L’appello di Ezgi non rimarrà inascoltato!

770x500cc-ist-20-07-2015-sgdf-kobane-ezgi-manset“Andremo in questo luogo, dove c’è stata la rivoluzione delle donne, e lo ricostruiremo”. Poco prima di essere uccisa nell’attentato di Suruç l’attivista Ezgi Sadet, 20 anni, aveva invitato tutti i rivoluzionari e le rivoluzionarie a sostenere Kobanê.
Ezgi si definiva una “figlia di Gezi” – in riferimento alla rivolta di Gezi Park.
“Tutti i figli e le figlie di Gezi hanno bisogno di venire a Kobanê, perché lì è in atto una rivoluzione. Tutti hanno bisogno di sostenerla, soprattutto le donne. Chiamiamo tutte le donne, tutti i/le figli/e di Gezi, tutti coloro che resistono, tutti i/le rivoluzionari/e, i socialisti, tutti quanti ad essere solidali con Kobanê”.

Rûheyv Agirî, del Movimento delle giovani donne del Rojava, ha osservato che l’attentato di Suruç è coinciso con il terzo anniversario della rivoluzione in Rojava. “Il sistema repressivo vuole affogare i giovani in politiche sporche”, ha detto Rûheyv, mentre Berçem Roni, direttrice dell’Unione della Gioventù del Rojava, ha fatto appello alla gioventù di tutto il mondo affinché non riconosca mai più le frontiere.

Intanto le attiviste di Iniziativa delle Donne per la Pace hanno indetto per domani ad Istanbul una manifestazione rumorosa contro la guerra, le politiche bellicose dell’AKP [il partito di Erdogan, al potere in Turchia], il linguaggio guerrafondaio dei media, l’interruzione del processo di pace in Turchia, e per protestare contro le tante stragi che hanno avuto luogo in Turchia negli ultimi anni – da Reyhanlı a Diyarbakır a Suruç.
Le donne si riuniranno al molo di Istanbul, nel quartiere Eminönü, giovedì 23 luglio, alle 19.

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19 luglio 2012 – 19 luglio 2015

Oggi è il terzo anniversario della rivoluzione in Rojava e ci piace ricordarlo pubblicando la testimonianza di una giovane donna araba entrata nelle YPJ.

Una vita cambiata dalle YPJ

Ebir Kemal Khelef pensava che la sua vita fosse finita quando ha saputo che a 15 annisarebbe stata data in sposa. Poi ha trovato le YPJ. “La vita che ho perso nella mia infanzia, ho cominciato a ritrovarla nelle fila delle YPJ”, ha detto Ebir, una combattente delle YPJ. Ebir, che viene dalla tribù araba Begara di Heseke, ha perso entrambi i genitori da bambina. Quando ha compiuto 15 anni, lo zio aveva programmato di farla sposare.
Erano gli anni in cui nelle strade di Heseke si cominciavano a vedere le donne combattenti armate di fucili. Ebir aveva saputo che erano membri delle Unità di difesa della regione autonoma del Rojava, in Siria, che avevano una presenza ad Heseke. All’epoca Ebir ha pensato: “Se avessi un fucile, nessuno potrebbe costringermi a sposarmi”.
770x500cc-hsk-Ebir-Kemal-Xelef-1Ebir ha cominciato a chiedere alle amiche kurde del suo quartiere informazioni sulle combattenti kurde che vedeva per strada ed è venuta a sapere delle YPJ. Ciò le ha fatto sorgere delle domande.
Per tre anni, Ebir ha resistito agli sforzi dello zio per costringerla a sposarsi. Quando ha compiuto 18 anni, è scappata di casa e si è diretta verso un checkpoint delle YPJ. Lì, le combattenti le hanno chiesto perché fosse fuggita da casa. “Ho detto loro quello che avevo vissuto. Mi hanno consigliato la formazione e ho accettato”, ha detto Ebir. Continua a leggere

La rivoluzione delle donne in Rojava. Sconfiggere il fascismo costruendo una società alternativa

Dal sito di Nicoletta Poidimani riprendiamo la traduzione di un intervento di Dilar Dirik che ci risuona profondamente.

La rivoluzione delle donne in Rojava. Sconfiggere il fascismo costruendo una società alternativa
di Dilar Dirik

Questo brano è un capitolo del libro di Strangers in a Tangled Wilderness (a cura di), A Small Key Can Open A Large Door: The Rojava Revolution, 2015, Combustion Books.

