Le mani – insanguinate – sul Rojava

Bande di ISIS e di altri gruppi fondamentalisti – quali la Brigata Nureddin Zenki, Siqûr El-Cebel, Ceysh Al-Mucahidîn e Ahrar al-Sham – sostenute dai servizi segreti turchi (MIT) stanno portando avanti una pulizia etnica ad Ehrez, un villaggio di Azaz, in Rojava, dopo averlo occupato.

Il villaggio, di circa 3mila abitanti prevalentemente kurdi, si trova a nord di Aleppo e a soli 6 km da Efrîn. Il 14 ottobre, le bande fondamentaliste sono entrate nel villaggio e hanno rapito decine di civili; i residenti sono stati costretti a migrare in massa per salvarsi.

Quello stesso giorno, sui social network circolavano immagini dell’esercito turco, scattate dal campo profughi siriano di Atmeh, che stava costruendo un muro dopo aver passato il confine siriano con bulldozer e carri armati.

Schermata 2015-10-22 a 12.13.23 Come si può vedere nell’immagine qui accanto, Efrîn, capoluogo dell’omonimo cantone del Rojava, è facilmente raggiungibile da entrambi i luoghi, il che non fa presagire nulla di buono… Tanto più se si pensa che lo stato turco vuole ora dichiarare “terrorista” anche il PYD – il che, più o meno, equivale a dire le YPG/YPJ – e che Erdogan ieri ha già messso le mani avanti affermando che la strage di Ankara sarebbe frutto di un’azione congiunta tra ISIS, PKK, PYD e intelligence siriana.

E nulla di buono fa presagire anche la dichiarazione di Hasan Gözükara, cittadino turco e padre di un affiliato ad ISIS che, in un’intervista a Firat News, ha detto: “Mio figlio è sulla lista dei kamikaze ricercati. Temo che possa essere in Turchia in questo momento. Adesso che ISIS trasforma in attentatore suicida un ragazzo che addirittura non era in grado di macellare un pollo, è del tutto possibile che egli possa farsi esplodere in una azione qui”. Continua a leggere

Autodifesa!

Le donne di Adıyaman, nel sud-est della Turchia, esprimono forti preoccupazioni per la crescente presenza – da tre anni a questa parte – di ISIS nella zona. Da quella città, infatti, provenivano gli attentatori di Suruç (20 luglio) e di Diyarbakır (5 giugno).

Che ISIS prenda di mira in particolare donne e bambini lo si è visto nel recente attacco a Kobanê la notte tra il 24 e il 25 giugno scorso; per questo in Rojava anche le donne non guerrigliere imparano ad usare un’arma e discutono sull’importanza e il significato che ha per loro l’autodifesa.

Le pratiche di autodifesa non guardano all’età: esemplare il caso di Nazlî Bedîr, che a 73 anni tutte le notti monta di guardia col suo fucile nel cantone di Efrîn, in Rojava.

Ma il problema per le donne non sono soltanto i mercenari di ISIS: ad Imzir, in Turchia, la popolazione ha notato un particolare accanimento delle polizia nei confronti delle donne, durante la repressione di un corteo che ieri voleva raggiungere la sede dell’AKP. Continua a leggere

Genocidio politico

Immagine 1Secondo l’Unione delle comunità del Kurdistan, dietro la strage di Suruç ci sarebbe un piano dei servizi di intelligence turchi – quello stesso MIT che sta dietro l’omicidio di Sakine Cansız, Fidan Doğan e Leyla Şaylemez – per entrare in Siria. Inoltre, l’equiparazione dell’ISIS alla resistenza kurda avrebbe come obiettivo reale quello di prepararsi ad attaccare la rivoluzione in Rojava.

Non ci sorprende, visto che alla volontà genocida di ISIS, cui la popolazione yezida in particolare ha pagato un caro tributo, si affianca in questi giorni la rinnovata volontà turca di genocidio politico nei confronti della popolazione kurda, della rivoluzione in Rojava e di chi, in Turchia, la sostiene.

