Amargi! La battaglia storica delle donne contro un’eredità di millenni

Dimenticare Ginevra! Saranno le donne a salvare il Medioriente, scrive nella sua pagina fb Dilar Dirik salutando l’apertura dei lavori della prima Conferenza delle donne siriane di Dêrik, in Rojava.

“Se il diritto alla vita è sotto attacco, come nelle città kurde, ci sarà una resistenza contro il fascismo”, rispondono le donne giunte ad Amed/Diyarbakir dalla Turchia occidentale per dare il loro sostegno solidale alla lotta del Bakur.

Quella resistenza non viene affievolita né dalle deportazioni in veri e propri campi di concentramento, né dalle contaminazioni chimiche con cui le forze genocide turche, attraverso il sistema fognario, cercano di avvelenare le abitazioni – come se non fosse sufficiente la distruzione testimoniata dalle immagini raccolte da Firat News

Per questo il governo di Erdogan sta cercando di mettere in atto una politica del divide et impera attraverso alleanze col patriarcato feudale kurdo e con quello religioso.

3Ma la vendetta storica delle donne kurde è già in atto, come dimostrano le giovani donne yezide di Shengal/Sinjar – che, con i loro coetanei, si stanno addestrando per moltiplicare le unità di autodifesa (YPS and YPS-Jin) in tutte e quattro le parti del Kurdistan – e come spiega bene Dilar Dirik in questo breve intervento.

Amargi – donna, stato, civiltà…
Amagi o amargi, la prima parola per descrivere il concetto di “libertà”, comparve nell’antica Sumer attorno al 2300 a.C.
Gli ziggurat sumeri, enormi complessi templari, furono il luogo in cui diversi meccanismi gerarchici cominciarono lentamente a istituzionalizzarsi in quello che possiamo considerare l’inizio di una società fissata in classi: il patriarcato, lo stato, l’esercito permanente e la proprietà privata.
Questo è il luogo in cui venne definita per la prima volta una distinzione fra “donne rispettabili e non rispettabili”, fondata sul comportamento sessuale.
Questa è l’era in cui assistiamo alla “caduta delle dee” nella mitologia, a significare un’impressionante e tentacolare rottura nel tessuto sociale in cui crolla lo status delle donne e ascende quello del maschio dominante, in particolare il sacerdote uomo, che comincia a detenere il monopolio sul sapere, laddove il periodo neolitico era stato caratterizzato da forme di organizzazione economica e sociale incentrate sul ruolo della donna.
Non ci deve quindi sorprendere che l’idea di libertà, o il suo desiderio, debba essere comparso qui prima che in ogni altro luogo.
In seguito, le conquiste e le espansioni delle religioni e degli imperi androcentrici (e, in tempi più recenti, dello stato moderno, in particolare nel periodo capitalista), avrebbero ulteriormente rinforzato e istituzionalizzato questo sistema di potere, in particolare attraverso l’utilizzo sistematico e consapevole della filosofia, della religione e della scienza.
Oggi qualsiasi riferimento a un passato più egalitario viene dogmaticamente rigettato in quanto assurdo e impossibile, nonostante le numerose prove archeologiche e storiche (come testi scritti e statuette delle dee madri): ciò testimonia quanto, fino ai nostri giorni, il patriarcato e i suoi valori si siano insinuati, lentamente ma fermamente, nelle nostre menti.
CPNxnmcUAAANiM8Se prendiamo in considerazione la Mesopotamia contemporanea, assistiamo allo stesso scontro fra queste due civiltà, come le definisce Abdullah Öcalan: la “civiltà mainstream”, che rappresenta sistemi gerarchici e centralizzati che cercano di sottomettere le comunità e in particolare le donne, e la “civiltà democratica”, la civiltà alternativa delle donne, degli oppressi e degli esclusi che hanno sempre portato avanti la loro resistenza nel corso della storia e che ancor oggi esiste.
Lo si osserva nella maniera più evidente nel conflitto fra il cosiddetto IS (Islamic State) e le donne kurde. L’IS, frutto di 5mila anni di mentalità e di sistemi fondati sulla schiavitù e l’oppressione, ha fieramente costruito la sua ideologia sull’uccisione, lo stupro, la schiavitù e la compravendita delle donne, prendendo di mira in maniera particolare le persone appartenenti alle comunità più antiche, che ancora, nelle loro realtà, portano con sé ricordi ed elementi del lontano passato.
CXJvysVWAAAO_JZNel frattempo le donne del Kurdistan, che combattono non solo contro l’ISIS, ma anche contro il fascismo delle politiche rappresentate dall’ideologia “una bandiera-una nazione-uno stato” degli stati-nazione, esercitano una vendetta storica nel momento in cui cercano di creare un sistema che non sia statale, bensì fondato su una società etico-politica che ruota attorno alla collettività. Non è un semplice conflitto militare: è una battaglia storica contro un’eredità di millenni.
In questo senso, quando pensiamo ai modi in cui il patriarcato, lo stato, la proprietà privata hanno costruito sistematicamente un sistema di abusi, stupri, oppressione, schiavitù, genocidio, negazione, furto e menzogne, con attacchi sistematici contro le donne come loro nucleo costante, e quando consideriamo i modi in cui le donne sono state sistematicamente denigrate e distrutte in quanto streghe e intruse non gradite, venendo così definite come soggetti che si potevano ammazzare, stuprare e silenziare, diventa ancora più necessario scoprire che letteralmente la parola amargi significa “ritorno alla madre”!

(traduzione nostra)