La resistenza a Kobanê contro lo Stato islamico ha aperto gli occhi al mondo sulla causa delle donne kurde. Com’è tipico della miopia dei media, anziché considerare le implicazioni radicali delle donne che prendono le armi in una società patriarcale – soprattutto contro un gruppo che sistematicamente stupra e vende le donne come schiave sessuali – anche le riviste di moda oggi si appropriano della lotta delle donne kurde per i loro scopi sensazionalistici. I reporters spesso scelgono le combattenti più “attraenti” per le interviste e le esotizzano come amazzoni “cazzute”. La verità è che la mia generazione è cresciuta considerando le donne combattenti come un elemento naturale della nostra identità; non importa quanto sia affascinante – da un punto di vista orientalista – scoprire una rivoluzione delle donne tra i kurdi.
Le Unità di difesa popolare (YPG) e le Unità di difesa delle donne (YPJ) del Rojava (regioni nel nord della Siria a popolazione prevalentemente kurda) stanno combattendo il cosiddetto Stato islamico da due anni e attualmente conducono una resistenza epica nella città di Kobanê. Si stima che il 35% – circa 15.000 combattenti – sono donne. Fondate nel 2013 come esercito autonomo delle donne, le YPJ portano avanti operazioni e corsi di formazione indipendenti. Ci sono diverse centinaia di battaglioni di donne in tutto il Rojava.

Ma quali sono le motivazioni politiche di queste donne? Perché Kobanê non è caduta? La risposta è che una rivoluzione sociale radicale accompagna i loro fucili di autodifesa… Continua a leggere

L’autodifesa radicale delle donne kurde: armata e politica

ypj3_dilardirik.jpg_1703677632La resistenza delle donne curde opera senza gerarchia né dominazione ed è parte della più ampia trasformazione e liberazione della società.
Le potenti istituzioni del mondo operano attraverso la struttura-Stato, che ha il monopolio finale sul processo decisionale, sull’economia, e sull’uso della forza. Al tempo stesso ci viene detto che l’odierna violenza diffusa è la ragione per cui lo Stato ha bisogno di proteggerci contro noi stessi/e. Le comunità che decidono di difendersi contro l’ingiustizia sono criminalizzate. Basta dare uno sguardo alla generica definizione di terrorismo: l’uso della forza da parte di attori non statali per scopi politici. Non importa il terrorismo di Stato. Di conseguenza, le donne, la società e la natura vengono lasciate indifese, non solo fisicamente, ma socialmente, economicamente e politicamente.
Nel frattempo, gli onnipresenti apparati di sicurezza dello Stato – che apertamente portano avanti economie di commercio di armi e traggono benefici dal contrapporre le comunità l’una contro l’altra per le loro sporche guerre – danno l’illusione di proteggere “noi” contro un misterioso “loro”.

Nel corso dell’ultimo anno, il mondo è stato testimone della storica resistenza della città curda chiamata Kobane. Che le donne da una comunità dimenticata siano diventate le più feroci nemiche del gruppo Stato Islamico – la cui ideologia si basa sulla distruzione di tutte le culture, le comunità, le lingue e i colori del Medio Oriente – ha sconvolto i patti convenzionali sull’uso della forza e sulla guerra. Kobane non passerà alla storia della resistenza umana perché gli uomini hanno protetto le donne o uno Stato ha protetto i suoi “soggetti”, ma perché donne e uomini sorridenti hanno trasformato le loro idee e i loro corpi in un’ideologica prima linea contro la quale si sono sgretolati il gruppo Stato Islamico e la sua stupratrice visione del mondo.
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“Noi non combattiamo contro ISIS soltanto col corpo…”

nessrin+abdallaÈ da alcuni giorni in Italia Nessrin Abdalla, 36 anni, comandante delle YPJ. Alcune di noi hanno avuto modo di partecipare ad uno degli incontri che si sono svolti con lei, proprio nei giorni del nuovo e sanguinoso tentativo di offensiva di ISIS a Kobane.

Oltre all’audio del suo intervento, abbiamo pensato di riportare alcuni stralci dalle interviste che sono state registrate. Questi stralci sono selezionati e “montati” in modo da costituire un approfondimento delle tematiche che il nostro blog ha più volte messo in risalto, in particolare per quanto riguarda la condizione delle donne in Rojava e la loro partecipazione al processo rivoluzionario in atto.

