La Turchia intensifica gli attacchi contro i kurdi, mentre ISIS viene sconfitto a Shengal e in Siria…

CTr-OEoUYAAOSPtShengal è stata liberata definitivamente questa mattina presto!
L’agenzia di stampa Firat News ha seguito passo per passo le operazioni dei/delle combattenti del PKK e delle YJA Star, delle YPG/YPJ e delle unità di autodifesa yezide, nonché i gruppi locali che, dalla montagna, si sono armati per unirsi alla liberazione (1, 2, 3, 4).

CTsP1fTW4AACpSgDalle immagini si può vedere che la città è semidistrutta e passerà del tempo prima che la popolazione possa tornare ad abitarvi.
“Come possiamo tornare qui a vivere?” chiede un combattente yezida dopo aver visto che il quartiere in cui abitava è completamente ridotto in macerie.
Prima di tutto va sminata l’intera zona e vanno disattivate tutte le trappole esplosive che ISIS ha lasciato in ogni angolo delle strade e delle case; poi andrà ricostruita la città con la stessa determinazione con cui prosegue la ricostruzione di Kobane.

Intanto Barzani si ostina a ripetere – e con lui gran parte dei media internazionali amici suoi e del suo amico Erdogan – che sono stati i peshmerga da soli a liberare la città.

Come abbiamo già avuto modo di dire, questo stravolgimento della realtà è un prodotto diretto dell’alleanza Erdgan-Barzani, che non ammetterà mai il ruolo avuto dal PKK e dalle YJA Star (di cui faceva parte anche Ekin Van), da oltre un anno a questa parte, nel sostegno concreto alla popolazione yezida, nell’addestramento per la formazione delle forze di autodifesa delle/degli yezidi e, ora, nella liberazione della città dalle bande di fondamentalisti. Continue reading

Tra guerra e rivoluzione

CThh7cKWUAAKYjySilvan, nel distretto di Diarbakir, al nono giorno di coprifuoco è ormai completamente isolata. Gli attacchi delle forze armate turche si susseguono e aumenta il numero dei morti, come si può leggere anche nell’appello alla mobilitazione di UIKI.
Testimoni sostengono che membri di ISIS stiano partecipando ai massacri, al fianco delle forze turche.
Schermata 2015-11-11 a 16.18.11“Resistiamo alle atrocità dello stato e resisteremo fino alla liberazione”, dichiarano le giovani partigiane di Silvan.
Per seguire gli aggiornamenti: ‪#SilvanUnderAttack‬ e ‪#silvan

Non paga, la Turchia continua a minare la frontiera con il Rojava, ad attaccare la zona di Kobane e ad armare i gruppi fondamentalisti.

Schermata 2015-11-11 a 17.17.02Se questo non bastasse, l’alleanza tra Erdogan e il governo di Barzani nel Kurdistan iracheno cerca di dare i suoi frutti, spingendo per escludere i/le combattenti del PKK e delle YPG/YPJ – che combattono al fianco delle unità di autodifesa yezide – dalle operazioni per liberare Shengal dalle bande di ISIS. La popolazione yezida, però, non è affatto d’accordo, anche perché ricorda bene quanto i soldati di Barzani se la siano data a gambe davanti all’avanzata di ISIS nel 2014 e chi, invece, l’abbia aiutata a salvarsi dal massacro.

La vera posta in gioco è, ancora una volta, l’autogoverno, che ora anche la popolazione di Shengal vorrebbe praticare, una volta che la zona sarà liberata dalle bande fondamentaliste. E la liberazione definitiva di Shengal sembra ormai imminente!

Dal 5 novembre scorso, il KCK ha dichiarato la fine del cessate il fuoco unilaterale, visto che la politica di guerra dell’AKP prosegue ininterrottamente.

Segnaliamo il tour di serate informative su La resistenza curda tra guerra e rivoluzione che incomincia stasera.
Per ingrandire la locandina, cliccate sull’immagine. Continue reading

La resistenza continua…

Schermata 2015-11-03 a 17.33.12 Come prevedibile, la Turchia di Erdogan non ha perso nemmeno un minuto e ha subito ripreso – se mai l’avesse interrotta – la sua politica di genocidio in Kurdistan: coprifuoco, ragazzi ammazzati, attacchi in Rojava, bombardamenti nelle zone della guerriglia in Iraq, e via dicendo.

