Una settimana di fuoco

Quella appena trascorsa è stata una settimana di fuoco, da opposti punti di vista: dai fuochi del Newroz alle esplosioni a Bruxelles… In mezzo, il “sultano” Erdogan.

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Newroz 2016 ad Amed

Newroz 2016 a Kobane

Newroz 2016 a Kobane

Partiamo dal Newroz.
Per cercare di impedire le celebrazioni, il “sultano” aveva mobilitato 120mila poliziotti e 80mila gendarmerie. In questa pagina si trova un assaggio dei tentativi per impedire alle persone di raggiungere, anche singolarmente, i luoghi dei festeggiamenti, mentre in questa trovate immagini del Newroz “sotto assedio”. Qui, invece, potete leggere un report della delegazione italiana che è stata in Kurdistan per i festeggiamenti.

Nel carcere femminile di Bakırköy, le prigioniere del PKK che volevano festeggiare l’arrivo della primavera sono state pesantemente picchiate.
Nel carcere di Edirne, un prigioniero in sciopero della fame dal 3 marzo scorso – Mehmet Karahan – si è dato fuoco per protesta contro la “sporca guerra” dell’AKP in Kurdistan.

Nell’Università di Kocaeli un gruppo di studenti che stava ballando una danza tradizionale per celebrare il Newroz è stato prima minacciato e poi caricato dalla polizia, chiamata dalla direzione universitaria. Ci sono stati almeno 15 fermi. Qui è possibile vedere il filmato dell’assurda situazione, coi dialoghi tradotti in inglese.
D’altra parte, che nelle università turche la vita non sia facile lo dimostrano anche i nuovi arresti di docenti che avevano sottoscritto l’appello CeGiN4XWwAAf3T6di non collaborazione con la repressione in Kurdistan. Fra altri, è stata recentemente imprigionata e posta in totale isolamento Esra Mundan, docente di psicologia (nella foto).
Da un quotidiano nostrano veniamo anche a sapere che, “Non tutto il mondo accademico è con gli Accademici per la pace. C’è chi ha creato un gruppo opposto, gli Accademici per la Turchia: la sostengono 2.071 professori, soprattutto teologi. Il gruppo sostiene gli interventi militari del governo turco nell’est del Paese” – e, aggiungiamo noi, conferma il “matrimonio tra nazionalismo turco e Islam autoritario“.

Soltanto nelle ultime due settimane, in tutta la Turchia, sono state arrestate più di mille persone, accusate a vario titolo di critiche al “sultano” e al suo governo.

Qualcuno, come Michael Rubin, sostiene che ormai in Turchia ci siano tutte le condizioni per un nuovo colpo di Stato.

Veniamo, ora, al capitolo Espropri.
Dopo aver fatto devastare Sur e Silopi dall’esercito, il governo turco ha emanato un “Ordine urgente di esproprio” delle case e dei negozi kurdi in quegli stessi quartieri, col malcelato intento di operarne una gentrificazione, a cui la popolazione intende opporre una fiera resistenza.

Infine, il noto legame ISIS-AKP, con tanto di corollario collegato alle recenti stragi di Bruxelles.
Sulla vendita del petrolio estratto da ISIS alla Turchia ormai non ci sono dubbi – caso mai qualcuno ne avesse ancora… I documenti che la dimostrano sono di pubblico dominio e RT ne ha fatto un ampio reportage.
Man mano che YPG/YPJ e SDF procedono nel liberare i territori infestati da Daesh, emergono documenti assai interessanti, nei quali si danno perfino indicazioni su come colpire le donne del PKK. Sarebbe anche provato il ruolo delle forze di polizia turche – quindi non solo dei servizi segreti – nelle relazioni tra governo turco e mercenari di Daesh.

