parallela all’interno dello stato”.
Più chiaro di così…
Riecheggiando l’affermazione mussoliniana secondo cui la maternità sta alla donna come la guerra sta all’uomo, il primo ministro Davutoğlu ha detto che fare figli è un dovere sacro delle donne, paragonandolo al dovere di fare il servzio militare. La risposta delle donne non si è fatta attendere: “Il potere vuole che facciamo figli per uccidere la gente che resiste e lotta per la libertà. Insieme ci organizzaremo e insieme resisteremo”.
A Sur, intanto, continuano le veglie delle madri che da giorni chiedono la restituzione dei cadaveri dei loro figli e delle loro figlie per poterli seppellire.