Contro il colonialismo, contro il suprematismo

Lo stato turco continua la sua opera di distruzione e, dopo i cimiteri dei martiri, ha cominciato a radere al suolo anche le scuole dove si insegna in lingua kurda.

Ma la popolazione kurda non si fa intimorire e, malgrado i massacri e le devastazioni, a Cizre si sono costituite 140 comuni locali per portare avanti l’autogoverno e rispondere alle necessità della popolazione “senza bisogno di alcuna istituzione dello stato”, a partire da istruzione e sanità.

Il Comitato per l’istruzione del KCK (Unione delle comunità del Kurdistan) ha chiamato l’intera popolazione a boicottare le scuole turche, per opporsi al colonialismo e al genocidio culturale – quella “sintesi di politiche e pratiche di assimilazione, genocidio, saccheggio, negazione e annientamento che è iniziata con l’Impero Ottomano e prosegue, oggi, con la repubblica turca”.

E intanto la Federazione democratica europea alevita, in un comunicato, ha invitato tutti e tutte a “stare insieme con una sola voce, un solo cuore e spalla a spalla contro questa persecuzione” e a continuare la resistenza “contro la crudeltà dell’AKP e del Palazzo con lo spirito di Hüseyin, Kobanê, Shengal, Varto e Cizre”.

Sul suprematismo di quelli che noi chiamiamo i ‘turisti delle rivoluzioni’ ha preso parola Dilar Dirik, con un breve ma efficace intervento sulla sua pagina facebook, che molto volentieri abbiamo tradotto e pubblichiamo. Continua a leggere

La furia di Erdogan contro i vivi e contro i morti

CPFt7kaWgAAUmEo A poche ora dalla comunicazione ‘confidenziale’ del ministro dell’interno, di cui avevamo già parlato, è cominciata la distruzione dei cimiteri dei martiri a Van e a Varto.

A Erdogan, che stronca decine di vite con cecchini, operazioni speciali e bombardamenti, il ricordo dei martiri fa paura. Dopo aver bloccato i cadaveri dei/delle combattenti alla frontiera, lasciandoli per giorni sotto un sole cocente, ora se la prende anche coi cimiteri dove sono seppelliti i guerriglieri e le guerrigliere.

Distruggere-distruggere-distruggere! Questo è il suo motto.

La furia distruttrice di Erdogan e dei suoi servi è molto simile – troppo simile! – a quella di ISIS. Falciare giovanissime vite e, al contempo, profanare i morti e devastare i gioielli architettonici che raccontano una storia passata e presente, con la violenta tracotanza di chi vorrebbe esser da solo a scrivere il futuro dell’umanità.

“Lo Stato turco deve capire che il popolo è il PKK – il Partito dei lavoratori del Kurdistan – che gli ufficiali turchi hanno detto che vogliono ‘sradicare’. Non ci siamo arresi prima e non ci arrenderemo ora”, rispondono le donne, con una determinazione dalle radici millenarie che nessuno potrà mai estirpare.

Bloccata la carovana per Kobane e il genocidio continua…

kobane Alla Carovana internazionale è stato negato il passaggio alla frontiera per portare gli aiuti umanitari a Kobane, come racconta questo stralcio del report pubblicato su Retekurdistan:

ACCESSO NEGATO AL GATE DI MURSITPINAR – KOBANE
Nel pomeriggio, assieme ad una delegazione locale, ci dirigiamo verso la frontiera, sui furgoni medicinali e apparecchiature sanitarie destinate agli ospedali di Kobane, quaderni e pastelli colorati per le scuole della città. Per varie settimane la municipalità di Suruc ha richiesto al governo centrale di aprire la frontiera per lasciar passare la carovana. I quattro pullman si dirigono verso il confine, sotto lo stretto controllo delle forze di polizia locale. A circa cinquecento metri dal gate incontriamo un posto di blocco: blindati e barricate mobili ci impediscono di proseguire. Decidiamo di tentare una deviazione, ma tutti gli accessi al confine sono sorvegliati. “La Turchia ci ha negato il permesso di passare” ci dicono i compagni curdi. “Il governo minaccia di chiudere la frontiera e di impedire il passaggio ad ogni tipo di merce verso il Rojava.” Il posto di frontiera di Suruc è aperto solo tre giorni a settimana, una nostra forzatura potrebbe comportare un blocco a tempo indeterminato dei rifornimenti verso Kobane. Il ricatto del governo è palese e gioca sulla vita di decine di migliaia di persone lungo il confine. Ripieghiamo nel vicino villaggio di Mesher, un gruppo di case sotto il sole battente, luogo strategico della resistenza, dal punto di vista sia logistico che politico. Le staffette partite dall’Italia hanno fatto spesso base qui. Continua a leggere

