Una donna di 25 anni, Figen Şahin, ieri ha testimoniato che la polizia turca l’ha torturata sessualmente mentre era in stato di arresto e ha minacciato di condividere le foto dei suoi genitali sulla sua pagina Facebook dopo averla costretta a spogliarsi ed averla massacrata.
“Otto o dieci poliziotti mi ha portata fuori dalla macchina in una zona senza telecamere – ha detto Figen – Quattro poliziotti mi hanno aperto le gambe e hanno cominciato a darmi calci nei genitali e alle gambe. Nel frattempo, due poliziotti continuavano a tirarmi calci al seno; questo mi ha causato contrazioni al cuore e sono stata ricoverata in ospedale”.
La polizia ha dichiarato di averla arrestata ad Adana perché si era coperta il viso con una kefiah. In realtà Figen ha spiegato di usare la sciarpa che aveva intorno al collo per proteggersi il viso durante il lavoro nei campi.
Avevamo anche già parlato di Musa Çitil, il comandante militare turco noto per il suo ricorrente uso della tortura sessuale contro le donne kurde, promosso e inviato a Diyarbakır – promozione alle quale l’assemblea delle donne di Diyarbakır ha reagito con un’iniziativa pubblica in cui sono stati letti tutti i casi di violenza che lo riguardavano.
E proprio a Diyarbakır ieri, dopo aver sparato alla testa di due ragazzini, ferendoli gravemente, la polizia ha anche preso di mira un gruppo di bambini/e e ragazzini/e tra i 7 e i 15 anni che stavano giocando per strada. Dopo aver sparato contro di loro dei lacrimogeni, hanno poi cercato di arrestarli. I vicini sono riusciti ad impedire l’arresto malgrado le intimidazioni e gli spari della polizia.
Mentre il massacro voluto dallo stato turco continua a mietere morti e feriti – come a Yüksekova, dove solo grazie all’autodifesa si sono contenute le perdite umane – le donne non smettono di vigilare e ad armarsi.
E intanto in Rojava le donne cominciano ad autogestire la propria economia.