L’Unione delle comunità del Kurdistan (KCK), parlando del “colpo di stato politico” iniziato mesi fa, ha realisticamente detto che “Quello che si riflette come il successo elettorale dell’AKP è di fatto una presa del potere”, e che il partito di Erdogan aumenterà la sua guerra contro il Movimento di liberazione kurdo e le forze democratiche in Turchia. Il KCK ha anche ricordato che il portavoce dell’AKP, Ömer Çelik, subito dopo le elezioni, ha detto che questa guerra è l’unico articolo del programma politico del nuovo governo, mentre tutte le altre questioni serviranno da accessorio complementare a questa politica di guerra.
Il KCK ha ribadito che il Movimento di liberazione kurdo risponderà agli attacchi e alle imposizioni di una guerra contro le forze della guerriglia kurda e la popolazione.

Questo “colpo di stato politico” viene salutato dai governi europei con un “pragmatico sollievo”, spiegava ieri candidamente un quotidiano italiano che, commentando i risultati elettorali in Turchia, titolava: Il sospiro di sollievo dell’Europa.
Per lo meno ha scritto pane al pane. Continue reading

Una settimana intensa: aggiornamenti dal Kurdistan e iniziative

Erdogan – furibondo dopo la dichiarazione di adesione al confederalismo democratico della città di Girê Spî (Tel Abyad) – dice che la Turchia non lascerà che i kurdi “si impadroniscano” del nord della Siria, perché “questo costituisce una minaccia per noi”. E così, dalla scorsa notte l’esercito turco e ISIS hanno iniziato ad attaccare i dintorni di Kobane dopo che, la notte del 24 ottobre, l’esercito aveva cominciato a bombardare ripetutamente con granate le postazioni delle YPG lungo la linea di confine di Girê Spî, tra il Rojava e la Turchia.
D’altronde, come ha spiegato a Firat News un membro di ISIS catturato dalle YPG/YPJ, tanto i colloqui tra ISIS e l’intelligence turca (MIT), quanto la consegna di armi e munizioni da parte dello stato turco a ISIS, avvenivano proprio in quel territorio – al confine tra Tel Abyad e il distretto di Akçakale (provincia di Urfa, Turchia). Inoltre, lì sostavano le ambulanze turche in attesa di portare i membri di ISIS feriti negli ospedali di Urfa e Antep, e da lì passavano i camion carichi di munizioni che, nascoste sotto i rifornimenti di cibo, lo stato turco inviava ad ISIS attraverso il MIT. Sempre secondo la testimonianza del membro di ISIS, la maggior parte di questi camion veniva inviata a nome di un’organizzazione di soccorso chiamata IHH.

Intanto si allunga la lista delle persone ammazzate dalla polizia turca. Ieri sera a Istanbul è morta Dilek Doğan, una giovane donna a cui la polizia aveva sparato durante una perquisizione nella sua casa, lo scorso 18 ottobre. Poche ore dopo, a Silopi è morto un ragazzo di 16 anni, Mustafa Aşlığ, dopo esser stato gravemente ferito alla testa da un proiettile sparato dalla polizia.
Per avere un’idea della ferocia devastatrice dello stato turco e la determinazione della popolazione kurda, invitiamo a vedere il report documentario Le otto giornate di Cizre.

Schermata 2015-10-26 a 17.11.41Mentre si prepara la stretta finale per liberare Shengal (Sinjar) e fare in modo che la popolazione yezida possa rientrare dalla montagna prima dell’arrivo dell’inverno, i/le giovani comunisti del KGÖ chiamano i loro coetanei e le coetanee alla lotta armata: “Rifiutiamo questo ordine e tutte le sue istituzioni”, hanno dichiarato, invitando i/le giovani ad unirsi alla loro lotta contro le persecuzioni, la guerra, il fascismo, il sessismo e la disuguaglianza. Continue reading

Dal Rojava a noi

Pubblichiamo la sbobinatura di un incontro tenutosi nel maggio scorso a Milano con una compagna italiana – che era da poco tornata da un viaggio nel cantone di Cizre (Rojava-Siria) e nei campi profughi autogestiti in Iraq – e una compagna kurda che risiede in Europa da anni.

L’incontro è stato organizzato dal gruppo che gestisce questo blog e l’obiettivo era di approfondire con le due compagne il funzionamento concreto del sistema del confederalismo democratico in atto nel Rojava (Kurdistan Siriano) e capire meglio come le donne, sia della “società civile” che quelle che hanno scelto di entrare nelle Unità di difesa del popolo (YPJ), stiano portando avanti la loro rivoluzione e loro pratica separata e di autodifesa.

