Gineologia: un paradigma postvittimista per la liberazione

dal sito di Nicoletta Poidimani

Ho voluto tradurre questo intervento sulla Gineologia perché credo possa essere un prezioso nutrimento per chi, nel movimento delle donne in Italia, sente la necessità di aggiornare la propria cassetta degli attrezzi nonché l’urgenza di un cambiamento radicale di metodo e di prospettiva in chiave postvittimistica.
Il giusto rifiuto nei confronti di un femminismo rampante che elemosina briciole di potere non è sufficiente a risolvere la difficoltà di mettere a fuoco pratiche in grado di rivoluzionare l’esistente dalle radici. Per scardinare il sistema patriarcale nelle sue declinazioni economiche, politiche, sociali e culturali occorre un nuovo paradigma.
Nei paesi occidentali gli Women’s Studies, nati in origine come strumento di critica dei saperi, si sono spesso ridotti ad uno sterile accademismo, del tutto innocuo nei confronti del sistema di sapere dominante – che talvolta li ha perfino sventolati come proprio fiore all’occhiello.
La Gineologia, invece, traendo le proprie radici da un percorso di trasformazione complessiva – qual è quello che le donne kurde stanno portando avanti con determinazione – ci conduce in un’altra direzione.
 Sta anche a noi comprenderne la portata…
Ringrazio Nora, che ha fatto la revisione di questa non facile traduzione.

Per approfondimenti, si veda anche il mio Inanna/Ištar: potenza della dea e immaginario postvittimista

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Da Kurdish Question
Gönül Kaya è giornalista e rappresentante del movimento kurdo delle donne. Questo articolo è la trascrizione del suo intervento alla Jineology Conference che si è tenuta a Colonia (Germania) nel marzo 2014.

Perché la Gineologia? Ricostruire le scienze per una vita libera e comunitaria

di Gönül Kaya

Il Movimento delle donne libere del Kurdistan considera la Gineologia come un passo importante nell’autodifesa e nella lotta trentennale per la mobilitazione intellettuale e ideologico-politica.
Vorrei introdurre, seppur brevemente, i principi fondamentali della Gineologia, che il movimento kurdo delle donne offre al movimento delle donne nel mondo.
La Gineologia è descritta dalla lotta di liberazione delle donne kurde come la “creazione di un paradigma delle donne”. Questa posizione rappresenta una nuova fase dal punto di vista del movimento delle donne kurde.Il movimento delle donne kurde è emerso e si è sviluppato nell’ambito della lotta kurda di liberazione nazionale. Dal 1987 si è dedicato all’organizzazione specifica e autonoma delle donne. Dopo questo passaggio, in Kurdistan ci sono stati molti importanti cambiamenti e trasformazioni, che hanno anche innescato la lotta sociale. Continua a leggere

Urliamolo forte: FREE SHILAN!!!

images Oggi si tiene un’altra udienza del processo londinese contro Shilan Ozcelik, di cui avevamo già parlato qui.

Secondo la corte inglese, Shilan sarebbe “colpevole” di voler combattere contro ISIS con il PKK – che, lo ricordiamo, sta andando avanti a liberare da ISIS, con le altre forze, la zona di Shengal.

In rete e sui social sta girando l’hashtag #FreeShilanTodayUK

Questo il comunicato delle associazioni kurde, pubblicato il marzo scorso da Retekurdistan:

Comunicato delle organizzazioni curde sulla detenzione di Shilan Ozcelik
Rohjelat, 13 marzo 2015

La comunità curda e i sostenitori della lotta curda sono irritati dall’arresto e dalla detenzione della 18enne Shilan Ozcelik, la quale è stata accusata di volersi unire al Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK) per combattere lo Stato Islamico d’Iraq e di Levante (ISIL/ISIS).
Il governo del Regno Unito nella sua fermezza nel compiacere lo Stato turco, che continua a sostenere ISIS, e a negare il sostegno al movimento armato curdo, le Unità di protezione del popolo (YPG) e le Unità di protezione delle donne (YPJ) ha chiarito che parte sta.
La recente uccisione dell’eroico Konstandinos Erik Scurfield (Kemal) nella battaglia contro ISIS nel Rojava (Siria del nord), ha ottenuto un approccio molto positivo da parte dei media britannici e dell’opinione pubblica. Il governo britannico ha avuto paura di questo appoggio alla lotta curda perché per 100 anni lo Stato del Regno Unito è stato uno dei promotori e sostenitori dell’oppressione curda in Medio Oriente.
Questo è il motivo per cui ha ritardato e non ha sostenuto il rimpatrio di Konstandinos Erik Scurfield e ha criminalizzato la lotta per cui ha sacrificato la sua vita. Continua a leggere

