Ancora armi chimiche. E non solo…

Benché i media italiani non facciano, oggi, il minimo accenno all’uso di armi chimiche da parte di ISIS ad Heseke e dintorni, sui giornali internazionali la notizia ha un notevole rilievo.
Per altro, già un anno fa ISIS aveva utilizzato armi chimiche nell’attacco a Kobane; ne aveva parlato Nena News sottolinenando come si trattasse di un “bottino della presa di Muthanna, base militare irachena, a ovest di Baghdad, occupata dall’Isis già a giugno scorso. All’interno, aveva fatto sapere l’esercito iracheno alle Nazioni Unite, si trovavano anche armi chimiche, circa 2.500 missili. All’epoca la Casa Bianca aveva minimizzato: si tratta di armi vecchie, risalenti agli anni ’80, ormai inutilizzabili perché corrose. A dirlo erano stati i soldati di stanza tra il 2004 e il 2010 in Iraq, aveva fatto sapere a giugno Washington.
Eppure quelle armi sono state utilizzate e si sono dimostrate macabramente efficaci. Ma di chi sono queste armi? Come sono finite nei magazzini di Saddam Hussein? Di fabbricazione statunitense, assemblate in Europa, erano state vendute al leader iracheno da Belgio, Francia e Italia negli anni Ottanta, ovvero durante la lunga guerra tra Iraq e Iran. L’Occidente rifornì Saddam di armi che vennero usate contro i curdi poco tempo dopo”.

Attualmente, almeno stando alle notizie che circolano, si tratterebbe di granate “fatte in casa”, piene di sostanze tossiche utilizzate in ambito industriale e agricolo che devono, però, ancora essere individuate con precisione (pare si tratti di cloro, ma non solo). Quello che è certo è che ISIS è già preparata ed equipaggiata per attacchi con armi chimiche, come ha dichiarato il Comando generale delle Unità di difesa del popolo (YPG).

Tra i gas di ISIS, le dighe e gli incendi dell’esercito turco che distruggono l’ambiente naturale e le coltivazioni del Kurdistan per impiantarvi postazioni militari, gli attacchi dei pasdaran iraniani, la resistenza continua….

Sorelle yezide in armi

Vendute come schiave sessuali in Siria o in altri paesi arabi oppure, se profughe, da mesi massacrate di manganellate dai militari turchi alla frontiera con la Bulgaria, un confine che vorrebbero attraversare per cercare – probabilmente senza alcuna speranza – asilo politico in Europa…

Ma sappiamo anche che un numero crescente di donne yezide – spesso molto giovani – ha scelto di unirsi alla resistenza, entrando a far parte delle YPJ, a volte incoraggiate dalle loro stesse madri, come già un anno fa spiegavano due sorelle del villaggio di Ginsor entrate a far parte delle Unità di (auto)difesa delle donne.

Esemplare la vicenda di queste altre tre sorelle della città di Sinjar (chiamata anche Shengal o Shingal), intervistate da Firat News.

 

Tre sorelle nelle fila delle YPJ-Shengal

IMG_8213Continua la partecipazione alle forze di difesa di Shengal, unità prevalentemente composte da yezidi che si sono formate dopo l’occupazione ISIS di Shengal il 3 agosto 2014.

Tre sorelle che hanno aderito alle YPJ-Shengal dopo l’occupazione della città hanno invitato i/le giovani di Shengal ad unirsi alla resistenza contro le bande di ISIS. La partecipazione di tre sorelle alle YPJ-Shengal ha colpito tutti.

Dersim Shengal Kawa, una delle tre sorelle che hanno parlato con ANF, ha detto che sono diventate compagne dopo essersi unite alle forze YPJ-Shengal. Continua a leggere

“La rivoluzione del Rojava è una rivoluzione delle donne…”

Daesh [ISIS] è un nemico delle donne, anche il significato dell’aggressione a Kobane è che Daesh è nemico delle donne, perché la rivoluzione del Rojava è una rivoluzione delle donne. Per questo continua ad attaccare Kobane.

