Genocidio politico

Immagine 1Secondo l’Unione delle comunità del Kurdistan, dietro la strage di Suruç ci sarebbe un piano dei servizi di intelligence turchi – quello stesso MIT che sta dietro l’omicidio di Sakine Cansız, Fidan Doğan e Leyla Şaylemez – per entrare in Siria. Inoltre, l’equiparazione dell’ISIS alla resistenza kurda avrebbe come obiettivo reale quello di prepararsi ad attaccare la rivoluzione in Rojava.

Non ci sorprende, visto che alla volontà genocida di ISIS, cui la popolazione yezida in particolare ha pagato un caro tributo, si affianca in questi giorni la rinnovata volontà turca di genocidio politico nei confronti della popolazione kurda, della rivoluzione in Rojava e di chi, in Turchia, la sostiene.

Mentre vengono oscurati per decreto ministeriale i siti web kurdi e le agenzie di stampa non allineate al governo turco, mentre vengono vietate le manifestazioni e distrutte le tende del lutto per i morti nell’attentato di Suruç, decine e decine di giovani vengono arrestati/e in continui violenti rastrellamenti; fra loro anche adolescenti e un ragazzo con una grave disabilità. Militanti muoiono crivellate di colpi, come è accaduto a Günay Özarslan. Nella sede dell’Unione degli educatori ad Ankara c’è stata un’irruzione della polizia a caccia dei feriti di Kobane. Postazioni del PKK nel Kurdistan iraqeno sono state bombardate per tutta la notte (e oltre) col beneplacito di Barzani, col risultato di morti e feriti tra guerriglieri e popolazione civile, insediamenti abitativi, boschi e pascoli in fiamme. Col pretesto di combattere ISIS, l’esercito turco ha cominciato a bombardare anche nel nord della Siria.

Già da giorni, per altro,  i media turchi avevano annunciato che il governo stava pensando di creare una zona-cuscinetto larga 33 chilometri all’interno della Siria, dalla periferia di Kobane alle zone controllate dai gruppi ribelli filo-occidentali.

Tutto ciò, guarda caso, dopo che il mondo intero è venuto a conoscenza dei legami tra il partito di Erdogan e ISIS e, soprattutto, quando le YPG/YPJ sono ormai ad una manciata di chilometri – non più di trenta – dal “cuore” del califfato: Raqqa.

Di fronte a questa guerra messa in atto dal fascista Erdogan, risaltano ancora di più la dignità e la forza della madre di Arîn Mîrkan, che si è recata con la figlia maggiore al centro Amara di Suruç per onorare le vittime della strage del 20 luglio scorso, e, ricordando Arîn, ha ribadito la determinazione di un popolo che non intende arretrare di un passo davanti all’oppressore.

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