Esortare al coraggio intellettuale: la gineologia

Volentieri riprendiamo da UIKI questo breve testo metodologico sulla gineologia.

I metodi della Gineologia

Il metodo come concetto descrive il modo più rapido per raggiungere un risultato in relazione agli obiettivi, alle abitudini e agli approcci più prudenti. La sua determinazione, anche dopo lunghi tentativi, è indispensabile per i rispettivi sostenitori.

“Un metodo di ricerca privo della realtà femminile, una lotta per la parità e la libertà che non metta le donne al centro non può raggiungere la verità, l’uguaglianza e la libertà“ 
(Abdullah Öcalan)

La mente del maschio dominante ha sviluppato i suoi metodi in tutte le aree collegate con la vita e li ha proposti come le uniche valide verità. Per la Gineologia, questa è una delle questioni principali: rompere tale posizione statica e raggiungere una capacità interpretativa e una ricchezza metodologiche. La Gineologia determinerà i suoi metodi riferendosi alla flessibilità della natura della donna, alla sua energia fluida che non si adatta a forme statiche, alla trasformabilità propria della biologia femminile e all’intelligenza emotiva delle donne.

La Gineologia vuole esaminare le sovrapposizioni vita-donna, natura-donna, natura sociale-donna, per comprendere i modi in cui la cultura creata dalla donna si è riflessa nella società storica. Vuole guardare in modo olistico alle ragioni, alle fonti e ai risultati delle rotture nelle definizioni storiche delle donne e alle trasformazioni delle istituzioni, delle strutture e dei concetti che le circondano.
In sintesi:
 la Gineologia vuole mostrare quali metodi sono alla base dei tentativi di dare vita al sistema schiavistico nella geografia del Medio Oriente, vita per lungo tempo costruita intorno alle donne e alla resistenza. Se questo è il caso, come per tutte le scienze sociali, allora anche la Gineologia è interessata al metodo. Continue reading

La Turchia intensifica gli attacchi contro i kurdi, mentre ISIS viene sconfitto a Shengal e in Siria…

CTr-OEoUYAAOSPtShengal è stata liberata definitivamente questa mattina presto!
L’agenzia di stampa Firat News ha seguito passo per passo le operazioni dei/delle combattenti del PKK e delle YJA Star, delle YPG/YPJ e delle unità di autodifesa yezide, nonché i gruppi locali che, dalla montagna, si sono armati per unirsi alla liberazione (1, 2, 3, 4).

CTsP1fTW4AACpSgDalle immagini si può vedere che la città è semidistrutta e passerà del tempo prima che la popolazione possa tornare ad abitarvi.
“Come possiamo tornare qui a vivere?” chiede un combattente yezida dopo aver visto che il quartiere in cui abitava è completamente ridotto in macerie.
Prima di tutto va sminata l’intera zona e vanno disattivate tutte le trappole esplosive che ISIS ha lasciato in ogni angolo delle strade e delle case; poi andrà ricostruita la città con la stessa determinazione con cui prosegue la ricostruzione di Kobane.

Intanto Barzani si ostina a ripetere – e con lui gran parte dei media internazionali amici suoi e del suo amico Erdogan – che sono stati i peshmerga da soli a liberare la città.

Come abbiamo già avuto modo di dire, questo stravolgimento della realtà è un prodotto diretto dell’alleanza Erdgan-Barzani, che non ammetterà mai il ruolo avuto dal PKK e dalle YJA Star (di cui faceva parte anche Ekin Van), da oltre un anno a questa parte, nel sostegno concreto alla popolazione yezida, nell’addestramento per la formazione delle forze di autodifesa delle/degli yezidi e, ora, nella liberazione della città dalle bande di fondamentalisti. Continue reading

Continua la guerra contro le donne di ISIS&AKP

2a32f1ddcb094945a52ca6130b757121 Trecento donne non iraqene sono state spostate a Mosul dal gruppo Takfiri di ISIS, per essere costrette alla schiavitù sessuale.
Al 16 dicembre scorso, nella sola provincia iraqena di al-Anbar, risultavano esser state assassinate almeno 150 donne, di cui alcune in stato di gravidanza, che si erano rifiutate di “sposare” i mercenari di ISIS. I loro corpi sono, poi, stati seppelliti in fosse comuni a Falluja.
Hana Nawafili, portavoce dell’Osservatorio iracheno per la Difesa delle donne maltrattate, ha detto che il 18 luglio scorso ISIS ha violentato e poi ucciso sette donne residenti a Fallujah.

Al confine turco con la Siria, dove già si contano nove morti e 114 persone torturate nell’arco di un anno, i militari turchi hanno violentato una giovane donna palestinese ed hanno torturato suo padre e suo fratello, mentre cercavano di scappare dalla guerra.