“Nessun morto tra la popolazione civile”?!?

Il governo turco nega di aver fatto vittime civili a Cizre, ma….

Soltanto ieri, dopo l’arrivo della carovana a Cizre sotto il fuoco turco, un bambino di 10 anni, Selman Ağar, è stato ucciso da un cecchino che gli ha sparato alla testa; la polizia ha poi sparato contro un ragazzo di 15 anni, Bünyamin İrci, che cercava di passare da un quartiere all’altro. Quando quest’ultimo, ferito, è stato portato dalla popolazione locale vicino all’ospedale, la polizia gli ha di nuovo sparato alla testa, uccidendolo. Continua a leggere

I fascio-nazionalisti turchi contribuiscono al genocidio sostenuti dalla polizia

Schermata 2015-09-09 a 11.54.22 Che gli attacchi dei nazionalisti e fascisti turchi contro la popolazione kurda siano ricorrenti da decenni non è una novità, né è una novità che questi attacchi spesso vedano come complici le forze dell’ordine. Ma da un paio di settimane a questa parte gli attacchi fascisti contro la popolazione kurda in Turchia e contro le sedi del partito filo-kurdo HDP hanno cominciato a crescere esponenzialmente.

A partire dalla notte tra il 23 e il 24 agosto quando, con la collaborazione della polizia, è stato assalita la sede dell’HDP ad Alanya, nel distretto di Antalya.

Il 31 agosto, la casa della famiglia di Figen Şahin, la donna arrestata e torturata dalla polizia di cui abbiamo parlato qui, è stata presa di mira da un vicino all’urlo di “Tua sorella è una terrorista” e “Dobbiamo annientarvi quanto più possibile”.

Con l’inizio di settembre si sono moltiplicati i casi di aggressioni di gruppo contro singole persone. Ibrahim Ch., “colpevole” di aver indossato abiti kurdi, è stato ferocemente picchiato e poi costretto a baciare il busto del dittatore nazionalista Ataturk, mentre il ventunenne Sedat Akbaş è stato accoltellato a morte da un gruppo che lo aveva sentito parlare in kurdo al cellulare.

Schermata 2015-09-09 a 12.05.05 Negli ultimi giorni, i fascio-nazionalisti hanno organizzato, tramite i social network, numerosi attacchi durante i quali sono stati presi di mira in molte città della Turchia la popolazione kurda, interi quartieri, negozi e abitazioni di kurdi e aleviti e diverse sedi dell’HDP. Aggressioni, fiamme e distruzione, il tutto sotto lo sguardo compiacente delle forze dell’ordine. Continua a leggere

Protesta delle prigioniere politiche nel carcere di alta sicurezza di Sincan

Lo sciopero della fame ad oltranza dei prigionieri e delle prigioniere del PKK e del PAJK contro il genocidio poliltico è arrivato al 25mo giorno. E intanto nel carcere di alta sicurezza di Sincan le donne hanno incominciato una protesta contro l’uso crescente delle perquisizioni corporali, come spiega questo articolo che abbiamo tradotto da JINHA.

Le prigioniere protestano nude contro le perquisizioni corporali

Bild-1-AFP Nel carcere femminile turco di Sincan, le donne prigioniere stanno protestando nude dalle loro celle contro l’uso crescente delle perquisizioni corporali.

