Ancora un triplice femminicidio politico!

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Tre bellissimi fiori si intitolava il testo con cui Dilar Dirik, all’indomani del triplice femminicidio di Parigi, ricordava Sakine, Fidan e Leyla.
Ieri nella sua pagina facebook Dilar ha scritto:
Non ci posso credere!!! A pochi giorni dal terzo anniversario dell’omicidio delle tre attiviste kurde assassinate a Parigi, la notte scorsa altre tre attiviste kurde sono state massacrate a Silopi dall’esercito fascista turco. Sêvê Demir, membro del DBP, Pakize Nayır, copresidente del Consiglio popolare di Silopi e Fatma Uyar attivista del Congresso delle donne libere (KJA) sono state assassinate dallo Stato turco che agisce come ISIS!
Più loro diventano ISIS, più noi diventiamo Kobane!
Il sangue delle nostre sorelle non sarà stato versato senza una risposta!
Le donne kurde prenderanno una vendetta storica su tutte le forze del male patriarcali, non importa se si tratta di ISIS o della Turchia!
Ci temono perché la nostra forza farà a pezzi la loro visione del mondo!
Le donne kurde sono insorte per il mondo intero; è giunta l’ora che il mondo trasformi ogni luogo in un territorio di lotta contro coloro che vogliono distruggere i nostri sogni per una vita libera!
Şehîd namirin! Jin – Jiyan – Azadi!!!!

Da Jinha:
Ora le donne aggiungeranno al Dizionario della lotta i nomi di Pakize che aveva detto “Se Botan vince, tutta l’umanità vincerà” ed aveva intrapreso uno sciopero della fame per 68 giorni, di Sêvê, che era stata in carcere per 15 anni, e di Fatma, che ha dedicato la sua vita alla lotta delle donne.

Queste tre donne sono state massacrate dal fuoco turco dell’artiglieria pesante, insieme ad un uomo la cui identità non è ancora stata definita poiché il volto è diventato irriconoscibile, come spiega Firat News.
Col passare delle ore, attraverso le ricostruzioni sta emergendo che le donne, dopo esser state ferite, sono state torturate e poi uccise con colpi in faccia che le hanno completamente sfigurate.

Chissà se anche questa volta il governo turco scaricherà la responsabilità della loro morte sul PKK, come ha provato a fare con Sakine e le sue compagne e come sta facendo coi feriti che arrivano negli ospedali, secondo la testimonianza di Süleyman Ezer, che ha portato fino all’ospedale di Şırnak sulle spalle, per tre miglia, la moglie Zübeyde gravemente ferita in un attacco con granate delle forze speciali a Silopi.
Zübeyde, che è analfabeta, è stata costretta a firmare un foglio in cui c’era scritto “il PKK mi ha sparato”, per poter esser presa in cura. Anche al marito di Zübeyde la polizia ha dato un foglio da firmare e Süleyman, essendo analfabeta, ha chiesto alla gente intorno il contenuto del foglio. Quando gli hanno spiegato che c’era scritto “Zübeyde Ezer è stata colpita dal PKK”, Süleyman ha detto: “Ma io prima avevo spiegato che mia moglie era stata ferita dalle granate sparate dalla polizia. La polizia mi ha minacciato – ‘Se non lo firmi, tua moglie morirà’ – e così ho dovuto firmare”.
Si scopre così che le forze dello Stato turco hanno iniziato a sperimentare un nuovo metodo per giustificare gli assedi e i coprifuoco, facendo firmare alle persone ferite e ai loro parenti dichiarazioni che attribuiscono le responsabilità dei ferimenti al PKK – commenta Jinha.

“Non lasceremo i nostri quartieri e resisteremo fino alla morte”, aveva detto Pakize Nayir nel suo ultimo discorso.

