In tanti, dai media internazionali all’hastag #AnkaraErdogansFalseFlag, suppongono che l’attentato di ieri ad Ankara possa essere stato opera dei servizi turchi per legittimare l’intervento contro i kurdi in Siria.
Ma il governo turco, accusando dell’attentato le YPG (che se ne sono dichiarate estranee), procede con le operazioni militari in Rojava.
Oltre ad aver chiuso, ancora una volta, la frontiera tra Suruç e Kobane per bloccare gli aiuti umanitari, poche ore prima dell’attentato aveva lasciato che centinaia di militanti islamisti lasciassero il territorio turco per rientrare in Siria con tanto di armi leggere e pesanti, missili, mortai e carri armati.
D’altra parte l’Unione Europea ha colto al volo la narrazione tossica del primo ministro Davutoglu, per confermare che il PKK rimarrà nella black list dei gruppi terroristici.
Da alcuni giorni le prigioniere politiche hanno cominciato una protesta nelle carceri contro il genocidio in atto.