770x500cc-2015-9-3-HLB-DAXYANI-SER-GIRTINA-JINAN-RIYA-HELE-mansert Ad Aleppo, in Siria, i fondamentalisti di al Nusra hanno rapito donne e bambini.
In risposta a questo sequestro, le donne di Aleppo – che già si erano organizzate per l’autodifesahanno bloccato la strada che da Aleppo porta ad Efrîn, denunciando l’accaduto. Continue reading

“Ekin Wan è la nostra resistenza nuda”

Avevamo accennato nel post precedente alle torture inflitte ad una combattente kurda da parte delle forze turche.
Malgrado l’immagine del suo corpo straziato sia ormai di pubblico dominio, noi ci rifiutiamo di pubblicarla e preferiamo ricordarla tra le sue montagne e attraverso la voce delle migliaia di donne che, nel Kurdistan turco, stanno insorgendo di fronte all’orrenda doppia profanazione del suo corpo – prima da parte della Turchia e, poi, dal voyeurismo della rete.

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“Ekin Wan è la nostra resistenza nuda”. Questo uno degli sologan con cui le donne di Nusaybin (provincia di Mardin) sono scese in strada per esprimere la rabbia contro l’esposizione del corpo nudo e martoriato della guerrigliera Kevser Eltürk (nome di battaglia Ekin Wan) delle YJA Star, uccisa in uno scontro dalle forze di sicurezza turche nel distretto di Varto (provincia di Muş). Dopo averla uccisa, l’hanno completamente spogliata e trascinata per strada legata ad una corda, per poi abbandonarla nella piazza del paese.
Una fotografia del suo corpo nudo e martoriato ha iniziato a circolare sui social media durante il fine settimana, in origine condivisa probabilmente dalla polizia di Varto. Continue reading

La rivoluzione delle donne in Rojava. Sconfiggere il fascismo costruendo una società alternativa

Dal sito di Nicoletta Poidimani riprendiamo la traduzione di un intervento di Dilar Dirik che ci risuona profondamente.

La rivoluzione delle donne in Rojava. Sconfiggere il fascismo costruendo una società alternativa
di Dilar Dirik

Questo brano è un capitolo del libro di Strangers in a Tangled Wilderness (a cura di), A Small Key Can Open A Large Door: The Rojava Revolution, 2015, Combustion Books.

La resistenza a Kobanê contro lo Stato islamico ha aperto gli occhi al mondo sulla causa delle donne kurde. Com’è tipico della miopia dei media, anziché considerare le implicazioni radicali delle donne che prendono le armi in una società patriarcale – soprattutto contro un gruppo che sistematicamente stupra e vende le donne come schiave sessuali – anche le riviste di moda oggi si appropriano della lotta delle donne kurde per i loro scopi sensazionalistici. I reporters spesso scelgono le combattenti più “attraenti” per le interviste e le esotizzano come amazzoni “cazzute”. La verità è che la mia generazione è cresciuta considerando le donne combattenti come un elemento naturale della nostra identità; non importa quanto sia affascinante – da un punto di vista orientalista – scoprire una rivoluzione delle donne tra i kurdi.
Le Unità di difesa popolare (YPG) e le Unità di difesa delle donne (YPJ) del Rojava (regioni nel nord della Siria a popolazione prevalentemente kurda) stanno combattendo il cosiddetto Stato islamico da due anni e attualmente conducono una resistenza epica nella città di Kobanê. Si stima che il 35% – circa 15.000 combattenti – sono donne. Fondate nel 2013 come esercito autonomo delle donne, le YPJ portano avanti operazioni e corsi di formazione indipendenti. Ci sono diverse centinaia di battaglioni di donne in tutto il Rojava.

Ma quali sono le motivazioni politiche di queste donne? Perché Kobanê non è caduta? La risposta è che una rivoluzione sociale radicale accompagna i loro fucili di autodifesa… Continue reading

L’autodifesa radicale delle donne kurde: armata e politica

ypj3_dilardirik.jpg_1703677632La resistenza delle donne curde opera senza gerarchia né dominazione ed è parte della più ampia trasformazione e liberazione della società.
Le potenti istituzioni del mondo operano attraverso la struttura-Stato, che ha il monopolio finale sul processo decisionale, sull’economia, e sull’uso della forza. Al tempo stesso ci viene detto che l’odierna violenza diffusa è la ragione per cui lo Stato ha bisogno di proteggerci contro noi stessi/e. Le comunità che decidono di difendersi contro l’ingiustizia sono criminalizzate. Basta dare uno sguardo alla generica definizione di terrorismo: l’uso della forza da parte di attori non statali per scopi politici. Non importa il terrorismo di Stato. Di conseguenza, le donne, la società e la natura vengono lasciate indifese, non solo fisicamente, ma socialmente, economicamente e politicamente.
Nel frattempo, gli onnipresenti apparati di sicurezza dello Stato – che apertamente portano avanti economie di commercio di armi e traggono benefici dal contrapporre le comunità l’una contro l’altra per le loro sporche guerre – danno l’illusione di proteggere “noi” contro un misterioso “loro”.