Quanto sia incisiva la partecipazione delle donne lo dimostra non solo il fatto che le donne siano presenti e attive su tutti i piani della lotta, dell’organizzazione sociale e della gestione del quotidiano, ma anche il modo in cui si è trasformato il linguaggio. È, infatti, assai consueto trovare nei comunicati ufficiali l’espressione “sorellanza tra i popoli” [sisterhood, nella traduzione inglese dal kurdo] e questo ci sembra un particolare non da poco, dopo secoli di fratellanze e fratriarcati che dell’oppressione delle donne ne hanno fatta la propria cultura e bandiera…

Ascolta l’intervento:

 

Ed ecco gli stralci dalle interviste…. Continua a leggere

Inaugurata a Nusaybin l’accademia per donne intitolata a Sakine Cansiz

sakine cans__z3Apprendiamo con grande piacere da Firat News la notizia dell’inaugurazione dell’accademia per donne Sakine Cansiz.

A chi volesse capire l’essenziale differenza tra l’impostazione patriarcale delle università nostrane e le accademie kurde femministe, consigliamo questa riflessione.

Sfidare la modernità capitalista

Dal 3 al 5 aprile scorsi si è svolta ad Amburgo la seconda edizione della conferenza Sfidare la modernità capitalista, che si è focalizzata in modo particolare sul Confederalismo democratico e sulle sue declinazioni.

Fra gli interventi, tutti pubblicati da Uiki, abbiamo selezionato quelli che ci sembrano più interessanti dal punto di vista del dibattito e delle pratiche femministe.

1. Il femminismo e il movimento di liberazione Kurdo (Dilar Dirik)
2. Relazioni di potere – Stato e famiglia (Nazan Üstündağ)
3. Strade di pensiero colonizzatrici – Suggerimenti per una epistemologia femminista (Muriel Gonzales Athenas)
4. L’ecologia sociale e il mondo non-occidentale (Federico Venturini)
5. Nuovi concetti: Confederalismo democratico, autonomia democratica (Havin Guneser)

Sfidare la modernità Capitalista: il femminismo e il movimento di liberazione kurdo

Da UIKI

Intervento di Dilar Dirik alla Conferenza “Sfidare la Modernità Capitalista II” Amburgo 3-5 Aprile 2015

La Marcia Mondiale delle Donne di quest’anno è partita al confine tra il nord e l’ovest del Kurdistan, la linea artificiale che separa le due città gemelle di Qamislo e Nisêbin. La commissione ha preso questa decisione al fine di rendere omaggio alla resistenza delle donne delle Forze di Difesa YPJ in Kobane contro lo Stato islamico. Questo fatto, tra molti altri esempi, illustra l’improvviso interesse delle femministe di tutto il mondo per il movimento delle donne curde.

In questo periodo cruciale in cui le donne curde hanno contribuito ad una riarticolazione della liberazione delle donne, rifiutando di seguire le premesse dell’ordine globale patriarcale basato sullo stato-nazione, rompendo il tabù della militanza femminile, recuperando il concetto di legittima difesa, dissociandosi dal monopolio del potere da parte dello Stato, e combattendo una forza brutale (non per conto di forze imperialiste, ma al fine di stabilire i propri termini di liberazione, non solo dalle organizzazioni statali o fasciste, ma anche la propria comunità), che cosa può imparare il movimento femminista dall’esperienza delle donne curde?

Naturalmente, non c’è un unico femminismo, ma diversi filoni a volte molto diversi tra loro. Le specifiche caratteristiche dell’esperienza delle donne curde, che ha creato la coscienza vissuta e diretta del fatto che le diverse forme di oppressione sono collegate tra loro, così come la critica del movimento di liberazione curdo del colonialismo e dello stato, forse suggeriscono ai movimenti femministi anarchici e post-coloniali di essere più vicini all’esperienza delle donne curde.
Eppure, pur rivendicando il femminismo come parte importante della società storica e la sua eredità come patrimonio, le discussioni all’interno del movimento delle donne curde oggi mirano a indagare i limiti del femminismo e andare oltre lo stesso. Questo non significa rifiutare il femminismo – entrambi i concetti sono visti come complementari. Andare oltre significa sistematizzare un’alternativa al sistema dominante attraverso una critica sistemica e radicale; significa la communalizazione della lotta, soprattutto politicizzando la base e trasformando o metaforicamente uccidendo il maschile cosi come mettere in discussione l’intero ordine mondiale. Continua a leggere

La storia sconosciuta della lotta delle donne curde

Kara_FatmaLa guerra in Medio Oriente contro lo Stato islamico d’Iraq e di Levante (ISIL) ha attratto l’attenzione del mondo intero sulla regione. L’attenzione si concentra in particolare sulle donne combattenti curde che hanno anche abbellito la copertina di riviste femminili, come Marie Claire.

Questa esplosione di copertura mediatica non è solo sensazionalista, ma sottovaluta anche tutta una storia di donne curde nella loro richiesta di riconoscimento politico e per la loro lotta per l’uguaglianza di genere.

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