Verso il 28/11: in piazza al fianco di Ayşe Topçu

Ayşe Topçu, guerrigliera delle YJA-Star, ha inviato una lettera a DIHA in cui spiega di aver subito pesanti torture e molestie da parte dei soldati turchi quando è caduta nelle loro mani, lo scorso settembre, dopo che era stata ferita dall’intenso bombardamento contro un cimitero dei martiri a Varto.

Ayşe racconta:
Quando sono stata catturata ferita il 18 settembre, i soldati mi hanno trascinata a terra per portarmi via dalle vicinanze del cimitero, dove mi hanno trovata. Mi hanno spogliata, dicendo che mi avrebbero portata in un avamposto. Mi dicevano parolacce sessiste e, allo stesso tempo, discutevano di farmi saltare in aria con l’esplosivo. Più tardi mi hanno lasciata completamente nuda, hanno fotografato il mio corpo e hanno girato un video. Nel frattempo, mi hanno anche molestata fisicamente.

I militari l’hanno poi continuata a molestare mentre la portavano in elicottero a Muş. Lì, anziché portarla in ospedale, l’hanno consegnata all’antiterrorismo, che l’ha tenuta con le mani legate dietro la schiena.

Più tardi mi hanno portata in ospedale dove non ho comunque ricevuto alcuna cura, ma sono stata sottoposta ad un altro interrogatorio. Durante i tre giorni in ospedale, nessun personale sanitario mi ha vista o si è preso cura di me. Nessuno ha fasciato le mie ferite. Sono stata tenuta in una stanza molto sporca, con le mani ammanettate al letto. Mentre i soldati di tanto in tanto mi fotografavano, in questi tre giorni i poliziotti ripetutamente avvisavano i medici di non curarmi, dicendo: ‘Questa donna è l’assassina dei nostri soldati’. Sono stata portato in carcere dopo tre giorni in ospedale dove non ho ricevuto alcun trattamento.

Ayşe è attualmente rinchiusa nel carcere speciale di tipo E di Muş.

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russia_2 Per chi volesse capire qualcosa in più riguardo all’abbattimento, tre giorni fa, del jet russo da parte della Turchia è bene sapere che alcuni giorni prima la Russia aveva bombardato una colonna di camion che trasportavano il petrolio di ISIS verso la Turchia.

Proprietario di quei camion è il figlio di Erdogan, Bilal (nella foto qui sotto a sinistra, è quello in mezzo agli “amici”).
E siccome in famiglia il petrolio fa tanta gola, il nuovo governo turco monopartito ha nominato il genero di Erdogan ministro CUpR6JEWIAATGGA-1dell’energia.

Per rimanere in tema di parentele, il “comandante turkmeno” che con altri grida “Allahu Akbar” dopo aver ammazzato il pilota del jet che si era paracadutato sarebbe, in realtà, un turco fascio-nazionalista, figlio di un sindaco turco del MHP (braccio politico dei Lupi grigi).

Insomma, il cerchio parentale – e politico – si chiude…

In tutto ciò, troviamo davvero vergognoso che soltanto ora stiano venendo alla luce, a livello internazionale, i legami tra AKP e ISIS, solo perché ne parla Putin…

Da quanto tempo, inascoltati, i kurdi lo andavano dicendo e dimostrando con documenti, foto, video?
Segnaliamo, al riguardo, una dichiarazione di TEV-DEM antecedente l’abbattimento del jet russo.

Segnaliamo anche un articolo di Cemil Bayık, del KCK (Congresso delle comunità del Kurdistan), che offre un quadro molto chiaro.

Ancora più chiaro se pensiamo che la zona dell’abbattimento dell’aereo è quella parte settentrionale della Siria controllata dai fondamentalisti – dove pare, tra l’altro, che stiano razzolando 400 militari turchi travestiti con altre uniformi – e che separa il cantone di Efrin da quello di Kobane.

In poche parole, la zona dove l’alleanza tra Turchia e gruppi fondamentalisti mira ad impedire che i cantoni del Rojava si uniscano tra loro.
Da lì, tra l’altro, stanno partendo i ripetuti attacchi contro il cantone di Kobane.