Tra guerra e rivoluzione

CThh7cKWUAAKYjySilvan, nel distretto di Diarbakir, al nono giorno di coprifuoco è ormai completamente isolata. Gli attacchi delle forze armate turche si susseguono e aumenta il numero dei morti, come si può leggere anche nell’appello alla mobilitazione di UIKI.
Testimoni sostengono che membri di ISIS stiano partecipando ai massacri, al fianco delle forze turche.
Schermata 2015-11-11 a 16.18.11“Resistiamo alle atrocità dello stato e resisteremo fino alla liberazione”, dichiarano le giovani partigiane di Silvan.
Per seguire gli aggiornamenti: ‪#SilvanUnderAttack‬ e ‪#silvan

Non paga, la Turchia continua a minare la frontiera con il Rojava, ad attaccare la zona di Kobane e ad armare i gruppi fondamentalisti.

Schermata 2015-11-11 a 17.17.02Se questo non bastasse, l’alleanza tra Erdogan e il governo di Barzani nel Kurdistan iracheno cerca di dare i suoi frutti, spingendo per escludere i/le combattenti del PKK e delle YPG/YPJ – che combattono al fianco delle unità di autodifesa yezide – dalle operazioni per liberare Shengal dalle bande di ISIS. La popolazione yezida, però, non è affatto d’accordo, anche perché ricorda bene quanto i soldati di Barzani se la siano data a gambe davanti all’avanzata di ISIS nel 2014 e chi, invece, l’abbia aiutata a salvarsi dal massacro.

La vera posta in gioco è, ancora una volta, l’autogoverno, che ora anche la popolazione di Shengal vorrebbe praticare, una volta che la zona sarà liberata dalle bande fondamentaliste. E la liberazione definitiva di Shengal sembra ormai imminente!

Dal 5 novembre scorso, il KCK ha dichiarato la fine del cessate il fuoco unilaterale, visto che la politica di guerra dell’AKP prosegue ininterrottamente.

Segnaliamo il tour di serate informative su La resistenza curda tra guerra e rivoluzione che incomincia stasera.
Per ingrandire la locandina, cliccate sull’immagine. Continua a leggere

14 novembre: assemblea collettivo donne Rete Kurdistan – Livorno

Segnaliamo da ReteKurdistan

kobane-copy-630x325Il 25 novembre in tutto il mondo le donne scendono in piazza per lottare contro il femminicidio.Chi commette violenza contro le donne non è il solo responsabile del femminicidio, ma è tutto il sistema patriarcale, che attraverso il fascismo istituzionale legittima il controllo sul corpo delle donne e sopprime tutte le forme di autodeterminazione femminile.

Nel mondo migliaia di donne portano avanti lotte di autodeterminazione per distruggere quei sistemi sociali, economici, culturali e politici che non riconoscono la soggettività politica delle donne e ne vogliono disciplinare i corpi e le vite come oggetti.

Tra queste si distinguono le compagne curde, che coraggiosamente da oltre due anni respingono daesh e difendono il sistema democratico del Rojava, che hanno contribuito a costruire, nel quale la loro soggettività politica è piena e il loro contributo alla costruzione di un sistema veramente democratico è fondamentale.

L’autonomia democratica è un sistema politico elaborato dalle donne insieme agli uomini in Kurdistan come nuovo modello di società libera dal patrircato e cogestita da uomini e donne grazie a una lotta iniziata quarant’anni fa con Sakine Cansiz e le sue compagne e martiri morte per difenderlo come Arin Mirkan simbolo della resistenza di Kobane.

Il movimento delle donne curdo e il collettivo delle donne di rete kurdistan invita tutte le compagne femministe e lgbtqi a scendere in piazza per manifestare insieme il nostro appoggio alla resistenza femminista curda e lottare insieme contro tutti i fascismi, per l’autodeterminazione delle donne ed una società libera da ogni forma di patriarcato.

Per costruire insieme questa giornata di lotta vi invitiamo il 14 novembre a Livorno alla riunione del collettivo delle donne di Rete Kurdistan, l’appuntamento è alle 11,00 in stazione centrale per poi raggiungere insieme lo spazio dell’ assemblea, che le compagne di Livorno ci indicheranno al più presto.