Mentre vengono oscurati per decreto ministeriale i siti web kurdi e le agenzie di stampa non allineate al governo turco, mentre vengono vietate le manifestazioni e distrutte le tende del lutto per i morti nell’attentato di Suruç, decine e decine di giovani vengono arrestati/e in continui violenti rastrellamenti; fra loro anche adolescenti e un ragazzo con una grave disabilità. Militanti muoiono crivellate di colpi, come è accaduto a Günay Özarslan. Nella sede dell’Unione degli educatori ad Ankara c’è stata un’irruzione della polizia a caccia dei feriti di Kobane. Postazioni del PKK nel Kurdistan iraqeno sono state bombardate per tutta la notte (e oltre) col beneplacito di Barzani, col risultato di morti e feriti tra guerriglieri e popolazione civile, insediamenti abitativi, boschi e pascoli in fiamme. Col pretesto di combattere ISIS, l’esercito turco ha cominciato a bombardare anche nel nord della Siria. Continua a leggere

“La nostra rabbia è più grande della nostra paura”

Alla manifestazione che si è tenuta ieri a Milano abbiamo intervistato una compagna kurda, che ci ha spiegato l’attuale situazione nel Kurdistan e le possibili evoluzioni, nonché i prossimi appuntamenti. Abbiamo, così, scoperto che Erdogan verrà in Italia il 16 settembre e ci sarà un presidio sotto l’ambasciata turca, a Roma.

Ascolta l’intervista (con pazienza: è montata come playlist)

AGGIORNAMENTI:

Negli scorsi due giorni, in Turchia e in Kurdistan le manifestazioni di protesta per il massacro di Suruc sono state caricate dalla polizia turca e ne sono seguiti degli scontri.

“La nostra rabbia è più grande della nostra paura”, è stato dichiarato al funerale di Ece Dinç ad Istanbul, mentre la folla, con le donne in prima fila, cantava “Da Arîn ad Ece camminiamo verso la rivoluzione” – ricordando la martire delle YPJ Arîn Mîrxan.

La polizia ha anche cercato di impedire l’afflusso alle tende del lutto. Sono state inoltre denunciate le forti pressioni poliziesche su alcune famiglie dei morti perché i funerali venissero fatti in forma non pubblica, nonché le cariche contro le/i giovani che avevano organizzato cordoni di autodifesa per i cortei funebri.

I/le prigionieri politici hanno annunciato che da domani cominceranno tre giorni di sciopero della fame  per dare il loro sostegno alle proteste.

È stata denunciata anche la complicità “passiva” della polizia turca nel rapimento di una giovane donna da parte di sei paramilitari, nella provincia di Diyarbakır.

Da una parte all’altra del confine, tanto le donne del Rojava, quanto le/i giovani della carovana per Kobane decimata dalla strage ribadiscono la propria determinazione.

Besê Erzincan – del coordinamento delle Comunità di donne del Kurdistan – ha dichiarato che finché non ci sarà giustizia non verranno deposte le armi.

L’ufficio stampa dell’HPG (People’s Defense Forces) ha annunciato ieri l’uccisione di due poliziotti che collaboravano con Isis a Ceylanpınar, nel distretto di Urfa, al confine tra Turchia e Siria.

Aggiornamento presidi

mercoledì 22 luglio
CAGLIARI: dalle 10 alle 13 – Piazza Palazzo (di fronte alla Prefettura)
RIMINI: ore 12 – p.zza Tre Martiri
MILANO: dalle 16 in poi – piazza Duomo
PORDENONE: dalle 18 – p.tta Cavour
GENOVA: ore 18 – p.zza De Ferrari

giovedì 23 LUGLIO
PISA: presidio alle 17 – p.zza Vittorio Emanuele, a seguire corteo fino al palazzo comunale in p.zza XX settembre

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“Non possiamo fare appello ai tiranni”

Come è avvenuto il massacro Suruç, e perché?
di Amed Dicle

I/le giovani che sono morti o sono rimasti feriti a Suruç avevano un unico scopo: andare a Kobanê e unirsi alla ricostruzione della città. I/le partecipanti alla Federazione delle Associazioni della Gioventù Socialista (SGDF) avevano emesso un comunicato stampa prima di andare a Suruç. Da un mese era noto che questi giovani si preparavano a partire.

