I numeri della guerra

Schermata 2015-08-30 a 13.22.00 Mentre si comincia a parlare di stato d’eccezione e di ritorno – anche se non apertamente dichiarato – alla legge marziale, un’organizzazione umanitaria ha pubblicato un “bilancio di guerra” del periodo tra il 21 luglio e il 28 agosto, cioè dall’orrenda strage di Suruç, i cui morti e feriti non rientrano in questo report. Questi sono i dati del massacro in corso (che non tiene conto dell’adolescente e dei tre giovani uccisi tra la scorsa notte e stamattina):

– 2.544 persone sono state arrestate – 136 accusate di appartenere a ISIS, 22 a strutture parallele e il resto al KCK/PKK e ad altre organizzazioni di sinistra – di cui 338 trattenute in custodia cautelare e, fra loro, 10 bambini. Quasi tutte le persone detenute hanno subito torture e maltrattamenti; 198 sono state arrestate mentre erano gravemente ferite

– 130 persone, tra cui 12 bambini/e, sono state ferite in attacchi contro incontri e manifestazioni di massa e durante gli attacchi contro la guerriglia. Le cifre sono, probabilmente, inferiori alla realtà perché non tengono conto di chi non ha potuto essere ricoverato in ospedale

– 47 civili e 38 guerriglieri/e dell’HPG sono stati uccisi dagli attacchi dello stato turco Continua a leggere

Al fianco di Figen Şahin, contro gli stupratori in divisa

Una donna di 25 anni, Figen Şahin, ieri ha testimoniato che la polizia turca l’ha torturata sessualmente mentre era in stato di arresto e ha minacciato di condividere le foto dei suoi genitali sulla sua pagina Facebook dopo averla costretta a spogliarsi ed averla massacrata.
“Otto o dieci poliziotti mi ha portata fuori dalla macchina in una zona senza telecamere – ha detto Figen – Quattro poliziotti mi hanno aperto le gambe e hanno cominciato a darmi calci nei genitali e alle gambe. Nel frattempo, due poliziotti continuavano a tirarmi calci al seno; questo mi ha causato contrazioni al cuore e sono stata ricoverata in ospedale”.

La polizia ha dichiarato di averla arrestata ad Adana perché si era coperta il viso con una kefiah. In realtà Figen ha spiegato di usare la sciarpa che aveva intorno al collo per proteggersi il viso durante il lavoro nei campi.

Avevamo anche già parlato di Musa Çitil, il comandante militare turco noto per il suo ricorrente uso della tortura sessuale contro le donne kurde, promosso e inviato a Diyarbakır – promozione alle quale l’assemblea delle donne di Diyarbakır ha reagito con un’iniziativa pubblica in cui sono stati letti tutti i casi di violenza che lo riguardavano. Continua a leggere

“Onore è non vergognarsi della resistenza”

“Il Movimento delle Donne Kurde ha insegnato alle donne che l’onore non può essere ridotto al loro corpo, l’onore è lotta, l’onore è non vergognarsi della resistenza”, così si conclude un intervento di Ruken Isik sulla violenza contro le kurde perpetrata da decenni dallo stato turco e di cui quotidianamente emergono nuovi casi (1, 2).

Turkish Prime Minister Recep Tayyip Erdogan visits Egypt Non sorprende che lo scorso novembre Erdogan, intervenendo ad un convegno su “Donne e giustizia” organizzato dall’associazione Donne e democrazia – di cui, guarda caso, la figlia è vicepresidente – in occasione della Giornata internazionale delle violenza contro le donne, si sia ben guardato dal parlare delle crescenti violenze e dei femminicidi in Turchia (che la guerra sta contribuendo ad aumentare) ed abbia invece esordito dicendo che “La nostra religione ha definito il posto delle donne nella società: la maternità. Porre donne e uomini sullo stesso piano è contro natura”. Supportato, per altro, dalla figlia Sumeyye (sì, proprio quella sulla quale si era inventato un complotto per prendere più voti…), secondo la quale “dare quote maggiori di eredità agli uomini è normale, corretto e giusto”. Continua a leggere

La resistenza delle donne contro uno stato assetato di sangue ha infiniti volti e forme, ma non ha età

È risaputo che lo stato turco abbia una lunga tradizione di umiliazioni sessuali, violenze e stupri contro le donne, dall’epoca del genocidio della minoranza armena.

Un paio di anni fa un articolo di Meral Duzgun intitolato Turchia: una storia di violenze sessuali aveva analizzato l’uso dello stupro come strumento di tortura nei confronti delle prigioniere politiche curde.

