1 novembre: mobilitazione internazionale per Kobane

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Dopo aver ammesso gli attacchi dei giorni scorsi contro le postazioni delle YPG/YPJ nel nord della Siria, Erdogan ha dichiarato che farà “tutto il necessario” per combattere l’autonomia kurda in Rojava – ed è chiaro cosa intenda. Per legittimarsi ulteriormente ha fatto riferimento anche al controverso report di Amnesty International (di cui abbiamo parlato qui, qui e qui, ma si veda anche il commento di Martina Bianchi), confermando, in sostanza la funzionalità di quel rapporto alle politiche anti-kurde dello stato turco.

Ma intanto dalle città europee all’America latina, dall’Australia agli Stati Uniti, si moltiplicano le mobilitazioni per Kobane.

Nella pagina #GlobalRally4Kobane potete farvene un’idea.

Questo il comunicato diffuso dal cantone di Kobane:

Invito a una Giornata di Solidarietà Internazionale con Kobanê 1°Novembre 2015

Kobanê e il Rojava fin dalla nascita della libertà e della giustizia sul loro suolo, il 19 luglio 2012,hanno affrontato numerose campagne e offensive militari. Da allora, gli estremisti hanno posto sotto assedio tutta quest’area geografica che aspira a costruirsi una nuova vita e un nuovo approccio aperto alla diversità socio-culturale, religiosa ed etnica.

Tuttavia, la volontà del popolo del Rojava e la forza del desiderio di una nuova era e di una nuova amministrazione sono state invincibili, sconfiggendo le campagne degli estremisti con una strenua resistenza che ha avuto il suo culmine nella storica resistenza di Kobanê.
Questa resistenza ha segnato l’inizio della fine del mito di ISIL e della sua capacità di controllare qualsiasi paese o città e ha dimostrato al mondo che l’unione tra la volontà del popolo e quella delle istituzioni locali in un’area geografica è sufficiente per sconfiggere il terrorismo e di conseguenza per salvaguardare l’umanità e la pace.

Ma il prezzo di questa vittoria è stato alto e gli effetti sulla nostra vita quotidiana sono ancora visibili. Kobanê, la capitale della resistenza, è in rovina e il 70% delle case sono state distrutte mentre la maggior parte dei suoi abitanti sono emigrati e sparsi in ogni angolo del mondo. Ciononostante la volontà, il desiderio e la determinazione del popolo di tornare alle proprie case e di far rivivere la propria città sono molto forti e questo li trasforma nella prima linea dell’umanità contro il terrorismo globale. Continue reading

Ekin Wan è anche la nostra resistenza nuda! (comunicato)

EKIN WAN È ANCHE LA NOSTRA RESISTENZA NUDA!

Scendiamo in piazza contro le politiche genocide di Erdogan e dello Stato turco
Contro tutti i patriarcati di Oriente e Occidente
Per la liberazione delle donne e l’autodeterminazione dei popoli

Lo scorso agosto le forze di sicurezza turche hanno spogliato, trascinato per strada legato ad una corda e poi abbandonato nella piazza del paese il cadavere della guerrigliera kurda Kevser Eltürk (nome di battaglia Ekin Wan), facendo successivamente circolare l’immagine sui social network.
Non si è trattato di un deliberato atto sadico, ma di un avvertimento mafioso alla popolazione kurda: tutti e tutte farete questa fine, se non ve ne state buoni e zitti.

Il colonialismo si è sempre servito del dominio sui corpi delle donne esibiti come metafora del proprio dominio sui territori colonizzati.

E così Erdogan ha voluto ribadire il dominio neocoloniale sulla popolazione kurda, mentre il suo partito (AKP) stava creando le premesse per un colpo di stato, dopo aver perso la maggioranza assoluta alle scorse elezioni.

Questo dominio neocoloniale nelle ultime settimane è stato ribadito con ferocia crescente, militarizzando e isolando intere zone del Kurdistan del nord, dove i cecchini sparano sulla popolazione civile e i militari impediscono l’ingresso delle ambulanze e del personale sanitario in modo da moltiplicare il numero dei morti civili.

Nelle città turche i fascisti ultranazionalisti stanno mettendo in atto dei veri e propri pogrom contro donne e uomini kurdi: linciaggi, case e negozi bruciati; il tutto sotto lo sguardo compiacente delle forze di polizia.

In questo clima di guerra neocoloniale, la violenza contro le donne sta crescendo esponenzialmente.

La coraggiosa popolazione kurda ha organizzato la propria autodifesa, e noi vogliamo sostenerla con forza.

Ekin Wan è la nostra resistenza nuda, hanno urlato le donne kurde scese in strada per esprimere la rabbia contro l’esposizione del corpo nudo e martoriato di Ekin.

Ekin Wan è anche la nostra resistenza nuda, rilanciamo da qui.

Partecipiamo con uno spezzone femminista alla manifestazione del 14 settembre a Milano, per continuare il percorso che ci ha viste in strada lo scorso 8 marzo al fianco delle donne che a Kobane e in tutto il Kurdistan continuano a combattere contro gli assassini e stupratori di ISIS e AKP.