L’intento era e rimane quello di prendere ciò che ci risuona di questa lotta e di questa rivoluzione di genere, per poter agire concretamente nella nostra realtà, facendo tesoro sia dell’elaborazione teorica che della pratica.

Clicca qui per leggere il testo e fare il download del file

L’autogestione nei campi profughi kurdi

Innanzitutto esprimiamo piena solidarietà alle compagne dell’agenzia stampa JINHA, al cui sito web lo stato turco ha deciso di bloccare l’accesso. Un divieto a cui le donne di JINHA hanno risposto: “Quando abbiamo cominciato, quattro anni fa, come prima agenzia di stampa delle donne in Turchia, abbiamo detto ‘scriviamo senza preoccuparci di quello che gli uomini potrebbero dire’. Scriviamo anche senza preoccuparci di ciò che potrebbe dire lo Stato maschilista e continueremo a scrivere la verità”.

Qui, di seguito, la nostra traduzione dell’ultimo articolo di Dilar Dirik, pubblicato su Telesur.

Dimentica le Nazioni Unite! Incontra i rifugiati che in Kurdistan si autodeterminano
di Dilar Dirik (7 ottobre 2015)

Senza entrare nei disumanizzanti e brutali dibattiti che dominano la cosiddetta crisi dei rifugiati, andiamo a vedere una storia diversa di rifugiati. Una storia di autonomia, agentività, autodeterminazione e potenziamneto.
Tre campi profughi in Kurdistan illustrano questa alternativa radicale allo status quo.

Il nostro viaggio comincia a Makhmour, a 40 minuti di strada verso sud dalla capitale kurdo-irachena, Erbil.
Ancora oggi, gli abitanti di questo campo profughi definiscono la propria esistenza “un miracolo”. È stato creato negli anni ’90, dopo che l’esercito turco aveva distrutto i villaggi kurdi, costringendo 100.000 persone a sfuggire ai massacri e all’assimilazione forzata.
Lontano dal sistema statunitense di tifoseria di Erbil, decorato coi cartelloni delle società turche, entrando nel campo di Makhmour, protetto dai guerriglieri e dalle guerrigliere del PKK, si sente un’atmosfera completamente diversa: una vita comunitaria. Continue reading

“La nostra lotta non è fatta di teorie o parole, ma di azioni”

La comandante Nujiyan Amed delle Unità delle donne libere (YJA-STAR), ricordando che la difesa delle donne è un dovere delle YJA-STAR, ha richiamato l’attenzione sull’importanza dell’autodifesa per la società e le donne kurde:
tumblr_nus7zonqFv1sx76vio3_540L’autodifesa è essenziale per la popolazione kurda. Abbiamo bisogno di conoscere i principi di autodifesa. Il popolo kurdo da molti anni si deve confrontare con le aggressioni, e di recente hanno cercato di distruggerci con assalti fascisti.
[…] Quando si considera la realtà del Medio Oriente e del mondo, popolo kurdo non può rimanere in vita senza autodifesa.
[…] Siamo stati assaliti, ma non abbiamo mai rinunciato alla lotta.
[…] In un sistema di potere patriarcale, le donne non possono rimanere in vita senza autodifesa.
[…] Lotteremo finché non avremo costruito una società libera. Senza lotta, non possiamo avere un futuro.
[…] Come donne siamo potenti. Dobbiamo mettere insieme la nostra potenza. Una delle forme più importanti della nostra autodifesa è il nostro patriottismo. Dobbiamo dipendere dalla nostra lingua, cultura e geografia: queste sono le armi più efficaci di autodifesa per le donne.
[…] Quando le donne kurde si organizzano, hanno il potere e il potenziale per battere i loro nemici.
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Contro il colonialismo, contro il suprematismo

Lo stato turco continua la sua opera di distruzione e, dopo i cimiteri dei martiri, ha cominciato a radere al suolo anche le scuole dove si insegna in lingua kurda.

Ma la popolazione kurda non si fa intimorire e, malgrado i massacri e le devastazioni, a Cizre si sono costituite 140 comuni locali per portare avanti l’autogoverno e rispondere alle necessità della popolazione “senza bisogno di alcuna istituzione dello stato”, a partire da istruzione e sanità.

Il Comitato per l’istruzione del KCK (Unione delle comunità del Kurdistan) ha chiamato l’intera popolazione a boicottare le scuole turche, per opporsi al colonialismo e al genocidio culturale – quella “sintesi di politiche e pratiche di assimilazione, genocidio, saccheggio, negazione e annientamento che è iniziata con l’Impero Ottomano e prosegue, oggi, con la repubblica turca”.

