“JIN, JÎYAN, AZADΔ: CHE LE DONNE VIVANO IN LIBERTÀ!

Il movimento delle donne kurde assicura l’organizzazione delle donne sulla base della loro propria ideologia, della loro propria politica, della loro propria autodeterminazione.

L’assunzione di tale coscienza, di tale qualità, di tale potere da parte di tutte le donne del mondo è di per se stessa una rivoluzione.

Il pensiero e la pratica delle donne curde nella rivoluzione del Rojava

Da settembre 2014 le Unità di difesa popolare (YPG) e le Unità di difesa delle donne (YPJ) hanno condotto una resistenza epica contro l’ultima ondata di attacchi sferrati dallo “Stato Islamico” nella zona del Kurdistan situata nel nord della Siria, il Rojava, e contro l’assedio al cantone centrale di Kobane. Dopo 135 giorni di assedio, il 31 gennaio 2015 la gente di Kobane ha liberato la città dallo “Stato Islamico”[1].

La rivoluzione del Rojava è stata una lotta di popolo sin dall’inizio. A differenza di altre rivolte non è stata cooptata da chicchessia ed è andata avanti affidandosi alle proprie forze. Infatti nel 2011, sin dall’insurrezione contro il regime di Bashar Assad, i curdi siriani non si sono schierati né con il governo di Assad né con alcuna delle forze dell’opposizione, islamista o laica, ma hanno praticato una “terza via”, organizzandosi non solo attraverso le proprie unità di autodifesa del popolo per la difesa militare del territorio (YPG e YPJ), ma anche con vere e proprie strutture di autogoverno[2].

Il processo di trasformazione sociale e politica che è in atto nel Rojava non ha l’obiettivo di costruire un nuovo stato, ma di creare un sistema alternativo al paradigma globale capitalista e maschilista dello stato-nazione, indivduando i fondamenti teorici e filosofici cui si ispira nella prospettiva del confederalismo democratico, elaborata dalla fine degni anni ‘90 ad oggi da Abdullah Ocalan, uno dei fondatori del Pkk (Partito dei lavoratori curdi). Il confederalismo democratico è basato su parità di genere, ecologia e democrazia dal basso ed è messo in pratica attraverso i consigli popolari[3].

Il protagonismo delle combattenti curde si è indiscutibilmente imposto all’attenzione mediatica dopo le coraggiose imprese riportate dalle YPJ nella resistenza a Kobane. Tuttavia le immagini riportate dai media occidentali sono esclusivamente quelle di belle e giovani donne in armi, con una rappresentazione volta ad alimentare l’immaginario esotico ed erotico della donna orientale ribelle ma che tralascia di affrontare la radicalità delle questioni universali che la lotta delle donne curde pone e omette completamente la narrazione del percorso rivoluzionario che hanno intrapreso. E’ questo percorso che vogliamo raccontare, individuandone i nessi con la nostra pratica femminista e facendo tesoro della loro esperienza. Continue reading