Cortei a Roma e Bologna per l’8 marzo

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LA LOTTA DELLE DONNE KURDE È LA LOTTA DI OGNUNA DI NOI

L‘8 marzo 2015, 104 anni dopo la proclamazione della Giornata Internazionale delle Donne, le donne di tutto il mondo combattono ancora contro il sistema di dominio patriarcale.

Gli attacchi contro le donne diventano sempre più profondi e si sviluppano in modo sistematico o strumentalizzato per alimentare/aumentare norme repressive e securitarie in ogni ambito dell’esistenza fino al femminicidio, che spesso  non viene riconosciuto come tale. La violenza sulle donne, l’eteronormatività, il sessismo, il razzismo, lo sfruttamento, le restrizioni sulla libertà di scelta e di autodeterminazione, l’isolamento sono i dispositivi attraverso cui lo stato capitalista e patriarcale esercita il proprio controllo sulle nostre vite e contro cui ci vogliamo ribellare. Le donne hanno oggi più che mai l’urgenza di costruire insieme la propria autodifesa. Continue reading

La rappresentazione delle combattenti curde nei media

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La rappresentazione delle combattenti curde nei media

In seguito agli omicidi di Sakine Cansiz, Fidan Dogan e Leyla Saylemez, il 9 gennaio 2013 a Parigi, i media mainstream si sono improvvisamente concentrati su una questione a lungo trascurata quanto affascinante: il ruolo rilevante delle donne nel movimento di liberazione curdo.

Nel corso degli ultimi due anni, i curdi hanno preso il controllo sul Kurdistan occidentale (Rojava) e hanno gradualmente istituito strutture di autogoverno nel bel mezzo della guerra civile siriana. Fin dall’inizio, le donne sono state parti attive nella Rivoluzione del Rojava attraverso il loro impegno civile e politico, ma ciò che ha più colpito i media mainstream occidentali è stata l’identità delle donne che, come uguali militanti, combattono in guerra. Queste donne, che combattono contro il regime di Assad e contro i gruppi jihadisti, sottolineano ripetutamente che la loro è una lotta per la libertà su più fronti, come curde e come donne.

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Faccia a faccia con le combattenti di Kobane: “Noi, madri di tutta l’umanità”

Da Rete Kurdistan

Cinque combattenti curde raccontano la loro esperienza nella difesa della città di Kobane, rivelando sogni e rinunce, raccontando la brutalità della guerra contro le truppe del Califfato, i loro sacrifici e le loro speranze.

Kobane è libera, ma deve fare i conti con la ricostruzione. L’80% della città è distrutta e su 525,000 abitanti, solo 25,000 sono rimasti sul territorio, gli altri sono dispersi tra i campi profughi della Turchia e degli altri paesi limitrofi. Per aiutarli a tornare a casa è necessario bonificare la città e ricostruirla.

Per questo il governatore Enwer Muslim ha rivolto un appello alla comunità internazionale, affinché vengano inviati gli aiuti necessari (le coordinate per gli aiuti sono: Mezzaluna Rossa Kurdistan Italia Onlus. IBAN: IT63P0335901600100000132226. Causale: Ricostruzione Kobane). Nel frattempo, i tre volontari italiani che dalla Sicilia hanno raggiunto il Rojava, dopo diversi giorni di attesa nel territorio di Kobane, sono riusciti a incontrare le donne curde combattenti, i cui volti rimbalzano nei media di tutto il mondo. Di seguito, riportiamo la conversazione svolta nella base operativa delle YPJ con cinque combattenti:

Perché hai fatto questa scelta di entrare nelle YPJ? 

Perché le donne sono sofferenti. Vediamo la sofferenza delle donne non solo qui ma anche nei vostri Paesi. Noi lottiamo per tutte le donne del mondo. Io in particolare sono nata in Germania, sono stata in giro per l’Europa e in uno di questi Paesi ho fatto giorni di reclusione in prigione per motivi politici. Poi ho deciso di venire qui in Kurdistan e anche le mie amiche sono tutte venute qui. Ho letto gli scritti di Öcalan e dopo ciò ho assunto uno sguardo più globale riguardo la situazione politica in generale e delle donne in particolare. Continue reading

Voci di donne dal Rojava

Segnaliamo dal sito Ufficio di Informazione del Kurdistan in Italia UIKI

E’ il 3 agosto del 2014 quando i curdi Ezidi abitanti della zona di Şengal nel Kurdistan iracheno vengono accerchiati dall’ISIS. I Peshmerga di Barzani scappano, lasciando la popolazione in balia dei saccheggi e degli omicidi. Le più colpite saranno le donne, a migliaia rapite e vendute dall’ISIS. Dopo pochi giorni arrivano in soccorso degli Ezidi gli YPG e le YPJ le unità di difesa del popolo curdo e le unità di difesa delle donne. Dalle retrovie riescono ad aprire un passaggio e per sei giorni riescono a far scappare migliaia di Ezidi chiusi nella morsa dell’ISIS. Camminano per sei giorni e arrivano nella regione liberata del Rojava. Qui, nel cantone di Cizre costruiscono il campo profughi Newroz. Le interviste sono state realizzate durante un viaggio fatto pel 25 novembre 2014, giornata internazionale contro la violenza maschile sulle donne, da 7 donne internazionali.


Rompere con la logica binaria e guerrafondaia dell’aut-aut

Rullano i tamburi di guerra. “L’Isis è alle porte dell’Italia”, ci dicono, e ci rendono visibile la loro ‘barbarie’, per farci dimenticare – o sostenere – la barbarie delle guerre dell’Occidente neoliberista e dei corpi della popolazione civile dilaniati dai suoi bombardamenti nelle guerre ‘umanitarie’ e ‘infinite’.

Sia chiaro: per noi i militari dello ‘stato islamico’ sono fascisti, schiavisti e stupratori e la loro visione delle donne ci richiama quella vigente nel ventennio mussoliniano, successivamente riproposta dai nostalgici fascisti e dagli integralisti cattolici nostrani.

Non diciamo questo come ‘necessaria premessa’ per poi poter dire quello che pensiamo, ma perché sia chiaro che non vogliamo farci intrappolare nel dispositivo della iper-rappresentazione della brutalità altrui che mira ad oscurare le brutalità che le donne vivono quotidianamente anche in Italia. Una quotidianità fatta di sfruttamento, umiliazioni e violenze contro le donne, femminicidi. Continue reading