Queste le parole con cui Nessrin Abdalla, comandante delle YPJ, si è rivolta alla platea bolognese nel suo recente viaggio in alcune città italiane.

Un’affermazione che diventa più chiara se pensiamo al processo messo in piedi contro una studente turca di medicina, volontaria a Kobane, accusata dallo Stato turco di terrorismo per aver aiutato la popolazione kurda contro ISIS. D’altra parte la stessa Turchia – che continua con le sue manovre militari al confine e ogni giorno massacra e arresta donne e uomini della comunità kurda, e tortura ragazzini – vorrebbe condannare a migliaia di anni di galera chi ha manifestato la propria solidarietà a Kobane lo scorso autunno.

Cosa sia accaduto a Kobane nell’ultima offensiva di ISIS ce lo dice non solo il conto dei morti (oltre 200; soprattutto donne e bambini, guarda caso!), ma anche l’accorata e sincera riflessione di una combattente delle YPJ, intervenuta fra le prime dopo l’inizio dell’attacco alla popolazione civile.

In questo quadro, suona ancora più infame la propaganda turca, che sta cercando di far passare l’idea che le YPG/YPJ stiano mettendo in atto una sorta di pulizia etnica (da che pulpito!), appoggiata in questo perfino da alcuni media – in teoria – non mainstream, anche italiani, quale Radio Popolare, malgrado da settimane circolino comunicati delle/dei combattenti di segno opposto. In particolare, qui potete sentire un servizio del radiogiornale di Popolare Network del 28 giugno scorso, dove vengono riportate – malgrado l’uso sovrabbondante del condizionale – delle testimonianze secondo le quali la resistenza kurda avrebbe utilizzato metodi simili a quelli di ISIS (violenze contro le donne comprese!) nella liberazione di Girê Spî (Tel Abyad). Il tutto, ovviamente, senza il minimo accenno critico agli interessi turchi in questa propaganda e al ruolo della Turchia nell’ultima offensiva di ISIS a Kobane.

Ogni commento è superfluo….

Per chi volesse farsi un’idea propria e non addomesticata, segnaliamo questa aggiornatissima rassegna stampa.

Aggiornamenti dal Rojava

La giornata di ieri ci ha tenute col fiato sospeso, dopo l’incursione notturna di alcune decine di fondamentalisti dell’ISIS a Kobane, travestiti con altre uniformi (1 e 2) e con le barbe rasate.

Cerchiamo di fare una sintesi della situazione, al di là della miseria informativa dei media nostrani.

Oltre cento civili sarebbero stati uccisi dai militari del “Califfato” a Kobane e nei villaggi circostanti, ma le/i combattenti di YPG/YPJ avrebbero di nuovo sotto controllo la situazione e i combattimenti sarebbero circoscritti ai due edifici ancora occupati da ISIS, mentre 80 civili presi in ostaggio dalle bande di fondamentalisti nel centro città sarebbero stati liberati.

Nel “cuore del Califfato”, cioè a Raqqa, sarebbe in corso da ieri una pulizia etnica contro la popolazione curda, a cui erano state date 72 per lasciare la città, mentre nella provincia di Al-Baraka, sotto controllo dell’ISIS, ragazze yezide costrette alla schiavitù sessuale sarebbero state messe in palio come premi per una gara di memorizzazione del Corano in occasione del Ramadan. Continua a leggere

Fino alla vittoria!

Biharin-630x325La comandante del fronte orientale delle YPJ (Unità di difesa delle donne), Biharin Kendal, alcuni giorni fa aveva detto che le YPJ/YPG avrebbero presto preso il controllo della porta di frontiera di Girê Spî-Tel Abyad (Rojava-Siria) / Akcakale (Turchia) – corridoio di transito dei volontari di ISIS e delle loro armi dalla Turchia verso il quartier generale dei fondamentalisti a Raqqa.

E così è stato: Girê Spî (Tel Abyad, in arabo) è stata liberata.

