In nome della “sicurezza”

Mentre in Italia il nuovo decreto “antiterrorismo” restringe ulteriormente le libertà individuali, intensifica la militarizzazione dei territori (da 3.000 a 4.800 militari) cominciata con il decreto “strade sicure” – sottraendo circa 15mila euro euro destinati in precedenza ai richiedenti asilo – e proroga la presenza dei contingenti militari italiani dai Balcani, all’Africa e all’Asia, in Turchia va profilandosi un vero e proprio stato di polizia, come si può leggere nell’intervento della parlamentare di origine curda Pervin Buldan che riportiamo qui sotto.

La “sicurezza” è la solita parola magica che gli Stati usano per restringere, fino ad annullarli, gli spazi di agibilità e le libertà personali.

È assai difficile vedere la differenza fra questi Stati e lo stesso IS che in un testo propagandistico scritto in italiano affermerebbe che “grazie all’applicazione della Sharia e delle punizioni regolate dal Libro di Allah si è instaurata” una “reale sicurezza”…

Pervin Buldan sottolinea anche come il giro di vite repressivo in Turchia “porterà a maltrattamenti, stupri e violenza contro le donne attraverso l’aumento del potere delle forze di sicurezza nelle strade”. Anche qui, ne siamo certe! Continua a leggere

Democrazia senza stato: come il movimento delle donne curde ha liberato la democrazia dallo stato

http://youtu.be/ir8n_uuCmig

Prima di cominciare, vorrei dedicare questo discorso a tutte le donne rivoluzionarie che lottano in tutto il mondo, specialmente a coloro che stanno combattendo contro quella disgustosa mentalità che si definisce Stato Islamico. Come sapete le donne curde si trovano al momento a combattere contro l’IS in prima linea. Inoltre vorrei dedicare questo discorso a tre donne curde rivoluzionarie che furono brutalmente assassinate nel cuore di Parigi l’anno scorso. Noi stiamo aspettando giustizia per Sakine Cansiz, Fidan Dogan e Leyla Solemez da un anno, otto mesi e dodici giorni.

Azadî, libertà. Un concetto che ha catturato l’immaginario collettivo del popolo curdo per lungo tempo. L’ideale, apparentemente irraggiungibile, di un Kurdistan libero assume però molteplici forme, a seconda di dove ci si posizioni all’interno dell’ampio spettro della politica curda. La crescente indipendenza dallo stato iracheno del Governo regionale del Kurdistan (KRG) nel Kurdistan meridionale (Bashur), così come i grandi risultati ottenuti dal popolo curdo nel Kurdistan occidentale (Rojava), nonostante la guerra civile siriana nel corso dell’ultimo anno, stanno facendo rinascere il sogno di una vita libera per i curdi in Kurdistan.

Ma cosa significa libertà? Libertà per chi? La questione curda è spesso concepita come una questione relativa alle relazioni internazionali, agli stati, al nazionalismo e all’integrità territoriale. Tuttavia, la libertà è una questione che trascende l’etnicità come anche i confini artificiali dello stato nazione. Per essere in grado di parlare di un Kurdistan che meriti realmente l’attributo di “libero”, tutti i membri della società devono avere pari accesso a questa “libertà” e non solo in senso giuridico ed astratto. Non è l’ufficialità di un entità chiamata Kurdistan – abbia essa la fisionomia di uno stato indipendente, uno stato federale, un governo regionale o di qualsiasi altra forma di autodeterminazione – a definire il benessere della popolazione curda. Piuttosto è la situazione delle donne ad essere un buon indicatore del grado di democrazia e libertà di una data società. Continua a leggere

Milano, 8 marzo: camminata autodeterminata e incontro con Nursel Kiliç

manifesto_milanoore 14: partenza dal giardino di Via dei Transiti (MM1 Pasteur) per una camminata autodeterminata in via Padova e dintorni, con la partecipazione delle donne della comunità kurda

ore 18.30: a Villa Pallavicini (via Meucci 3, Milano), buffet curdo e incontro con Nursel Kiliç, responsabile della commissione esteri del movimento delle donne curde; a seguire musiche e danze curde

clicca sull’immagine per ingrandire la locandina

Verso l’8 marzo milanese: interventi a Radio Onda Rossa

Le compagne della Coordinamenta di Roma hanno dedicato la trasmissione radio del 25 febbraio al percorso milanese verso l’8 marzo, con un approfondimento sulla dea Inanna/Ištar.