Nel corso dell’ultimo anno, il mondo è stato testimone della storica resistenza della città curda chiamata Kobane. Che le donne da una comunità dimenticata siano diventate le più feroci nemiche del gruppo Stato Islamico – la cui ideologia si basa sulla distruzione di tutte le culture, le comunità, le lingue e i colori del Medio Oriente – ha sconvolto i patti convenzionali sull’uso della forza e sulla guerra. Kobane non passerà alla storia della resistenza umana perché gli uomini hanno protetto le donne o uno Stato ha protetto i suoi “soggetti”, ma perché donne e uomini sorridenti hanno trasformato le loro idee e i loro corpi in un’ideologica prima linea contro la quale si sono sgretolati il gruppo Stato Islamico e la sua stupratrice visione del mondo.
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Si è svolto a Dortmund l’11 Festival° Zilan delle Donne

Da FiratNews

Si è svolto  a Dortmund l’11 Festival° Zilan delle Donne

Domenica 14 giugno 2015
DORTMUND – ANF – Nizam BARAN

Si è svolto ieri a Dortmund, in Germania, l’11 Festival° Zilan delle Donne, partecipato da migliaia di donne nonostante il tempo piovoso.

Intorno al palco erano appesi uno striscione con scritto “Le donne costruiranno un sistema democratico con una libera leadership”, i manifesti coi volti di Ivana Hoffman, Arin Mirkan e altri combattenti delle YPJ cadute in Rojava nonché i manifesti dei tre donne curde che sono state assassinate a Parigi il 9 gennaio 2013.

Dopo il discorso di apertura e il messaggio di KJK, Denge Xwezaye-Jinen Dengbej, Meral Tekçi e Zelal Gökçe sono salite sul palco per una performance musicale, mentre le donne in abiti tradizionali ripetevano gli slogan “Donna, vita, libertà”, “Lunga vita al leader  Apo”, “Viva la resistenza delle YPJ/YPG”.

Commentando l’importante ruolo del festival per le donne curde che vivono in Europa, la portavoce del CENI (Bureau delle donne curde per la Pace), Ayten Kaplan, ha detto che quest’anno il festival è diventato ancora più importante in quanto è stato dedicato alle donne che hanno perso la loro vita nei combattimenti in Rojava, aggiungendo che Kobanê è stata liberata dalla lotta di donne come Arin Mirkan, mentre l’internazionalismo di Ivana Hofmann ha unito le donne. Continue reading

Inaugurata a Nusaybin l’accademia per donne intitolata a Sakine Cansiz

sakine cans__z3Apprendiamo con grande piacere da Firat News la notizia dell’inaugurazione dell’accademia per donne Sakine Cansiz.

A chi volesse capire l’essenziale differenza tra l’impostazione patriarcale delle università nostrane e le accademie kurde femministe, consigliamo questa riflessione.

Madri del sabato: la stessa tenacia per 20 anni

Da ReteKurdistan

La lotta delle famiglie e degli scomparsi e dei difensori dei diritti umani degli scomparsi  prosegue in Turchia sin dal 1995. Le Madri del sabato, che si ritrovano ogni sabato a piazza Galatasaray a Beyoglu Istanbul, si riuniranno questo fine settimana per la 530esima volta.

La lotta per gli scomparsi in Turchia è iniziata con la richiesta di ritrovamento del rivoluzionario comunista Hasan Ocak. Mentre le persone scomparse e gli omicidi irrisolti sono sempre stati all’ordine del giorno in Turchia sin dagli anni ’70, non è stato possibile organizzare una lotta sistematica contro questa politica di stato fino al 1995. Continue reading

La storia sconosciuta della lotta delle donne curde

Kara_FatmaLa guerra in Medio Oriente contro lo Stato islamico d’Iraq e di Levante (ISIL) ha attratto l’attenzione del mondo intero sulla regione. L’attenzione si concentra in particolare sulle donne combattenti curde che hanno anche abbellito la copertina di riviste femminili, come Marie Claire.

Questa esplosione di copertura mediatica non è solo sensazionalista, ma sottovaluta anche tutta una storia di donne curde nella loro richiesta di riconoscimento politico e per la loro lotta per l’uguaglianza di genere.

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