Resmiye Vatansever, una prigioniera politica del Partito comunista marxista-leninista turco (TKP/ML), ha scritto una lettera di denuncia sulle condizioni nel carcere femminile di Sincan. Resmiye ha descritto il modo in cui i maschi autori di violenza contro le donne sono perseguitati in Turchia, mentre le prigioni vengono trasformate in “centri di molestie e stupri per le donne e le persone lgbti”.

Recentemente – ha scritto Resmiye – i soldati hanno aggiunto le perquisizioni corporali alle perquisizioni tattili di routine a cui i prigionieri e le prigioniere sono sottoposti quando vanno in ospedale e in tribunale. Ha notato che i soldati stavano cercando di fare perquisizioni corporali alle donne in una stanza senza telecamere di sicurezza.

“Noi non accettiamo questo tipo di ricerca e finora abbiamo impedito che accadesse”, ha scritto Resmiye. Ora, le prigioniere politiche del TKP/ML, del PAJK (collegato al PKK) e dell’organizzazione comunista MLKP hanno iniziato a protestare contro le perquisizioni corporali.

Ogni volta che una perquisizione corporale ha luogo nel carcere – ha detto Resmiye – le donne gridano slogan e fanno battiture sulle loro porte. Ogni volta che le prigioniere sono prese dalle loro celle, gridano “no alle perquisizioni corporali” e “la dignità umana sconfiggerà la tortura”, mentre si spogliano fino alla biancheria intima.

Libertà per Shilan! Libertà per Gülay! Libertà per Fréderike! Libertà per tutte!!!

images Incomincia oggi, a Londra, il processo a Shilan Ozcelik, diciottenne in custodia cautelare dal marzo scorso, in base al Terrorism Act del 2006, con l’accusa di aver fatto un viaggio in Siria per lottare contro ISIS e aver tentato di unirsi alle Unità di protezione delle donne del PKK.

Ozcelik e la sua famiglia sostengono che fosse andata in Siria per intervenire come operatrice umanitaria e la comunità kurda in Gran Bretagna ha definito questo processo come un “esempio lampante di criminalizzazione selettiva e politica”.

In ogni caso, per noi il dato di fatto effettivo è che combattere contro ISIS in Europa è considerato un reato.

770x500cc-gulay-adile-ertunc2-700x325 I paesi europei, d’altra parte, quando si parla di PKK vanno amorevolmente a braccetto con la Turchia dove, a fine agosto, è stata arrestata Gülay Adile Ertunç, attivista e politica kurda, accusata di sostenere una organizzazione “illegale” per aver raccolto aiuti per i bambini colpiti dalla guerra. Le accuse contro di lei citano il suo ruolo nella costituzione, nel 2012, di un gruppo di solidarietà che ha portato i bambini della città di Van, colpiti dal terremoto del 2011, in viaggio verso il Mar Egeo per aiutarli a superare il trauma. Nel 2015 Gülay ha organizzato progetti di solidarietà per i bambini colpiti dalla guerra a Kobanê. Continua a leggere

Continua la guerra contro le donne di ISIS&AKP

2a32f1ddcb094945a52ca6130b757121 Trecento donne non iraqene sono state spostate a Mosul dal gruppo Takfiri di ISIS, per essere costrette alla schiavitù sessuale.
Al 16 dicembre scorso, nella sola provincia iraqena di al-Anbar, risultavano esser state assassinate almeno 150 donne, di cui alcune in stato di gravidanza, che si erano rifiutate di “sposare” i mercenari di ISIS. I loro corpi sono, poi, stati seppelliti in fosse comuni a Falluja.
Hana Nawafili, portavoce dell’Osservatorio iracheno per la Difesa delle donne maltrattate, ha detto che il 18 luglio scorso ISIS ha violentato e poi ucciso sette donne residenti a Fallujah.

Al confine turco con la Siria, dove già si contano nove morti e 114 persone torturate nell’arco di un anno, i militari turchi hanno violentato una giovane donna palestinese ed hanno torturato suo padre e suo fratello, mentre cercavano di scappare dalla guerra.