Per ascoltare la trasmissione, clicca qui.

Per ulteriori approfondimenti su Inanna/Ištar e la genealogia della potenza femminista, clicca qui.

Cortei a Roma e Bologna per l’8 marzo

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LA LOTTA DELLE DONNE KURDE È LA LOTTA DI OGNUNA DI NOI

L‘8 marzo 2015, 104 anni dopo la proclamazione della Giornata Internazionale delle Donne, le donne di tutto il mondo combattono ancora contro il sistema di dominio patriarcale.

Gli attacchi contro le donne diventano sempre più profondi e si sviluppano in modo sistematico o strumentalizzato per alimentare/aumentare norme repressive e securitarie in ogni ambito dell’esistenza fino al femminicidio, che spesso  non viene riconosciuto come tale. La violenza sulle donne, l’eteronormatività, il sessismo, il razzismo, lo sfruttamento, le restrizioni sulla libertà di scelta e di autodeterminazione, l’isolamento sono i dispositivi attraverso cui lo stato capitalista e patriarcale esercita il proprio controllo sulle nostre vite e contro cui ci vogliamo ribellare. Le donne hanno oggi più che mai l’urgenza di costruire insieme la propria autodifesa. Continua a leggere

Partire dalla “nazione democratica”: uno sguardo non eurocentrico

Succede che a volte si generino malintesi a partire dall’uso di
parole e concetti che vengono assunti secondo il crinale culturale
prevalente in una data società: è importante fare chiarezza
su alcuni di essi, per non interpretarli in maniera scorretta
e/o incompleta. Il movimento curdo ha diversi modi di interpretare
determinati concetti così come vengono usati nel
discorso pubblico “occidentale”. Per questo è necessario chiarire
come vengono utilizzati, e il perché sia necessario sottrarli
al loro significato egemonico.

Il potere dei concetti
I concetti non dovrebbero essere considerati come semplici
termini d’uso comune. Ricoprono un’importanza fondamentale
nell’esistenza dell’uomo, poiché danno forma alla consapevolezza
dei valori e ne guidano il comportamento.
L’approccio semplicistico ai concetti, proprio in questo senso,
non è da considerarsi corretto. Continua a leggere

La rappresentazione delle combattenti curde nei media

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La rappresentazione delle combattenti curde nei media

In seguito agli omicidi di Sakine Cansiz, Fidan Dogan e Leyla Saylemez, il 9 gennaio 2013 a Parigi, i media mainstream si sono improvvisamente concentrati su una questione a lungo trascurata quanto affascinante: il ruolo rilevante delle donne nel movimento di liberazione curdo.

Nel corso degli ultimi due anni, i curdi hanno preso il controllo sul Kurdistan occidentale (Rojava) e hanno gradualmente istituito strutture di autogoverno nel bel mezzo della guerra civile siriana. Fin dall’inizio, le donne sono state parti attive nella Rivoluzione del Rojava attraverso il loro impegno civile e politico, ma ciò che ha più colpito i media mainstream occidentali è stata l’identità delle donne che, come uguali militanti, combattono in guerra. Queste donne, che combattono contro il regime di Assad e contro i gruppi jihadisti, sottolineano ripetutamente che la loro è una lotta per la libertà su più fronti, come curde e come donne.

