Seppelliamo Bülent Arinç con una risata!

Il primo ministro turco Bülent Arinç, già famoso per aver cercato di dissuadere le donne dal ridere in pubblico, si è rivolto ieri ad una donna urlandole “Sta’ zitta, che sei una donna!“. Ovviamente, come un anno fa, le reazioni ironiche anche questa volta non si son fatte attendere (1 e 2).

Contribuiamo anche noi a seppellire Bülent Arinç con una risata, pubblicando una bella foto di donne combattenti del PKK e la traduzione di un articolo scritto dalle YPG in occasione dell’anniversario della rivoluzione in Rojava.

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Rojava e Catalogna: unite nella storia

19 luglio, Rojava – Oggi ricorre l’anniversario della rivoluzione in Rojava, quando le forze di resistenza e i gruppi partigiani hanno preso il controllo di Kobane e Derik dando il via a questo storico esperimento incentrato sul governo autonomo, sulla liberazione delle donne, sull’economia locale e l’armonia ecologica.

Oggi ricorre anche l’anniversario di un altro punto di riferimento di questo secolo – la rivoluzione catalana del 19 Luglio 1936. A Barcellona, la CNT [Confederazione nazionale de lavoro, NdT] ha organizzato un sistema confederale, sono stati istituiti i consigli dei lavoratori e le donne si sono organizzate in unità di combattimento. I catalani hanno iniziato a far rivivere la loro cultura, aprendo scuole e stampando libri nella propria lingua. Nel mezzo di una guerra contro le forze fasciste, hanno iniziato un esperimento ambizioso, proprio come sta accadendo ora in Rojava.

Ciò che rende significativa la rivoluzione catalana, è il ruolo vitale che le donne hanno giocato nella loro emancipazione. Il clima sociale degli anni Trenta emarginava le donne e molte nel movimento rivoluzionario erano profondamente adirate contro l’oppressione. In risposta, le donne hanno preso le armi per difendere se stesse in base alla filosofia che solo una forza combattente femminile può difendere i diritti e le libertà delle donne. Hanno formato una milizia tutta femminile chiamata Mujeres Libres o “Donne libere”, separata dalle altre organizzazioni. Non si definivano femministe, ma piuttosto consideravano i problemi delle donne inseparabili dai problemi sociali dell’epoca.

Prima della rivoluzione, le donne vivevano condizioni opprimenti: venivano costrette a matrimoni combinati senza il loro consenso, e le donne non sposate non potevano uscire di casa senza un uomo. Inoltre, le donne trovavano difficoltà a sistemarsi con stipendi che erano la metà di quelli degli uomini. Mentre le donne di classe media e alta avevano diritti limitati, questi non esistevano per le donne della classe lavoratrice.

Attualmente in Rojava stiamo facendo una analoga rivoluzione, che mira a mettere le donne in prima linea nella leadership, con tutte le organizzazioni femminili che giocano un ruolo importante. Uno dei principali pilastri di questa rivoluzione è che la società sarà libera soltanto quando anche le donne saranno libere. Prima della rivoluzione, qui le opportunità per le donne erano poche e l’atmosfera era soffocante.

La rivoluzione in Catalogna è stata di breve durata, ma le sue azioni hanno avuto nella regione grandi effetti, che permangono ancora oggi. Oggi questo lavoro lo si sta continuando qui, e si lotta per difenderlo. La rivoluzione catalana è sorella della rivoluzione in Rojava, e noi continuiamo il loro lavoro.

Nel nostro mondo, guidato dalla tecnologia, dai mezzi di comunicazione di massa, dalla crisi economica, dal fondamentalismo e dalla distruzione ecologica, le persone sono alla ricerca di una nuova visione.
[…] Il Rojava contribuisce a questa nuova visione, dando forza e sviluppo a questi ideali come esempio di ciò che è possibile anche su un’ampia scala di solito non presa in considerazione.

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