I residenti di Suruç, i giovani e i rappresentanti delle organizzazioni non governative avevano salutato i giovani a Suruç. Si erano incontrati con il governatore distrettuale e gli avevano detto che volevano attraversare il confine per andare a Kobanê. Il governatore distrettuale li ha fatti aspettare dicendo che solo alcuni/e di loro potevano attraversare il confine, e non l’intero gruppo.

Il sanguinoso attacco a Suruç è avvenuto dopo che i/le giovani avevano rilasciato una dichiarazione alla stampa nel Centro Culturale Amara, in risposta al diniego del governatore distrettuale.

Dovremmo porre le seguenti domande sull’attacco:

1- La polizia perquisiva i giovani che si stavano dirigendo al centro culturale Amara. Il posto di blocco della polizia era a 200 metri dall’Amara, e la polizia avrebbe potuto farlo più vicino al centro culturale. La polizia ha fatto il posto di blocco a 200 metri dall’Amara in modo da non farsi male con l’esplosione?

2- Come ha fatto il kamikaze di ISIS ad entrare nel centro culturale in una zona in cui la polizia perquisiva ogni notebook, ogni macchina fotografica e perfino ogni matita dei/delle giovani massacrati? Continua a leggere

Strage di Suruc: presidi di solidarietà

“Abbiamo difeso Kobane insieme, la ricostruiremo insieme”, questo il nome della campagna per la ricostruzione di Kobane che animava le giovani vite distrutte ieri mattina – 32 morti e oltre 100 feriti – da un attacco suicida nel centro culturale curdo Amara di Suruc, nel Kudistan turco, attivissimo nel sostegno ai profughi.

Un attacco pianificato a tavolino, visto che alla stessa ora un veicolo imbottito di esplosivo cercava di buttarsi contro un checkpoint delle YPG a Kobane. E proprio a Kobane stavano dirigendosi quelle centinaia di giovani turchi/e e curdi/e, per costruire una biblioteca e un parco giochi e ripiantumare un bosco.

Più voci denunciano le responsabilità del governo turco nel massacro di giovani donne e uomini della Socialist Youth Associations Federation (SGDF), dell’HDP (People’s Democratic Party), dell’ESP (Socialist Party of the Oppressed) della BEKSAV (Science Education Artistic Culture and Arts Research Foundation) e di Anarchist Activity, che avevano appena ascoltato le testimonianze dei familiari di Suphi Şoreş, comandante delle BÖG (United Forces of Freedom), e di Leyla Doğan, combattente delle YPJ, entrambi morti combattendo contro ISIS a Serekaniye e a Kobane.

Ieri sera la polizia turca ha caricato violentemente con idranti e lacrimogeni le/i manifestanti che ad Istanbul gridavano “Erdogan assassino”, “Erdogan collaboratore” e “Vendetta per il PKK”.

Per oggi, nel Kurdistan del Nord è stata dichiarata una giornata di lutto.

Per approfondimenti rimandiamo direttamente a Firat News e Uiki Onlus, in continuo aggiornamento, mentre i presidi di solidarietà vengono man mano annunciati da Uiki.

Al momento possiamo segnalare:
martedì 21 luglio
TORINO: ore 17 – p.zza Castello
MODENA: ore 18 – largo Garibaldi (Teatro Storchi)
ROMA: ore 19 – p.zza dellla Repubblica
PARMA: ore 21 – p.zza Ss. Annunziata (attenzione: ci comunicano che è stato spostato in piazza della Pace)

mercoledì 22 luglio
CAGLIARI: dalle 10 alle 13 – Piazza Palazzo (di fronte alla Prefettura)
MILANO: dalle 16 in poi – piazza Duomo