Biharin Kendal, rilevando le complicità dello stato turco con le bande fondamentaliste dello Stato Islamico che da due anni occupavano Girê Spî e i villaggi circostanti, aveva spiegato:
La liberazione di Tel Abyad, che è un’importante roccaforte di ISIS e interrompe il collegamento tra i cantoni di Kobanê e di Cizîrê, e l’unione dei cantoni impediranno ai gruppi di ISIS di lanciare i loro attacchi da questa regione su entrambi i cantoni. Inoltre, l’occupazione di ISIS in corso a Tel Abyad porta un serio embargo e l’accerchiamento del cantone Kobanê. In considerazione di tutti questi punti, la liberazione di Tel Abyad è di cruciale importanza sia per gli arabi che vivono nella regione, che per le popolazioni che vivono nel cantone di Kobanê e Cizîrê. […] Come abbiamo visto di persona e anche all’inizio attraverso la stampa, lo Stato turco sta fornendo a ISIS ogni tipo si supporto. Se  lo stato turco aiuterà ancora i gruppi di ISIS attraverso il valico di frontiera di Akçakale, dovrà sicuramente renderne conto. Lo stato turco ha dato tutto il sostegno possibile alle bande quando hanno attaccato Kobanê. Questo è stato dimenticato. Continua a leggere

Madri del sabato: la stessa tenacia per 20 anni

Da ReteKurdistan

La lotta delle famiglie e degli scomparsi e dei difensori dei diritti umani degli scomparsi  prosegue in Turchia sin dal 1995. Le Madri del sabato, che si ritrovano ogni sabato a piazza Galatasaray a Beyoglu Istanbul, si riuniranno questo fine settimana per la 530esima volta.

La lotta per gli scomparsi in Turchia è iniziata con la richiesta di ritrovamento del rivoluzionario comunista Hasan Ocak. Mentre le persone scomparse e gli omicidi irrisolti sono sempre stati all’ordine del giorno in Turchia sin dagli anni ’70, non è stato possibile organizzare una lotta sistematica contro questa politica di stato fino al 1995. Continua a leggere

Il Kurdistan nel ciclone del Medio Oriente

Leandro Albani                                                                                                                       da Resumen Latinoamericano, 1 maggio 2015

Come si riconfigura il Medio Oriente dopo la rivoluzione in Rojava, regione nel nord della Siria abitata da curdi e altre etnie? Come si muovono le pedine in uno scacchiere instabile e in mutazione permanente come è la mezzaluna fertile? E quali poteri influiscono su questa zona che non sembra avere mai pace e che mette in scacco la stabilità mondiale?

Questi sono alcuni interrogativi che Resumen Latinoamericano ha proposto a Nazanim Armanian, analista di origine iraniana che vive in Spagna dal 1983.

Gli articoli di Armanian – docente di Relazioni internazionali, laureata in Scienze Politiche e docente presso l’Università di Barcellona – studiano attentamente i conflitti in Medio Oriente, tema che l’ha portata a pubblicare 15 libri, tra i quali “Los kurdos y un país inexistente”, “Irán: la revolución constante”, “El Islam sin velo” e “Irak, Afganistán e Irán. 40 respuestas al conflicto en Oriente Próximo”. Continua a leggere

“Seguirò sempre il mio sogno”: la gioia delle donne che fa paura al potere

La gioia e la creatività delle donne curde (e non solo!) fa molta paura. Lo dimostrano l’incarcerazione di Nudem Durak – che canta e insegna canzoni popolari curde ai bambini in Turchia – e quella delle donne che hanno danzato a Bursa nel 2013, così come il fermo della donna che ha fatto il segno della vittoria mentre passava il convoglio del presidente turco.

E intanto è cominciata la biciclettata del gruppo Eko Jîn, che documenterà con immagini la distruzione dell’ambiente in Kurdistan causata dall’estrazione di materie prime.