Per quanto riguarda l’affaire Ankara-Bruxelles, seguito agli attentati nella capitale belga, facciamo una rapida cronistoria – al di là dei rapporti diplomatici fra stati-nazione, che poco ci interessano, ma andando invece a leggere alcune considerazioni che ne sono poi emerse.
CeI24KwWEAA7p_1La mattina del 22 marzo scorso, prima che esplodessero le bombe nell’aeroporto, un quotidiano filo-governativo turco usciva in edicola col titolo “Belgio terrorista”. Un tempismo inquietante, verrebbe da dire, se non che solo pochi giorni prima, il 18 marzo, Erdogan si era così espresso:
Non vi è alcuna ragione per cui la bomba che è esplosa ad Ankara non possa esplodere a Bruxelles – dove ai sostenitori dell’organizzazione terroristica è stata data l’opportunità di mettersi in mostra nel cuore della città – o in qualsiasi città europea. Nonostante questa chiara realtà, i paesi europei non stanno facendo alcuna attenzione, come se ballassero su un campo minato. Non si può mai sapere quando si sta per mettere il piede su una mina. Ma è chiaro che questa è una fine inevitabile. Vi tenete una serpe in seno e quella stessa vipera che accudite può mordervi in qualunque momento.
Il “sultano”, in realtà, si riferiva ai kurdi che proprio a Bruxelles, in tenda davanti al Consiglio europeo, stavano protestando contro il terrore turco in Kurdistan. La notte successiva, il 19 marzo, un gruppo di fascisti turchi aveva dato fuoco a quella tenda, scattandosi anche delle foto all’interno prima di bruciarla e postandole sui social media. Malgrado questo attacco, il gruppo di kurdi aveva continuato la sua protesta e da qui la prima pagina del quotidiano turco filo-AKP del 22 marzo, che denunciava la prosecuzione dell’iniziativa nonché il fatto che la tenda fosse stata riparata e vi fossero state appese bandiere con l’immagine di Ocalan. Quella stessa copertina sarebbe, poi, stata difesa dal direttore del giornale turco.
Nei giorni successivi, mentre l’affaire Bruxelles-Ankara andava complicandosi sul piano diplomatico, il governo dell’AKP ha prima sostenuto, tramite l’agenzia governativa Anadolu, che i miliziani di Daesh si infiltrano in Europa travestiti da guerriglieri del PKK, sfruttando il “lassismo” europeo nei confronti del Partito dei lavoratori del Kurdistan, e, poi, che l’Europa vuole “esportare gli estremisti in Siria“.
CdDG0UJW4AAB_JmOvviamente i media mainstream non hanno dato spazio a questa diatriba; d’altra parte, l’Unione europea sta sganciando fior di quattrini al “sultano” per il controllo dei profughi ed ha, quindi, tutto l’interesse a continuare ad ignorare i legami tra AKP e ISIS – inclusa l’eventuale esportazione di militanti islamici in Europa, come sostiene Rodi Hevian, che sottolinea anche come gli attentati di Daesh in Turchia abbiano colpito sempre e solo kurdi e filo-kurdi oppure turisti stranieri – così come il genocidio dei CeLzY3DWEAAh4WIkurdi portato avanti da Erdogan anche con armi chimiche, sia contro la guerriglia in montagna, che contro la popolazione nelle città.
Sulla gestione repressiva dei richiedenti asilo, ricordiamo le parole pronunciate dalla comunità kurda in presidio sotto Palazzo Madama a Roma, una decina di giorni fa:
Quello che si deciderà a Bruxelles sarà il più grande piano di deportazione e concentramento mai concepito dalla fine della seconda guerra mondiale e l’ultima abiezione della politica del filo spinato che i governi d’Europa praticano da mesi, in spregio a qualsiasi principio umanitario e in barba agli stessi trattati europei. […] La Turchia non può essere considerata un ‘paese sicuro’ per i profughi come ipocritamente dichiarano i governanti europei. Il suo governo non è in grado di garantire la sicurezza e la libertà nemmeno per i suoi cittadini: da mesi massacra la minoranza curda, incarcera e inquisisce i giornalisti, i magistrati, i sindacalisti e i docenti universitari. […] L’Europa libera di Schengen, l’Europa dell’accoglienza e dei ‘buoni principi’ è un simulacro dietro cui si nasconde il suo fondamento neoliberista: tutelare proprietà e benessere delle classi dominanti a scapito degli oppressi che, dentro e fuori i propri confini, lottano per la sopravvivenza.