Sara Aktaş, del KJA, su questo ultimo, triplice femminicidio politico ha dichiarato:
Nel 2013, tre nostre amiche sono state uccise. Oggi, dopo tre anni, altre tre nostre amiche sono state brutalmente uccise.
Tutte e tre le nostre compagne avevano dedicato la loro vita alla lotta delle donne kurde. Sono state uccise perché si erano ribellate contro la crudeltà e la mentalità patriarcali.
Non piangeremo. Noi lotteremo al massimo livello.
Sono state uccise per la posizione onorevole che avevano preso. Raccoglieremo la loro bandiera di resistenza e intensificheremo la nostra lotta al più alto livello di azioni radicali.
Le forze delle tenebre possono strappare uno, due, tre fiori, ma non possono fermare la primavera che viene.

Selma Irmak, copresidente del Congresso della società democratica, ha invitato soprattutto le donne ad alzare la voce contro gli attacchi al popolo kurdo. Ha ricordato che c’era un decreto che stabiliva il massacro del popolo kurdo e che l’uccisione delle donne era prioritaria in questo programma.
Selma ha poi ricordato che le ultime parole di Sêvê erano state “La resistenza è vita”, e ha aggiunto:
Queste parole sono diventate il nostro grido. Non abbandoneremo la nostra ricerca della verità e saremo le leader della resistenza. Non ci siamo mai arrese al potere e non ci arrenderemo. Non ci arrenderemo alla mentalità di Daesh, ai colonizzatori – lo stato o Daesh. Oggi resisteremo come Sêvê, Fatma, Pakize, Sara, Ronahi, Rojbin, Zilan, Sema, Beritan, Kader, Sibel, Arin.
Ora che le sorelle Mirabal sono state uccise una volta di più a Silopi, facciamo appello a tutte le donne. Il massacro di Parigi è di nuovo avvenuto a Silopi. E Arin è stata uccisa ancora una volta a Kobanê. Stiamo parlando alle donne kurde, armene, assire, azere, circasse, a tutte le donne del mondo. Venite, alzate la bandiera delle donne
.

Alla fine del dicembre 2015, le Nuove donne democratiche (YDK) dichiaravano:
Ci rivoltiamo contro la violenza dell’uomo, dello Stato e di Daesh
Ci stiamo lasciando alle spalle un anno in cui sono continuati i massacri e le violenze contro le donne. Mentre entriamo nel 2016, molti corpi di donne non sono con noi a causa della violenza maschile. […]
Lo Stato ha proseguito i suoi assedi in Kurdistan e in questi assedi le donne sono prese di mira. Possiamo comprendere questa politica con Selamet, che è stata massacrata con il suo bambino non ancora nato, con Taybet, che è rimasta sulla strada per una settimana e con Ekin Wan, il cui corpo nudo è stato esposto pubblicamente.
L’anno 2015 è iniziato per noi donne con Özgecan – che è stata violentata e bruciata – e con l’assassinio della donna transgender Eylül Cansin, ed è proseguito con l’assassinio delle donne da parte dello Stato con ogni tipo di metodi; Daesh ha ucciso molte donne ad Amed (Diyarbakir), Suruç e Ankara con l’aperto sostegno del governo dell’AKP. […]

La prima conferenza delle donne del Medio Oriente – che si è tenuta ad Amed (Diyarbakır) nel giugno 2013 e che ha visto la partecipazione di 250 donne provenienti da 23 paesi mediorientali ed europei – aveva deciso di ricordare il triplice assassinio delle militanti kurde Sakine Cansiz, Leyla Söylemez e Fidan Doğan dedicando il 9 gennaio alla Giornata contro i femminicidi politici.

Il 9 gennaio di quest’anno saranno tante – troppe! – le donne, uccise dallo stato turco, da ricordare.
Dalle compagne uccise nel 2013 a Parigi a questi tre altri bellissimi fiori. Senza dimenticare le oltre trenta donne massacrate dal governo di Erdogan negli ultimi sei mesi del 2015, e Melek Alpaydın, 38 anni, uccisa lo scorso 3 gennaio a Sur da una granata sparata dai corpi speciali turchi di polizia che l’ha colpita alla testa, mentre faceva colazione in casa, decapitandola davanti ai suoi tre figli.