All’inizio di agosto, a Mosul, militanti di ISIS hanno ucciso 19 donne yezide con l’accusa di essersi rfiutate di partecipare al “jihad sessuale” – cioè per aver resistito agli stupri.
In Turchia il militare Musa Çitli, assassino che sovrintendeva anche agli stupri compiuti dai suoi soldati, è stato promosso da generale di brigata a generale di divisione.
Due facce della stessa medaglia!
I familiari dei combattenti e delle combattenti caduti/e nella lotta contro ISIS in Rojava ed a Shengal, sono finalmente riusciti – dopo un presidio durato 10 giorni e sostenuto anche da gruppi di donne solidali, sotto il fuoco della polizia – a riavere i cadaveri dei/delle 13 giovani combattenti, tenuti bloccati alla frontiera con una temperatura di 50 gradi, ed a far loro i funerali. Ovviamente le pesanti molestie della polizia turca non sono mancate neppure durante le partecipatissime esequie.
Dopo la carneficina di civili a Zergelê, continuano i massacri. Da ieri notte nel distretto di Silopi, nel Kurdistan turco, la polizia ha messo in atto una vera e propria occupazione militare – con carri armati, cecchini e appiccando il fuoco alle case dopo averne bloccato all’interno gli/le abitanti – per compiere degli arresti. Tra la popolazione, che sta opponendo una strenua resistenza, si contano, ad ora, 3 morti e molti feriti/e.
La polizia continua a massacrare chi cerca di attraversare il confine col il Rojava (1 e 2).
Sulla “guerra sporca di Erdogan” e il genocidio politico messo in atto dalla Turchia, segnaliamo un valido contributo su Radio BlackOut.
Qui, invece, potete leggere l’appello per una Carovana internazionale per l’apertura di un corridoio umanitario verso Kobanê, il prossimo 15 settembre – nell’anniversario del primo attacco di ISIS al cantone di Kobanê.
Nell’immagine, il funerale di Fidan Yalçın (Jiyanda Çarçela), combattente delle YPJ.