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L’economia delle donne in Rojava

Da ANF News

Le donne hanno assunto un ruolo di primo piano nella rivoluzione in Rojava, costruendo fondazioni, cooperative ed accademie di autodifesa – tutte organizzazioni che mirano a promuovere la partecipazione delle donne alla vita sociale e politica. In particolare, le donne in Rojava hanno iniziato ad organizzarsi in cooperative al fine di garantire la loro partecipazione alla vita economica.  Continua a leggere

Donne curde e rivoluzione: oltre l’autodifesa

da Retekurdistan

Donne curde e rivoluzione: oltre l’autodifesa

22 febbraio 2015

Tanto si è detto e scritto in questi ultimi quattro mesi sulle donne curde, in virtù di quello che accadeva a Kobane, in Rojava (Kurdistan siriano). Si è dato spazio soprattutto alle immagini delle donne curde, donne che solo in pochi conoscevano, per evidenziare la loro giovane età, la loro bellezza e il fatto che avessero imbracciato un’arma. Ma questo non è che l’aspetto più superficiale di quanto sta accadendo in quella parte di Medio Oriente. Sì, perchè le donne curde lì stanno facendo una rivoluzione, ma in tutti gli ambiti della società. E l’aspetto militare non è che uno fra questi, e non sarebbe nemmeno il più importante se non fosse per il particolare momento, che vede la necessità dell’autodifesa dagli attacchi che il popolo curdo subisce con rinnovato vigore da ISIS come prima da altri gruppi, per esempio Al Nusra, affiliato a Al Qaeda, ma anche da parte del regime di Assad.

Dietro i volti delle nostre donne, dunque, c’è di più. Il loro coraggio e la loro determinazione hanno aperto un varco che deve lasciare spazio a un’analisi più profonda del processo cominciato diversi anni fa con la formazione di un partito delle donne e delle unità femminili di difesa del popolo in seno al movimento curdo, soprattutto in Nord Kurdistan (Turchia).

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Faccia a faccia con le combattenti di Kobane: “Noi, madri di tutta l’umanità”

Da Rete Kurdistan

Cinque combattenti curde raccontano la loro esperienza nella difesa della città di Kobane, rivelando sogni e rinunce, raccontando la brutalità della guerra contro le truppe del Califfato, i loro sacrifici e le loro speranze.

Kobane è libera, ma deve fare i conti con la ricostruzione. L’80% della città è distrutta e su 525,000 abitanti, solo 25,000 sono rimasti sul territorio, gli altri sono dispersi tra i campi profughi della Turchia e degli altri paesi limitrofi. Per aiutarli a tornare a casa è necessario bonificare la città e ricostruirla.

Per questo il governatore Enwer Muslim ha rivolto un appello alla comunità internazionale, affinché vengano inviati gli aiuti necessari (le coordinate per gli aiuti sono: Mezzaluna Rossa Kurdistan Italia Onlus. IBAN: IT63P0335901600100000132226. Causale: Ricostruzione Kobane). Nel frattempo, i tre volontari italiani che dalla Sicilia hanno raggiunto il Rojava, dopo diversi giorni di attesa nel territorio di Kobane, sono riusciti a incontrare le donne curde combattenti, i cui volti rimbalzano nei media di tutto il mondo. Di seguito, riportiamo la conversazione svolta nella base operativa delle YPJ con cinque combattenti:

Perché hai fatto questa scelta di entrare nelle YPJ? 

Perché le donne sono sofferenti. Vediamo la sofferenza delle donne non solo qui ma anche nei vostri Paesi. Noi lottiamo per tutte le donne del mondo. Io in particolare sono nata in Germania, sono stata in giro per l’Europa e in uno di questi Paesi ho fatto giorni di reclusione in prigione per motivi politici. Poi ho deciso di venire qui in Kurdistan e anche le mie amiche sono tutte venute qui. Ho letto gli scritti di Öcalan e dopo ciò ho assunto uno sguardo più globale riguardo la situazione politica in generale e delle donne in particolare. Continua a leggere