Contro la guerra, contro la censura

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Mentre Turchia e Stati Uniti si accordano per creare una “zona di sicurezza” – in realtà un pretesto per bloccare la rivoluzione in Rojava – le YPJ/YPG hanno ripreso il controllo di Sirrîn, a sud di Kobane, interrompendo un altro corridoio importante per ISIS e mettendo, così in sicurezza la città di Kobane e i suoi dintorni.
Qui potete leggere il comunicato di YPG/YPJ sull’operazione, dedicata ai martiri e alle martiri di Kobane.

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La Corte turca ha approvato ieri la censura di 97 fra agenzia stampa e siti web filo-kurdi.
Per continuare a seguire e diffondere le informazioni – nel momento in cui agenzie quali Firat News e JINHA non dovessero più funzionare – consigliamo, tra altri:
shams shahin
MiddleEastrnfeminist
Cahida Dêrsim
Heval Soro
Hevallo
#WeAreAllPKK
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“La collaborazione tra AKP e ISIS in Siria aumenta quotidianamente”

Come era facilmente prevedibile, la Turchia, oltre a continuare i raid aerei sul Kurdistan iraqeno, sta bombardando il Rojava. Inoltre, a Qamishlo questa mattina presto ci sono stati degli attentati.

Scrivono le YPG in un comunicato:
Kobanê, Rojava (26 lug 2015) – Alle 4:30 del 24 luglio nella parte occidentale di Kobanê, l’esercito turco ha bombardato le Unità di Difesa Popolare e le posizioni del Free Syria Army nel villaggio di Zormikhar, di fronte alla città di Jarabulus occupata dai terroristi – con il fuoco dei carri armati pesanti. In questo attacco sono rimasti feriti quattro combattenti del FSA e diversi abitanti del villaggio.
Oggi alle 22:00, l’esercito turco ha bombardato di nuovo lo stesso villaggio con 7 colpi di carro armato.
Alle 23:00, uno dei nostri veicoli è finito sotto il fuoco pesante dell’esercito turco ad est di Kobanê (ad ovest di Tel Abyad), nel villaggio di Til Findire.
Anziché prendere di mira le posizioni occupate dai terroristi di ISIS, le forze turche attaccano le posizioni dei nostri difensori.
[…] Stiamo dicendo all’esercito turco di smetterla di sparare contro i nostri combattenti e le loro posizioni.

Dopo queste dichiarazioni, la Turchia ha cominciato a rafforzare le postazioni militari a Til Şehir, ad ovest di Kobanê. Continua a leggere

Autodifesa!

Le donne di Adıyaman, nel sud-est della Turchia, esprimono forti preoccupazioni per la crescente presenza – da tre anni a questa parte – di ISIS nella zona. Da quella città, infatti, provenivano gli attentatori di Suruç (20 luglio) e di Diyarbakır (5 giugno).

Che ISIS prenda di mira in particolare donne e bambini lo si è visto nel recente attacco a Kobanê la notte tra il 24 e il 25 giugno scorso; per questo in Rojava anche le donne non guerrigliere imparano ad usare un’arma e discutono sull’importanza e il significato che ha per loro l’autodifesa.

Le pratiche di autodifesa non guardano all’età: esemplare il caso di Nazlî Bedîr, che a 73 anni tutte le notti monta di guardia col suo fucile nel cantone di Efrîn, in Rojava.

Ma il problema per le donne non sono soltanto i mercenari di ISIS: ad Imzir, in Turchia, la popolazione ha notato un particolare accanimento delle polizia nei confronti delle donne, durante la repressione di un corteo che ieri voleva raggiungere la sede dell’AKP. Continua a leggere

Genocidio politico

Immagine 1Secondo l’Unione delle comunità del Kurdistan, dietro la strage di Suruç ci sarebbe un piano dei servizi di intelligence turchi – quello stesso MIT che sta dietro l’omicidio di Sakine Cansız, Fidan Doğan e Leyla Şaylemez – per entrare in Siria. Inoltre, l’equiparazione dell’ISIS alla resistenza kurda avrebbe come obiettivo reale quello di prepararsi ad attaccare la rivoluzione in Rojava.

Non ci sorprende, visto che alla volontà genocida di ISIS, cui la popolazione yezida in particolare ha pagato un caro tributo, si affianca in questi giorni la rinnovata volontà turca di genocidio politico nei confronti della popolazione kurda, della rivoluzione in Rojava e di chi, in Turchia, la sostiene.