La resistenza continua…

Schermata 2015-11-03 a 17.33.12 Come prevedibile, la Turchia di Erdogan non ha perso nemmeno un minuto e ha subito ripreso – se mai l’avesse interrotta – la sua politica di genocidio in Kurdistan: coprifuoco, ragazzi ammazzati, attacchi in Rojava, bombardamenti nelle zone della guerriglia in Iraq, e via dicendo.

L’Unione delle comunità del Kurdistan (KCK), parlando del “colpo di stato politico” iniziato mesi fa, ha realisticamente detto che “Quello che si riflette come il successo elettorale dell’AKP è di fatto una presa del potere”, e che il partito di Erdogan aumenterà la sua guerra contro il Movimento di liberazione kurdo e le forze democratiche in Turchia. Il KCK ha anche ricordato che il portavoce dell’AKP, Ömer Çelik, subito dopo le elezioni, ha detto che questa guerra è l’unico articolo del programma politico del nuovo governo, mentre tutte le altre questioni serviranno da accessorio complementare a questa politica di guerra.
Il KCK ha ribadito che il Movimento di liberazione kurdo risponderà agli attacchi e alle imposizioni di una guerra contro le forze della guerriglia kurda e la popolazione.

Questo “colpo di stato politico” viene salutato dai governi europei con un “pragmatico sollievo”, spiegava ieri candidamente un quotidiano italiano che, commentando i risultati elettorali in Turchia, titolava: Il sospiro di sollievo dell’Europa.
Per lo meno ha scritto pane al pane. Continua a leggere

Una settimana intensa: aggiornamenti dal Kurdistan e iniziative

Erdogan – furibondo dopo la dichiarazione di adesione al confederalismo democratico della città di Girê Spî (Tel Abyad) – dice che la Turchia non lascerà che i kurdi “si impadroniscano” del nord della Siria, perché “questo costituisce una minaccia per noi”. E così, dalla scorsa notte l’esercito turco e ISIS hanno iniziato ad attaccare i dintorni di Kobane dopo che, la notte del 24 ottobre, l’esercito aveva cominciato a bombardare ripetutamente con granate le postazioni delle YPG lungo la linea di confine di Girê Spî, tra il Rojava e la Turchia.
D’altronde, come ha spiegato a Firat News un membro di ISIS catturato dalle YPG/YPJ, tanto i colloqui tra ISIS e l’intelligence turca (MIT), quanto la consegna di armi e munizioni da parte dello stato turco a ISIS, avvenivano proprio in quel territorio – al confine tra Tel Abyad e il distretto di Akçakale (provincia di Urfa, Turchia). Inoltre, lì sostavano le ambulanze turche in attesa di portare i membri di ISIS feriti negli ospedali di Urfa e Antep, e da lì passavano i camion carichi di munizioni che, nascoste sotto i rifornimenti di cibo, lo stato turco inviava ad ISIS attraverso il MIT. Sempre secondo la testimonianza del membro di ISIS, la maggior parte di questi camion veniva inviata a nome di un’organizzazione di soccorso chiamata IHH.

Intanto si allunga la lista delle persone ammazzate dalla polizia turca. Ieri sera a Istanbul è morta Dilek Doğan, una giovane donna a cui la polizia aveva sparato durante una perquisizione nella sua casa, lo scorso 18 ottobre. Poche ore dopo, a Silopi è morto un ragazzo di 16 anni, Mustafa Aşlığ, dopo esser stato gravemente ferito alla testa da un proiettile sparato dalla polizia.
Per avere un’idea della ferocia devastatrice dello stato turco e la determinazione della popolazione kurda, invitiamo a vedere il report documentario Le otto giornate di Cizre.

Schermata 2015-10-26 a 17.11.41Mentre si prepara la stretta finale per liberare Shengal (Sinjar) e fare in modo che la popolazione yezida possa rientrare dalla montagna prima dell’arrivo dell’inverno, i/le giovani comunisti del KGÖ chiamano i loro coetanei e le coetanee alla lotta armata: “Rifiutiamo questo ordine e tutte le sue istituzioni”, hanno dichiarato, invitando i/le giovani ad unirsi alla loro lotta contro le persecuzioni, la guerra, il fascismo, il sessismo e la disuguaglianza. Continua a leggere

Dal Rojava a noi

Pubblichiamo la sbobinatura di un incontro tenutosi nel maggio scorso a Milano con una compagna italiana – che era da poco tornata da un viaggio nel cantone di Cizre (Rojava-Siria) e nei campi profughi autogestiti in Iraq – e una compagna kurda che risiede in Europa da anni.

