Il macellaio Erdogan, i suoi complici e l’alternativa kurda

CrHYIoRWgAAmc57 Per chi volesse capire meglio cosa stia dietro l’invasione turca del Rojava – con il suo corollario di bombe a grappolo sui villaggi e spari contro la popolazione di Kobane che protesta al confine – , la complicità di Barzani e i silenzio dell’Occidente, proponiamo, qui in fondo, la traduzione dell’articolo Non più la Questione Kurda, ma l’Alternativa Kurda di Hawzhin Azeez, pubblicato su Kurdish Question (ringraziamo N. per la traduzione).

Ricordiamo anche che oggi si terrà l’udienza di riesame per le misure cautelari inflitte a compagne/i dopo l’azione alla Turkish Airlines dell’anno scorso a Torino, e che ieri a Roma è stata occupata la sede della Turkish Airlines, in solidarietà con compagne/i di Torino e con la lotta anticoloniale del popolo kurdo. Continua a leggere

Ancora armi chimiche. E non solo…

Benché i media italiani non facciano, oggi, il minimo accenno all’uso di armi chimiche da parte di ISIS ad Heseke e dintorni, sui giornali internazionali la notizia ha un notevole rilievo.
Per altro, già un anno fa ISIS aveva utilizzato armi chimiche nell’attacco a Kobane; ne aveva parlato Nena News sottolinenando come si trattasse di un “bottino della presa di Muthanna, base militare irachena, a ovest di Baghdad, occupata dall’Isis già a giugno scorso. All’interno, aveva fatto sapere l’esercito iracheno alle Nazioni Unite, si trovavano anche armi chimiche, circa 2.500 missili. All’epoca la Casa Bianca aveva minimizzato: si tratta di armi vecchie, risalenti agli anni ’80, ormai inutilizzabili perché corrose. A dirlo erano stati i soldati di stanza tra il 2004 e il 2010 in Iraq, aveva fatto sapere a giugno Washington.
Eppure quelle armi sono state utilizzate e si sono dimostrate macabramente efficaci. Ma di chi sono queste armi? Come sono finite nei magazzini di Saddam Hussein? Di fabbricazione statunitense, assemblate in Europa, erano state vendute al leader iracheno da Belgio, Francia e Italia negli anni Ottanta, ovvero durante la lunga guerra tra Iraq e Iran. L’Occidente rifornì Saddam di armi che vennero usate contro i curdi poco tempo dopo”.

Attualmente, almeno stando alle notizie che circolano, si tratterebbe di granate “fatte in casa”, piene di sostanze tossiche utilizzate in ambito industriale e agricolo che devono, però, ancora essere individuate con precisione (pare si tratti di cloro, ma non solo). Quello che è certo è che ISIS è già preparata ed equipaggiata per attacchi con armi chimiche, come ha dichiarato il Comando generale delle Unità di difesa del popolo (YPG).

Tra i gas di ISIS, le dighe e gli incendi dell’esercito turco che distruggono l’ambiente naturale e le coltivazioni del Kurdistan per impiantarvi postazioni militari, gli attacchi dei pasdaran iraniani, la resistenza continua….

Il Kurdistan nel ciclone del Medio Oriente

Leandro Albani                                                                                                                       da Resumen Latinoamericano, 1 maggio 2015

Come si riconfigura il Medio Oriente dopo la rivoluzione in Rojava, regione nel nord della Siria abitata da curdi e altre etnie? Come si muovono le pedine in uno scacchiere instabile e in mutazione permanente come è la mezzaluna fertile? E quali poteri influiscono su questa zona che non sembra avere mai pace e che mette in scacco la stabilità mondiale?

Questi sono alcuni interrogativi che Resumen Latinoamericano ha proposto a Nazanim Armanian, analista di origine iraniana che vive in Spagna dal 1983.

Gli articoli di Armanian – docente di Relazioni internazionali, laureata in Scienze Politiche e docente presso l’Università di Barcellona – studiano attentamente i conflitti in Medio Oriente, tema che l’ha portata a pubblicare 15 libri, tra i quali “Los kurdos y un país inexistente”, “Irán: la revolución constante”, “El Islam sin velo” e “Irak, Afganistán e Irán. 40 respuestas al conflicto en Oriente Próximo”. Continua a leggere

Tevdem : Il progetto di una Siria Democratica

Da Uiki

La Siria è entrata in uno stato di caos, in cui la violenza e la contro violenza, sostenuta da centri di potere che beneficiano da essa, prevalgono. Gli scenari vanno oltre la possibilità dei popoli di comprendere, lasciandoli soli davanti all’impresa. Se le tendenze attuali dovessero continuare, la Siria si troverebbe a fronteggiare la frammentazione e la dissoluzione. L’”Opposizione siriana” è bloccata in un labirinto dal quale non riesce a venire a capo e da cui non può districarsi. Molti di loro sono finiti per allearsi con Daesh e con i gruppi jihadisti salafiti, partecipando a massacri collettivi, senza alcun problema morale o di coscienza.

La crisi è più grande, profonda e pericolosa di un mero regolamento di conti con il regime di Assad, i suoi controllori e le sue leggi. Questo è il risultato dell’evoluzione della società stessa nello stato, in una così intensa concentrazione di potere statale da divenire una condizione patologica. Lo stato non concede nulla alla realtà naturale, plurale e partecipativa della società umana; esso si limita ad una visione di corto respiro che amplifica e persino guarda all’unilateralismo come a una divinità. Negazione, esclusione, dominazione, schiavitù e ingiustizia erano e sono create dagli stati, dalle dittature e dai sistemi fascisti o semi-fascisti; il più recente di questi sistemi di sicurezza che soffocano la vita, non permettendo alcuna possibilità di apertura e di sviluppo.

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