Mentre vengono oscurati per decreto ministeriale i siti web kurdi e le agenzie di stampa non allineate al governo turco, mentre vengono vietate le manifestazioni e distrutte le tende del lutto per i morti nell’attentato di Suruç, decine e decine di giovani vengono arrestati/e in continui violenti rastrellamenti; fra loro anche adolescenti e un ragazzo con una grave disabilità. Militanti muoiono crivellate di colpi, come è accaduto a Günay Özarslan. Nella sede dell’Unione degli educatori ad Ankara c’è stata un’irruzione della polizia a caccia dei feriti di Kobane. Postazioni del PKK nel Kurdistan iraqeno sono state bombardate per tutta la notte (e oltre) col beneplacito di Barzani, col risultato di morti e feriti tra guerriglieri e popolazione civile, insediamenti abitativi, boschi e pascoli in fiamme. Col pretesto di combattere ISIS, l’esercito turco ha cominciato a bombardare anche nel nord della Siria. Continua a leggere

Giovani minacciati/e di decapitazione dalla polizia turca

Mentre a Kobane si piantano alberi per realizzare uno dei sogni dei giovani uomini e donne massacrati a Suruc, in Turchia la polizia tortura le/i giovani e minaccia di decapitarli, come spiega questo articolo che abbiamo tradotto da Jinha.

Giovani arrestati nelle operazioni: “La polizia ha minacciato di decapitarci”
di Zehra Doğan e Beritan Elyakut

RIHA – Da quando due poliziotti sono stati uccisi a Ceylanpınar, in Turchia, il numero di arrestati/e nella zona ha raggiunto i 37. I/le giovani arrestati nell’operazione dicono che la polizia li ha minacciati di decapitazione se non avessero fornito falsa testimonanza.
[…]
Leyla Güven, del Partito democratico popolare (HDP) di Urfa, ha incontrato gli avvocati degli arrestati nell’operazione. Agli/alle arrestati è stato negato l’incontro con i loro avvocati. Solo in tre (Sedat Yilmaz, Hasan Aydın e Mehmet Naci Yılmaz) hanno potuto incontrarli. Leyla afferma che ci sono le prove che gli arrestati siano stati sistematicamente torturati nel corso dell’operazione di polizia.

“I giovani sono stati presi dalle loro case alla rinfusa, portati sul tetto di un edificio a tre piani e minacciati di morte. Subito dopo sono stati portati in un campo deserto, messi sul bordo di fosse scavate nel terreno, con la testa coperta da sacchetti di plastica e coltelli alla gola”, ha dichiarato Leyla. “Quando si sono rifiutati di rivendicare i crimini di cui erano accusati e di dare falsa testimonianza, sono stati pesantemente torturati”.

Leyla ha contattato il capo della polizia di Urfa, Eyüp Pınarbaşı, a proposito di queste minacce e torture. Questi le ha risposto: “Cosa ti aspetti? Dovremmo rimanere in silenzio quando la gente uccide la polizia? Stiamo facendo ciò che è necessario”.
[…]

“Rabbia senza fine”, contro la guerra, le stragi e le menzogne

770x500cc-ank-23-07-15-bars-anneleri3Hanım Varlı, una delle Madri per la pace – le donne i cui figli e figlie combattono in montagna, sono rinchiuse/i in prigione o morte/i in guerra – durante una manifestazione di donne ad Ankara, ha dichiarato che le guerrigliere e i guerriglieri da tempo presi di mira dallo stato turco sono attualmente gli unici e le uniche a proteggere la Turchia contro ISIS e contro la guerra.
La polizia ha fatto di tutto per impedire a queste donne di marciare verso la sede dell’AKP, il partito di Erdogan, ma non ha avuto gioco facile contro la loro determinazione, contro la loro “rabbia senza fine”, citata nello striscione in corteo.
D’altra parte è dal 1999 che queste Madri vengono arrestate, torturate, condannate – e, con loro, anche chi le difende…

Intanto lo Stato turco – dopo aver mobilitato 5mila poliziotti – continua ad ammazzare ed arrestare militanti e combattenti filo-kurdi, col pretesto di fare dei raid “senza distinzione” tanto contro ISIS – dopo che a gran voce sono state urlate le sue responsabilità nella strage di Suruc e, più in generale, nell’appoggio logistico, e non solo, dato a ISIS in chiave anti-kurda – quanto contro la guerriglia filo-kurda.

CKqZo02W8AEvacQE così ieri ad Istanbul è stata uccisa Günay Özarslan,  mentre circa 30 militanti dell’YDG-H (Movimento dei giovani patrioti rivoluzionari) sono stati/e arrestati/e a Bursa ed Ankara.