770x500cc-2015-9-3-HLB-DAXYANI-SER-GIRTINA-JINAN-RIYA-HELE-mansert Ad Aleppo, in Siria, i fondamentalisti di al Nusra hanno rapito donne e bambini.
In risposta a questo sequestro, le donne di Aleppo – che già si erano organizzate per l’autodifesahanno bloccato la strada che da Aleppo porta ad Efrîn, denunciando l’accaduto. Continua a leggere

Sulla pelle delle donne

Da ieri circola su alcuni giornali la notizia di una lettera aperta, sottoscritta da una ventina di yezidi, tra cui un capo religioso ed un parlamentare, che fa accapponare la pelle.
In sostanza, viene messo in dubbio che un facoltoso uomo d’affari, Steve Maman, residente in Canada e definito lo “Schindler ebreo”, abbia veramente utilizzato le centinaia di migliaia di dollari raccolti – 580.000 dall’inizio di luglio – per “ricomperare” donne e bambini yezidi, e che non si tratti, invece, di un modo truffaldino per finanziare i jihadisti di ISIS.
Lo stesso Maman avrebbe “insinuato o rivelato (…) di avere trattative dirette con ISIS”, è scritto nella lettera, e delle donne che dichiara di aver liberato non c’è traccia. Invece l’organizzazione di Steve Maman (CYCI – Liberazione dei bambini cristiani e yezidi in Iraq) dichiara nel proprio sito web di avere “da sola contribuito a salvare oltre 120 donne e bambini cristiani e yezidi dai territori controllati da ISIS in Iraq”.
Per altro, non tornerebbero nemmeno i conti: “Maman ha scritto che per 80.000 euro aveva comprato la libertà di 120 donne. Ma non torna con i prezzi attuali. Una donna costa tra i 10.000 e i 30.000 dollari. I bambini meno, forse 5.000 dollari. Anche se avesse pagato soltanto 5.000 dollari per ognuno/a di loro, il totale sarebbe comunque molto più alto”.
I firmatari spiegano che generalmente le famiglie delle donne rapite si indebitano con amici e parenti per pagare questi riscatti, in parte, poi, rimborsati dall’ufficio speciale del governo a Duhok.
La lettera invita Maman a sospendere la raccolta di donazioni attraverso GoFundMe fino a che non dimostra quello che la sua organizzazione ha fatto davvero, e a fornire entro breve tempo “le prove riguardanti le loro presunte attività di soccorso, tra cui le informazioni di contatto delle famiglie o degli individui/e che sostiene di aver salvato, alle autorità competenti: i membri del Supremo consiglio religioso degli yezidi e i rappresentanti chiave yezidi nel parlamento kurdo o iracheno”.
Khidher Domle, giornalista kurdo e attivista nonché uno dei firmatari della lettera, ha detto: “Ci troviamo in questa immane tragedia, e ora qualcuno si mostra come eroe sulle spalle del nostro popolo”. Continua a leggere

I numeri della guerra

Schermata 2015-08-30 a 13.22.00 Mentre si comincia a parlare di stato d’eccezione e di ritorno – anche se non apertamente dichiarato – alla legge marziale, un’organizzazione umanitaria ha pubblicato un “bilancio di guerra” del periodo tra il 21 luglio e il 28 agosto, cioè dall’orrenda strage di Suruç, i cui morti e feriti non rientrano in questo report. Questi sono i dati del massacro in corso (che non tiene conto dell’adolescente e dei tre giovani uccisi tra la scorsa notte e stamattina):

– 2.544 persone sono state arrestate – 136 accusate di appartenere a ISIS, 22 a strutture parallele e il resto al KCK/PKK e ad altre organizzazioni di sinistra – di cui 338 trattenute in custodia cautelare e, fra loro, 10 bambini. Quasi tutte le persone detenute hanno subito torture e maltrattamenti; 198 sono state arrestate mentre erano gravemente ferite

– 130 persone, tra cui 12 bambini/e, sono state ferite in attacchi contro incontri e manifestazioni di massa e durante gli attacchi contro la guerriglia. Le cifre sono, probabilmente, inferiori alla realtà perché non tengono conto di chi non ha potuto essere ricoverato in ospedale

– 47 civili e 38 guerriglieri/e dell’HPG sono stati uccisi dagli attacchi dello stato turco Continua a leggere