Newroz 2015 in Italia e in Kurdistan

Il bollettino dell’Ufficio d’Informazione del Kurdistan in Italia sul Newroz 2015

Mentre le celebrazioni del Newroz si susseguono nelle varie città in Kurdistan, con la tradizionale accensione dei fuochi, le delegazioni partite dall’Italia continuano a inviare informazioni sullo svolgimento dei festeggiamenti, sugli incontri con i rappresentanti politici e la popolazione, e in particolare sui cambiamenti e sul significato che questo Newroz rappresenta rispetto anche agli anni passati, quando più forte è stata la repressione, segno di quanta speranza il popolo curdo nutra oggi nella pace e nella libertà, anche dopo aver mostrato al mondo la storica resistenza di Kobane che ha cacciato ISIS dalla città. Diffonderemo tutti gli aggiornamenti e i report tempestivamente.

Continua a leggere il bollettino…


Minacce e attacchi alle celebrazioni del Newroz

Almeno 35 persone sono morte e 70 sono rimaste ferite nei multipli attacchi alle celebrazioni del Newroz (nuovo anno curdo) nella città nel cantone di Cezire di Hasake, nel Rojava-Kurdistan occidentale (Siria settentrionale). Continua a leggere

20 marzo 2015: Oggi un po’ a sorpresa la notizia della cancellazione delle feste previste per il Newroz in tutto il cantone di Cezire.[…] Le bande di ISIS hanno minacciato attacchi e si teme che nei grandi assembramenti possano infiltrarsi e fare stragi tra la gente che fa festa. Continua a leggere

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asia-abdullah-1-599x275Incontro con Asya Abdullah 

Il video dell’incontro dell’incontro della delegazione italiana in visita a Diyarbakir per il Newroz 2015 con Asya Abdullah co-presidente del Partito dell’unione democratica PYD.

 


Il Mesaggio di Abdullah Ocalan al Newroz 2015

A TUTTO IL NOSTRO POPOLO

Saluto il nuovo giorno [Newroz] di tutto il nostro popolo e degli amici schierati con la pace, l’uguaglianza, la libertà e la democrazia. La crisi causata dalle politiche neoliberiste imposte a tutto il mondo dal capitalismo imperialista e dai suoi dispotici collaboratori locali porta effetti sulla nostra regione e sul nostro paese. In questo contesto di crisi, le diversità etniche e religiose del nostro popolo e le nostre culture vengono cancellate da guerre identitarie brutali e senza senso. I nostri valori, storici e moderni, della nostra coscienza e politici, non possono essere messi a tacere, né cedere alla rassegnazione di fronte a questo panorama politico. Al contrario è nostra responsabilità religiosa, politica e morale dispiegare un intervento urgente. La nostra lotta per la democrazia, la libertà, la fratellanza e una pace dignitosa per il nostro popolo attraversa ora una fase storica. Continua a leggere

In nome della “sicurezza”

Mentre in Italia il nuovo decreto “antiterrorismo” restringe ulteriormente le libertà individuali, intensifica la militarizzazione dei territori (da 3.000 a 4.800 militari) cominciata con il decreto “strade sicure” – sottraendo circa 15mila euro euro destinati in precedenza ai richiedenti asilo – e proroga la presenza dei contingenti militari italiani dai Balcani, all’Africa e all’Asia, in Turchia va profilandosi un vero e proprio stato di polizia, come si può leggere nell’intervento della parlamentare di origine curda Pervin Buldan che riportiamo qui sotto.

La “sicurezza” è la solita parola magica che gli Stati usano per restringere, fino ad annullarli, gli spazi di agibilità e le libertà personali.

È assai difficile vedere la differenza fra questi Stati e lo stesso IS che in un testo propagandistico scritto in italiano affermerebbe che “grazie all’applicazione della Sharia e delle punizioni regolate dal Libro di Allah si è instaurata” una “reale sicurezza”…

Pervin Buldan sottolinea anche come il giro di vite repressivo in Turchia “porterà a maltrattamenti, stupri e violenza contro le donne attraverso l’aumento del potere delle forze di sicurezza nelle strade”. Anche qui, ne siamo certe! Continua a leggere