Come prevedibile, la Turchia di Erdogan non ha perso nemmeno un minuto e ha subito ripreso – se mai l’avesse interrotta – la sua politica di genocidio in Kurdistan: coprifuoco, ragazzi ammazzati, attacchi in Rojava, bombardamenti nelle zone della guerriglia in Iraq, e via dicendo.
L’Unione delle comunità del Kurdistan (KCK), parlando del “colpo di stato politico” iniziato mesi fa, ha realisticamente detto che “Quello che si riflette come il successo elettorale dell’AKP è di fatto una presa del potere”, e che il partito di Erdogan aumenterà la sua guerra contro il Movimento di liberazione kurdo e le forze democratiche in Turchia. Il KCK ha anche ricordato che il portavoce dell’AKP, Ömer Çelik, subito dopo le elezioni, ha detto che questa guerra è l’unico articolo del programma politico del nuovo governo, mentre tutte le altre questioni serviranno da accessorio complementare a questa politica di guerra.
Il KCK ha ribadito che il Movimento di liberazione kurdo risponderà agli attacchi e alle imposizioni di una guerra contro le forze della guerriglia kurda e la popolazione.
Questo “colpo di stato politico” viene salutato dai governi europei con un “pragmatico sollievo”, spiegava ieri candidamente un quotidiano italiano che, commentando i risultati elettorali in Turchia, titolava: Il sospiro di sollievo dell’Europa.
Per lo meno ha scritto pane al pane.
Un altro quotidiano riportava: “Le elezioni di domenica in Turchia, con un’affluenza elevata, hanno riaffermato l’impegno forte del popolo turco per il processo democratico”, hanno affermato in un breve comunicato il capo della diplomazia europea Federica Mogherini e il commissario all’allargamento, Johannes Hahn. “L’Unione europea – prosegue la nota – lavorerà con il futuro governo al fine di migliorare il partenariato con la Turchia e continuare a far progredire la nostra cooperazione in tutti i settori a beneficio di tutti i cittadini”.
Non sorprende che ai governi europei non importi nulla del genocidio che da mesi è ripreso contro la popolazione kurda in Turchia. Né sorprende che i giornali italiani continuino a non parlarne: se ora gli inviati nelle città kurde si degnano di buttare uno sguardo ai muri delle case crivellati di colpi, evitano comunque di chiedersi chi ci fosse in quelle case e in quanti/e ci abbiano lasciato la pelle.
La resistenza continua…