E intanto la Federazione democratica europea alevita, in un comunicato, ha invitato tutti e tutte a “stare insieme con una sola voce, un solo cuore e spalla a spalla contro questa persecuzione” e a continuare la resistenza “contro la crudeltà dell’AKP e del Palazzo con lo spirito di Hüseyin, Kobanê, Shengal, Varto e Cizre”.

Sul suprematismo di quelli che noi chiamiamo i ‘turisti delle rivoluzioni’ ha preso parola Dilar Dirik, con un breve ma efficace intervento sulla sua pagina facebook, che molto volentieri abbiamo tradotto e pubblichiamo. Continue reading

Protesta delle prigioniere politiche nel carcere di alta sicurezza di Sincan

Lo sciopero della fame ad oltranza dei prigionieri e delle prigioniere del PKK e del PAJK contro il genocidio poliltico è arrivato al 25mo giorno. E intanto nel carcere di alta sicurezza di Sincan le donne hanno incominciato una protesta contro l’uso crescente delle perquisizioni corporali, come spiega questo articolo che abbiamo tradotto da JINHA.

Le prigioniere protestano nude contro le perquisizioni corporali

Bild-1-AFP Nel carcere femminile turco di Sincan, le donne prigioniere stanno protestando nude dalle loro celle contro l’uso crescente delle perquisizioni corporali.

Resmiye Vatansever, una prigioniera politica del Partito comunista marxista-leninista turco (TKP/ML), ha scritto una lettera di denuncia sulle condizioni nel carcere femminile di Sincan. Resmiye ha descritto il modo in cui i maschi autori di violenza contro le donne sono perseguitati in Turchia, mentre le prigioni vengono trasformate in “centri di molestie e stupri per le donne e le persone lgbti”.

Recentemente – ha scritto Resmiye – i soldati hanno aggiunto le perquisizioni corporali alle perquisizioni tattili di routine a cui i prigionieri e le prigioniere sono sottoposti quando vanno in ospedale e in tribunale. Ha notato che i soldati stavano cercando di fare perquisizioni corporali alle donne in una stanza senza telecamere di sicurezza.

“Noi non accettiamo questo tipo di ricerca e finora abbiamo impedito che accadesse”, ha scritto Resmiye. Ora, le prigioniere politiche del TKP/ML, del PAJK (collegato al PKK) e dell’organizzazione comunista MLKP hanno iniziato a protestare contro le perquisizioni corporali.

Ogni volta che una perquisizione corporale ha luogo nel carcere – ha detto Resmiye – le donne gridano slogan e fanno battiture sulle loro porte. Ogni volta che le prigioniere sono prese dalle loro celle, gridano “no alle perquisizioni corporali” e “la dignità umana sconfiggerà la tortura”, mentre si spogliano fino alla biancheria intima.

Continua la guerra contro le donne di ISIS&AKP

2a32f1ddcb094945a52ca6130b757121 Trecento donne non iraqene sono state spostate a Mosul dal gruppo Takfiri di ISIS, per essere costrette alla schiavitù sessuale.
Al 16 dicembre scorso, nella sola provincia iraqena di al-Anbar, risultavano esser state assassinate almeno 150 donne, di cui alcune in stato di gravidanza, che si erano rifiutate di “sposare” i mercenari di ISIS. I loro corpi sono, poi, stati seppelliti in fosse comuni a Falluja.
Hana Nawafili, portavoce dell’Osservatorio iracheno per la Difesa delle donne maltrattate, ha detto che il 18 luglio scorso ISIS ha violentato e poi ucciso sette donne residenti a Fallujah.

Al confine turco con la Siria, dove già si contano nove morti e 114 persone torturate nell’arco di un anno, i militari turchi hanno violentato una giovane donna palestinese ed hanno torturato suo padre e suo fratello, mentre cercavano di scappare dalla guerra.

770x500cc-2015-9-3-HLB-DAXYANI-SER-GIRTINA-JINAN-RIYA-HELE-mansert Ad Aleppo, in Siria, i fondamentalisti di al Nusra hanno rapito donne e bambini.
In risposta a questo sequestro, le donne di Aleppo – che già si erano organizzate per l’autodifesahanno bloccato la strada che da Aleppo porta ad Efrîn, denunciando l’accaduto. Continue reading