Le compagne di dakobaneanoi.noblogs.org

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“La collaborazione tra AKP e ISIS in Siria aumenta quotidianamente”

Come era facilmente prevedibile, la Turchia, oltre a continuare i raid aerei sul Kurdistan iraqeno, sta bombardando il Rojava. Inoltre, a Qamishlo questa mattina presto ci sono stati degli attentati.

Scrivono le YPG in un comunicato:
Kobanê, Rojava (26 lug 2015) – Alle 4:30 del 24 luglio nella parte occidentale di Kobanê, l’esercito turco ha bombardato le Unità di Difesa Popolare e le posizioni del Free Syria Army nel villaggio di Zormikhar, di fronte alla città di Jarabulus occupata dai terroristi – con il fuoco dei carri armati pesanti. In questo attacco sono rimasti feriti quattro combattenti del FSA e diversi abitanti del villaggio.
Oggi alle 22:00, l’esercito turco ha bombardato di nuovo lo stesso villaggio con 7 colpi di carro armato.
Alle 23:00, uno dei nostri veicoli è finito sotto il fuoco pesante dell’esercito turco ad est di Kobanê (ad ovest di Tel Abyad), nel villaggio di Til Findire.
Anziché prendere di mira le posizioni occupate dai terroristi di ISIS, le forze turche attaccano le posizioni dei nostri difensori.
[…] Stiamo dicendo all’esercito turco di smetterla di sparare contro i nostri combattenti e le loro posizioni.

Dopo queste dichiarazioni, la Turchia ha cominciato a rafforzare le postazioni militari a Til Şehir, ad ovest di Kobanê. Continue reading

Le YPJ invitano le donne profughe a tornare nelle aree liberate, offrendo loro supporto umanitario

La comandante delle YPJ invita le donne di Girê Spî e Raqqa a tornare nelle zone liberate

15 giugno 2015

La comandante generale delle YPJ, Newroz Ehmed, ha invitato le donne di Girê Spî e Raqqa a tornare nelle zone liberate, e ha informato che le combattenti delle YPJ sulla linea del fronte hanno preparato delle camere speciali per garantire la sicurezza delle donne e soddisfare i loro bisogni urgenti. Ehmed detto che le YPJ hanno la responsabilità umana e il dovere di liberare le terre dalle bande ISIS.

La comandante generale delle YPJ, Newroz Ehmed, ha rilasciato una dichiarazione invitando le donne di Girê Spî e Raqqa a tornare nelle zone liberate e ad abbattere la crudeltà delle bande di ISIS attraverso la lotta comune e la solidarietà fra le donne curde e quelle arabe, così come fra le donne di diverse provenienze etniche.

Newroz Ehmed ha richiamato l’attenzione sul fatto che l’occupazione di ISIS ha imposto alle donne la schiavitù ed ha preso di mira soprattutto le donne per rafforzare ed estendere il proprio sporco sistema. Ehmed ha aggiunto che solo attraverso l’oppressione delle donne le bande di ISIS potrebbero imporre la schiavitù in tutta la società. Continue reading

Sfidare ancor di più la modernità capitalista (e neoliberista). Al fianco di RadioCane e della Mandragola!

Alla vigilia della gran bottega dell’Expo – vetrina delle menzogne delle multinazionali e degli stati che affamano e sterminano le popolazioni e devastano il pianeta in nome del profitto – a Milano si moltiplicano le operazioni repressive.

Operazioni sapientemente precedute da giorni di una campagna propagandistica su giornali e televisioni che punta a presentare come pericolosa e criminale qualsiasi forma di dissenso dal traballante carrozzone di expo.

Dopo il Giambellino, oggi è stato il turno della zona nord: la sede di RadioCane, l’associazione La Mandragola e due case occupate nel quartiere sono state oggetto di perquisizioni, fermi, denunce e un arresto.

Inutile dire che l’accusa è sempre la solita: resistenza.

Una resistenza che non è solo allo strapotere dei pubblici ufficiali ma anche – e soprattutto – alla logica normalizzante che ci vorrebbe  tutte/i prone/i di fronte al dio-capitale. Ed ecco che una radio che da anni va contro il rincoglionimento di massa, proponendo testimonianze internazionali sui conflitti sociali in atto, deve essere messa a tacere.

D’altronde sappiamo bene che la tanto sbandierata libertà d’espressione non è altro che un modo per manipolare il concetto di libertà e farne un fantoccio ad uso e consumo dei poteri dominanti.

Siamo al fianco di RadioCane e del suo importante e sensibile lavoro di informazione, della Mandragola e degli abitanti delle case occupate del quartiere, così come siamo al fianco del Rojava ed alla sua sperimentazione di una comunità altra.

Non intendiamo farci sottrarre nessuno spazio di critica né di pratica. Non ci faremo mai sottomettere!

Con la resistenza (quella vera!) nel cuore

Le compagne di dakobaneanoi

Ascolta il contributo di RadioCane Milano aspetta Expo: pulizia di primavera