Intanto emergono sempre più chiaramente le responsabilità dei servizi segreti turchi nella strage di Parigi del 2013, in cui vennero ammazzate Sakine Cansız, Fidan Doğan and Leyla Şaylemez.

Oggi incominciano, nelle prigioni turche, i tre giorni di sciopero della fame indetti dalle prigioniere e dai prigionieri del PAJK (Kurdistan Women’s Liberation Party – Partiya Azadiya Jin a Kurdistan) e del PKK (Kurdistan Worker’s Party), a cui seguiranno altri tre giorni di ‘ribellione’ all’interno delle carceri turche.

“La nostra rabbia è più grande della nostra paura”

Alla manifestazione che si è tenuta ieri a Milano abbiamo intervistato una compagna kurda, che ci ha spiegato l’attuale situazione nel Kurdistan e le possibili evoluzioni, nonché i prossimi appuntamenti. Abbiamo, così, scoperto che Erdogan verrà in Italia il 16 settembre e ci sarà un presidio sotto l’ambasciata turca, a Roma.

Ascolta l’intervista (con pazienza: è montata come playlist)

AGGIORNAMENTI:

Negli scorsi due giorni, in Turchia e in Kurdistan le manifestazioni di protesta per il massacro di Suruc sono state caricate dalla polizia turca e ne sono seguiti degli scontri.

“La nostra rabbia è più grande della nostra paura”, è stato dichiarato al funerale di Ece Dinç ad Istanbul, mentre la folla, con le donne in prima fila, cantava “Da Arîn ad Ece camminiamo verso la rivoluzione” – ricordando la martire delle YPJ Arîn Mîrxan.

La polizia ha anche cercato di impedire l’afflusso alle tende del lutto. Sono state inoltre denunciate le forti pressioni poliziesche su alcune famiglie dei morti perché i funerali venissero fatti in forma non pubblica, nonché le cariche contro le/i giovani che avevano organizzato cordoni di autodifesa per i cortei funebri.

I/le prigionieri politici hanno annunciato che da domani cominceranno tre giorni di sciopero della fame  per dare il loro sostegno alle proteste.

È stata denunciata anche la complicità “passiva” della polizia turca nel rapimento di una giovane donna da parte di sei paramilitari, nella provincia di Diyarbakır.

Da una parte all’altra del confine, tanto le donne del Rojava, quanto le/i giovani della carovana per Kobane decimata dalla strage ribadiscono la propria determinazione.

Besê Erzincan – del coordinamento delle Comunità di donne del Kurdistan – ha dichiarato che finché non ci sarà giustizia non verranno deposte le armi.

L’ufficio stampa dell’HPG (People’s Defense Forces) ha annunciato ieri l’uccisione di due poliziotti che collaboravano con Isis a Ceylanpınar, nel distretto di Urfa, al confine tra Turchia e Siria.

L’appello di Ezgi non rimarrà inascoltato!

770x500cc-ist-20-07-2015-sgdf-kobane-ezgi-manset“Andremo in questo luogo, dove c’è stata la rivoluzione delle donne, e lo ricostruiremo”. Poco prima di essere uccisa nell’attentato di Suruç l’attivista Ezgi Sadet, 20 anni, aveva invitato tutti i rivoluzionari e le rivoluzionarie a sostenere Kobanê.
Ezgi si definiva una “figlia di Gezi” – in riferimento alla rivolta di Gezi Park.
“Tutti i figli e le figlie di Gezi hanno bisogno di venire a Kobanê, perché lì è in atto una rivoluzione. Tutti hanno bisogno di sostenerla, soprattutto le donne. Chiamiamo tutte le donne, tutti i/le figli/e di Gezi, tutti coloro che resistono, tutti i/le rivoluzionari/e, i socialisti, tutti quanti ad essere solidali con Kobanê”.

Rûheyv Agirî, del Movimento delle giovani donne del Rojava, ha osservato che l’attentato di Suruç è coinciso con il terzo anniversario della rivoluzione in Rojava. “Il sistema repressivo vuole affogare i giovani in politiche sporche”, ha detto Rûheyv, mentre Berçem Roni, direttrice dell’Unione della Gioventù del Rojava, ha fatto appello alla gioventù di tutto il mondo affinché non riconosca mai più le frontiere.

