Inaugurata a Nusaybin l’accademia per donne intitolata a Sakine Cansiz

sakine cans__z3Apprendiamo con grande piacere da Firat News la notizia dell’inaugurazione dell’accademia per donne Sakine Cansiz.

A chi volesse capire l’essenziale differenza tra l’impostazione patriarcale delle università nostrane e le accademie kurde femministe, consigliamo questa riflessione.

Report dal convegno di Amburgo “Sfidare la modernità capitalista”

Si è svolto ad Amburgo dal 3 al 5 aprile un convegno organizzato dalla comunità curda dal titolo Sfidare la modernità capitalista. Ce lo raccontanto due compagne del collettivo femminista F9 di Roma dai microfoni di Radio Onda Rossa.

Per ascoltare l’audio

Sfidare la modernità capitalista

Dal 3 al 5 aprile scorsi si è svolta ad Amburgo la seconda edizione della conferenza Sfidare la modernità capitalista, che si è focalizzata in modo particolare sul Confederalismo democratico e sulle sue declinazioni.

Fra gli interventi, tutti pubblicati da Uiki, abbiamo selezionato quelli che ci sembrano più interessanti dal punto di vista del dibattito e delle pratiche femministe.

1. Il femminismo e il movimento di liberazione Kurdo (Dilar Dirik)
2. Relazioni di potere – Stato e famiglia (Nazan Üstündağ)
3. Strade di pensiero colonizzatrici – Suggerimenti per una epistemologia femminista (Muriel Gonzales Athenas)
4. L’ecologia sociale e il mondo non-occidentale (Federico Venturini)
5. Nuovi concetti: Confederalismo democratico, autonomia democratica (Havin Guneser)

“Non è troppo tardi per fare i passi giusti…”

ivanahofman-599x275L’8 marzo scorso, la ventenne Ivana Hoffmann cadeva combattendo contro le bande dell’ISIS a Til Temir.

In una bellissima lettera aveva scritto ai suoi compagni che voleva esser parte della rivoluzione in Rojava e difenderla a costo della sua vita.

Come lei, altre donne e altri uomini si sono unite/i in questi mesi alle Unità di difesa curde (YPJ/YPG).

Per ricordarla, abbiamo tradotto l’intervento di un volontario internazionalista delle YPG sulla spinta rivoluzionaria che sta facendo convergere in Rojava donne e uomini provenienti da tutto il mondo per partecipare alla resistenza.

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La storia sconosciuta della lotta delle donne curde

Kara_FatmaLa guerra in Medio Oriente contro lo Stato islamico d’Iraq e di Levante (ISIL) ha attratto l’attenzione del mondo intero sulla regione. L’attenzione si concentra in particolare sulle donne combattenti curde che hanno anche abbellito la copertina di riviste femminili, come Marie Claire.

Questa esplosione di copertura mediatica non è solo sensazionalista, ma sottovaluta anche tutta una storia di donne curde nella loro richiesta di riconoscimento politico e per la loro lotta per l’uguaglianza di genere.

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Tevdem : Il progetto di una Siria Democratica

Da Uiki

La Siria è entrata in uno stato di caos, in cui la violenza e la contro violenza, sostenuta da centri di potere che beneficiano da essa, prevalgono. Gli scenari vanno oltre la possibilità dei popoli di comprendere, lasciandoli soli davanti all’impresa. Se le tendenze attuali dovessero continuare, la Siria si troverebbe a fronteggiare la frammentazione e la dissoluzione. L’”Opposizione siriana” è bloccata in un labirinto dal quale non riesce a venire a capo e da cui non può districarsi. Molti di loro sono finiti per allearsi con Daesh e con i gruppi jihadisti salafiti, partecipando a massacri collettivi, senza alcun problema morale o di coscienza.

La crisi è più grande, profonda e pericolosa di un mero regolamento di conti con il regime di Assad, i suoi controllori e le sue leggi. Questo è il risultato dell’evoluzione della società stessa nello stato, in una così intensa concentrazione di potere statale da divenire una condizione patologica. Lo stato non concede nulla alla realtà naturale, plurale e partecipativa della società umana; esso si limita ad una visione di corto respiro che amplifica e persino guarda all’unilateralismo come a una divinità. Negazione, esclusione, dominazione, schiavitù e ingiustizia erano e sono create dagli stati, dalle dittature e dai sistemi fascisti o semi-fascisti; il più recente di questi sistemi di sicurezza che soffocano la vita, non permettendo alcuna possibilità di apertura e di sviluppo.

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Sotto il segno di Ištar. Dialogo femminista

Da RadioCane

Alla vigilia della camminata auto-determinata di domenica 8 marzo, due compagne italiane dialogano intorno all’attuale incontro con le donne curde in lotta. Un’esperienza, quest’ultima, in grado di sprigionare rinnovata potenza, cui volgere lo sguardo anche in chiave storica e che viene qui focalizzata partendo dal proprio percorso nel movimento femminista dagli anni ’70 in avanti.