L’incontro è stato organizzato dal gruppo che gestisce questo blog e l’obiettivo era di approfondire con le due compagne il funzionamento concreto del sistema del confederalismo democratico in atto nel Rojava (Kurdistan Siriano) e capire meglio come le donne, sia della “società civile” che quelle che hanno scelto di entrare nelle Unità di difesa del popolo (YPJ), stiano portando avanti la loro rivoluzione e loro pratica separata e di autodifesa.

L’intento era e rimane quello di prendere ciò che ci risuona di questa lotta e di questa rivoluzione di genere, per poter agire concretamente nella nostra realtà, facendo tesoro sia dell’elaborazione teorica che della pratica.

Clicca qui per leggere il testo e fare il download del file

Stragi, “suicidi” e morti sospette: le scie di sangue in Turchia

Mentre proseguono le reazioni al report di Amnesty International – segnaliamo in particolare le repliche di YPG/YPJ e di Karim Franceschi, volontario italiano nelle Unità di difesa del popolo in Rojava – che sarebbe stato scritto nel quartier generale della coalizione siriana, nei social network kurdi (ma non solo) riecheggia la domanda Chi ha “suicidato” Jacky Sutton nell’aeroporto di Istanbul, ad un anno dall’omicidio di Serena Shim?

Ricordiamo che Serena Shim in diretta televisiva aveva affermato di avere le immagini dei miliziani di ISIS che entravano in territorio siriano, nascosti nei camion di organizzazioni umanitarie e del programma alimentare mondiale delle Nazioni Unite… Continua a leggere

Sulle bugie e i silenzi di Amnesty

Schermata 2015-10-16 a 11.52.11 Schermata 2015-10-16 a 11.55.17Anche l’assemblea delle tribù arabe del Rojava, in una conferenza stampa congiunta, ha accusato Amnesty di distorcere la verità, basandosi su personaggi di fantasia.

Il portavoce dell’assemblea, Eyad El-Dexîl Mihemed, ha sottolineato che “Amnesty International ha fondato il suo rapporto su fonti che vogliono eliminare l’amore e la convivenza tra tutti gli ambienti sociali della regione per sostituirli con le ostilità”. Ha poi aggiunto che “I popoli arabi, cristiani, curdi, e yezidi nella nostra regione vivono insieme in pace e fiducia reciproca da secoli. Condividono il dolore e la gioia, e tutti hanno i loro diritti”.

L’assemblea delle tribù arabe si era prima confrontata con la popolazione della regione riguardo alle accuse formulate da Amnesty. Accuse che la popolazione stessa ha confutato.

Di fronte al moltiplicarsi delle smentite, vien da chiedersi quale sia il rapporto tra le accuse infami contro le YPG/YPJ presentate da Amnesty nel suo rapporto, e il silenzio assordante della medesima organizzazione sulle torture che la polizia turca sta infliggendo a giovani donne e uomini kurdi per ottenere false confessioni sulla strage di Suruç…

Fatti un giro in Rojava…

La pubblicazione ieri, a tre giorni dalla strage di Ankara, di un rapporto di Amnesty International su presunti “crimini di guerra” delle YPG nelle zone liberate da ISIS sta scatenendo molte reazioni nei social network kurdi.

A quel rapporto ha voluto rispondere anche un volontario britannico delle YPG, che si trovava in Rojava proprio nei mesi in cui sarebbero avvenuti tali fatti. Abbiamo tradotto da Kurdish Question la sua lettera aperta…

Una lettera aperta a Salil Shetty – segretario generale di Amnesty International

Caro Salil,

Scrivo per protestare contro la pubblicazione di una relazione della tua organizzazione intitolata ‘Non avevamo altro posto in cui andare – Spostamenti forzati e demolizioni nel nord della Siria’.

Come operatore umanitario britannico, che ha trascorso 5 mesi e mezzo con le YPG in Rojava, sono assolutamente stupefatto dal vostro rapporto di 32 pagine pubblicato nell’ottobre 2015.

Mi sento costretto a scrivere questa lettera a nome delle centinaia di volontari stranieri che hanno aderito alle YPG e alle YPJ, i quali non stanno solo combattendo in prima linea, ma stanno lavorando sodo insieme ai kurdi negli ospedali e nei campi profughi.

Quando ero in quel Paese, ho avuto pieno accesso a tutta la regione, compresa la linea del fronte. Di conseguenza, io sarei stato presente a molti dei fatti e nei luoghi citati nel rapporto. Non ho mai visto alcuna evidenza di danni intenzionali o di sgomberi forzati.

Volevo solo affrontare rapidamente i due punti principali del vostro rapporto: Continua a leggere