Intanto le attiviste di Iniziativa delle Donne per la Pace hanno indetto per domani ad Istanbul una manifestazione rumorosa contro la guerra, le politiche bellicose dell’AKP [il partito di Erdogan, al potere in Turchia], il linguaggio guerrafondaio dei media, l’interruzione del processo di pace in Turchia, e per protestare contro le tante stragi che hanno avuto luogo in Turchia negli ultimi anni – da Reyhanlı a Diyarbakır a Suruç.
Le donne si riuniranno al molo di Istanbul, nel quartiere Eminönü, giovedì 23 luglio, alle 19.

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“Non possiamo fare appello ai tiranni”

Come è avvenuto il massacro Suruç, e perché?
di Amed Dicle

I/le giovani che sono morti o sono rimasti feriti a Suruç avevano un unico scopo: andare a Kobanê e unirsi alla ricostruzione della città. I/le partecipanti alla Federazione delle Associazioni della Gioventù Socialista (SGDF) avevano emesso un comunicato stampa prima di andare a Suruç. Da un mese era noto che questi giovani si preparavano a partire.

I residenti di Suruç, i giovani e i rappresentanti delle organizzazioni non governative avevano salutato i giovani a Suruç. Si erano incontrati con il governatore distrettuale e gli avevano detto che volevano attraversare il confine per andare a Kobanê. Il governatore distrettuale li ha fatti aspettare dicendo che solo alcuni/e di loro potevano attraversare il confine, e non l’intero gruppo.

Il sanguinoso attacco a Suruç è avvenuto dopo che i/le giovani avevano rilasciato una dichiarazione alla stampa nel Centro Culturale Amara, in risposta al diniego del governatore distrettuale.

Dovremmo porre le seguenti domande sull’attacco:

1- La polizia perquisiva i giovani che si stavano dirigendo al centro culturale Amara. Il posto di blocco della polizia era a 200 metri dall’Amara, e la polizia avrebbe potuto farlo più vicino al centro culturale. La polizia ha fatto il posto di blocco a 200 metri dall’Amara in modo da non farsi male con l’esplosione?

2- Come ha fatto il kamikaze di ISIS ad entrare nel centro culturale in una zona in cui la polizia perquisiva ogni notebook, ogni macchina fotografica e perfino ogni matita dei/delle giovani massacrati? Continua a leggere

Strage di Suruc: presidi di solidarietà

“Abbiamo difeso Kobane insieme, la ricostruiremo insieme”, questo il nome della campagna per la ricostruzione di Kobane che animava le giovani vite distrutte ieri mattina – 32 morti e oltre 100 feriti – da un attacco suicida nel centro culturale curdo Amara di Suruc, nel Kudistan turco, attivissimo nel sostegno ai profughi.

Un attacco pianificato a tavolino, visto che alla stessa ora un veicolo imbottito di esplosivo cercava di buttarsi contro un checkpoint delle YPG a Kobane. E proprio a Kobane stavano dirigendosi quelle centinaia di giovani turchi/e e curdi/e, per costruire una biblioteca e un parco giochi e ripiantumare un bosco.

Più voci denunciano le responsabilità del governo turco nel massacro di giovani donne e uomini della Socialist Youth Associations Federation (SGDF), dell’HDP (People’s Democratic Party), dell’ESP (Socialist Party of the Oppressed) della BEKSAV (Science Education Artistic Culture and Arts Research Foundation) e di Anarchist Activity, che avevano appena ascoltato le testimonianze dei familiari di Suphi Şoreş, comandante delle BÖG (United Forces of Freedom), e di Leyla Doğan, combattente delle YPJ, entrambi morti combattendo contro ISIS a Serekaniye e a Kobane.

Ieri sera la polizia turca ha caricato violentemente con idranti e lacrimogeni le/i manifestanti che ad Istanbul gridavano “Erdogan assassino”, “Erdogan collaboratore” e “Vendetta per il PKK”.

Per oggi, nel Kurdistan del Nord è stata dichiarata una giornata di lutto.

Per approfondimenti rimandiamo direttamente a Firat News e Uiki Onlus, in continuo aggiornamento, mentre i presidi di solidarietà vengono man mano annunciati da Uiki.

Al momento possiamo segnalare:
martedì 21 luglio
TORINO: ore 17 – p.zza Castello
MODENA: ore 18 – largo Garibaldi (Teatro Storchi)
ROMA: ore 19 – p.zza dellla Repubblica
PARMA: ore 21 – p.zza Ss. Annunziata (attenzione: ci comunicano che è stato spostato in piazza della Pace)

mercoledì 22 luglio
CAGLIARI: dalle 10 alle 13 – Piazza Palazzo (di fronte alla Prefettura)
MILANO: dalle 16 in poi – piazza Duomo