 

Democrazia senza stato: come il movimento delle donne curde ha liberato la democrazia dallo stato

http://youtu.be/ir8n_uuCmig

Prima di cominciare, vorrei dedicare questo discorso a tutte le donne rivoluzionarie che lottano in tutto il mondo, specialmente a coloro che stanno combattendo contro quella disgustosa mentalità che si definisce Stato Islamico. Come sapete le donne curde si trovano al momento a combattere contro l’IS in prima linea. Inoltre vorrei dedicare questo discorso a tre donne curde rivoluzionarie che furono brutalmente assassinate nel cuore di Parigi l’anno scorso. Noi stiamo aspettando giustizia per Sakine Cansiz, Fidan Dogan e Leyla Solemez da un anno, otto mesi e dodici giorni.

Azadî, libertà. Un concetto che ha catturato l’immaginario collettivo del popolo curdo per lungo tempo. L’ideale, apparentemente irraggiungibile, di un Kurdistan libero assume però molteplici forme, a seconda di dove ci si posizioni all’interno dell’ampio spettro della politica curda. La crescente indipendenza dallo stato iracheno del Governo regionale del Kurdistan (KRG) nel Kurdistan meridionale (Bashur), così come i grandi risultati ottenuti dal popolo curdo nel Kurdistan occidentale (Rojava), nonostante la guerra civile siriana nel corso dell’ultimo anno, stanno facendo rinascere il sogno di una vita libera per i curdi in Kurdistan.

Ma cosa significa libertà? Libertà per chi? La questione curda è spesso concepita come una questione relativa alle relazioni internazionali, agli stati, al nazionalismo e all’integrità territoriale. Tuttavia, la libertà è una questione che trascende l’etnicità come anche i confini artificiali dello stato nazione. Per essere in grado di parlare di un Kurdistan che meriti realmente l’attributo di “libero”, tutti i membri della società devono avere pari accesso a questa “libertà” e non solo in senso giuridico ed astratto. Non è l’ufficialità di un entità chiamata Kurdistan – abbia essa la fisionomia di uno stato indipendente, uno stato federale, un governo regionale o di qualsiasi altra forma di autodeterminazione – a definire il benessere della popolazione curda. Piuttosto è la situazione delle donne ad essere un buon indicatore del grado di democrazia e libertà di una data società. Continue reading

Partire dalla “nazione democratica”: uno sguardo non eurocentrico

Succede che a volte si generino malintesi a partire dall’uso di
parole e concetti che vengono assunti secondo il crinale culturale
prevalente in una data società: è importante fare chiarezza
su alcuni di essi, per non interpretarli in maniera scorretta
e/o incompleta. Il movimento curdo ha diversi modi di interpretare
determinati concetti così come vengono usati nel
discorso pubblico “occidentale”. Per questo è necessario chiarire
come vengono utilizzati, e il perché sia necessario sottrarli
al loro significato egemonico.

Il potere dei concetti
I concetti non dovrebbero essere considerati come semplici
termini d’uso comune. Ricoprono un’importanza fondamentale
nell’esistenza dell’uomo, poiché danno forma alla consapevolezza
dei valori e ne guidano il comportamento.
L’approccio semplicistico ai concetti, proprio in questo senso,
non è da considerarsi corretto. Continue reading

Faccia a faccia con le combattenti di Kobane: “Noi, madri di tutta l’umanità”

Da Rete Kurdistan

Cinque combattenti curde raccontano la loro esperienza nella difesa della città di Kobane, rivelando sogni e rinunce, raccontando la brutalità della guerra contro le truppe del Califfato, i loro sacrifici e le loro speranze.

Kobane è libera, ma deve fare i conti con la ricostruzione. L’80% della città è distrutta e su 525,000 abitanti, solo 25,000 sono rimasti sul territorio, gli altri sono dispersi tra i campi profughi della Turchia e degli altri paesi limitrofi. Per aiutarli a tornare a casa è necessario bonificare la città e ricostruirla.

Per questo il governatore Enwer Muslim ha rivolto un appello alla comunità internazionale, affinché vengano inviati gli aiuti necessari (le coordinate per gli aiuti sono: Mezzaluna Rossa Kurdistan Italia Onlus. IBAN: IT63P0335901600100000132226. Causale: Ricostruzione Kobane). Nel frattempo, i tre volontari italiani che dalla Sicilia hanno raggiunto il Rojava, dopo diversi giorni di attesa nel territorio di Kobane, sono riusciti a incontrare le donne curde combattenti, i cui volti rimbalzano nei media di tutto il mondo. Di seguito, riportiamo la conversazione svolta nella base operativa delle YPJ con cinque combattenti:

Perché hai fatto questa scelta di entrare nelle YPJ? 

Perché le donne sono sofferenti. Vediamo la sofferenza delle donne non solo qui ma anche nei vostri Paesi. Noi lottiamo per tutte le donne del mondo. Io in particolare sono nata in Germania, sono stata in giro per l’Europa e in uno di questi Paesi ho fatto giorni di reclusione in prigione per motivi politici. Poi ho deciso di venire qui in Kurdistan e anche le mie amiche sono tutte venute qui. Ho letto gli scritti di Öcalan e dopo ciò ho assunto uno sguardo più globale riguardo la situazione politica in generale e delle donne in particolare. Continue reading