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Quella stessa feroce tradizione la vediamo messa in atto anche oggi. Un’adolescente arrestata nella provincia di Van ha raccontato di essere stata minacciata, sotto tortura, di venire consegnata nelle mani di ISIS se non avesse parlato. Ad Elazığ sono state arrestate dieci donne che protestavano contro il divieto di manifestare contro la guerra e contro la politiche belliche sul corpo delle donne.

akpkatil-599x275 A Varto, dove è stato straziato ed umiliato il corpo della guerrigliera Ekin Van, le donne si sono ritrovate da varie città per renderle onore e ricoprire con un telo bianco il luogo in cui il suo cadavere oltraggiato è stato abbandonato; nel resto della Turchia migliaia di donne hanno manifestato contro la guerra di Erdogan, ribadendo che “la nudità di Ekin ancora una volta ha rivelato la politica patriarcale e dello stupro dello stato turco”. Continua a leggere

Contro la guerra, contro la censura

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Mentre Turchia e Stati Uniti si accordano per creare una “zona di sicurezza” – in realtà un pretesto per bloccare la rivoluzione in Rojava – le YPJ/YPG hanno ripreso il controllo di Sirrîn, a sud di Kobane, interrompendo un altro corridoio importante per ISIS e mettendo, così in sicurezza la città di Kobane e i suoi dintorni.
Qui potete leggere il comunicato di YPG/YPJ sull’operazione, dedicata ai martiri e alle martiri di Kobane.

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La Corte turca ha approvato ieri la censura di 97 fra agenzia stampa e siti web filo-kurdi.
Per continuare a seguire e diffondere le informazioni – nel momento in cui agenzie quali Firat News e JINHA non dovessero più funzionare – consigliamo, tra altri:
shams shahin
MiddleEastrnfeminist
Cahida Dêrsim
Heval Soro
Hevallo
#WeAreAllPKK
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Autodifesa!

Le donne di Adıyaman, nel sud-est della Turchia, esprimono forti preoccupazioni per la crescente presenza – da tre anni a questa parte – di ISIS nella zona. Da quella città, infatti, provenivano gli attentatori di Suruç (20 luglio) e di Diyarbakır (5 giugno).

Che ISIS prenda di mira in particolare donne e bambini lo si è visto nel recente attacco a Kobanê la notte tra il 24 e il 25 giugno scorso; per questo in Rojava anche le donne non guerrigliere imparano ad usare un’arma e discutono sull’importanza e il significato che ha per loro l’autodifesa.

Le pratiche di autodifesa non guardano all’età: esemplare il caso di Nazlî Bedîr, che a 73 anni tutte le notti monta di guardia col suo fucile nel cantone di Efrîn, in Rojava.

Ma il problema per le donne non sono soltanto i mercenari di ISIS: ad Imzir, in Turchia, la popolazione ha notato un particolare accanimento delle polizia nei confronti delle donne, durante la repressione di un corteo che ieri voleva raggiungere la sede dell’AKP. Continua a leggere

Genocidio politico

Immagine 1Secondo l’Unione delle comunità del Kurdistan, dietro la strage di Suruç ci sarebbe un piano dei servizi di intelligence turchi – quello stesso MIT che sta dietro l’omicidio di Sakine Cansız, Fidan Doğan e Leyla Şaylemez – per entrare in Siria. Inoltre, l’equiparazione dell’ISIS alla resistenza kurda avrebbe come obiettivo reale quello di prepararsi ad attaccare la rivoluzione in Rojava.

Non ci sorprende, visto che alla volontà genocida di ISIS, cui la popolazione yezida in particolare ha pagato un caro tributo, si affianca in questi giorni la rinnovata volontà turca di genocidio politico nei confronti della popolazione kurda, della rivoluzione in Rojava e di chi, in Turchia, la sostiene.

Mentre vengono oscurati per decreto ministeriale i siti web kurdi e le agenzie di stampa non allineate al governo turco, mentre vengono vietate le manifestazioni e distrutte le tende del lutto per i morti nell’attentato di Suruç, decine e decine di giovani vengono arrestati/e in continui violenti rastrellamenti; fra loro anche adolescenti e un ragazzo con una grave disabilità. Militanti muoiono crivellate di colpi, come è accaduto a Günay Özarslan. Nella sede dell’Unione degli educatori ad Ankara c’è stata un’irruzione della polizia a caccia dei feriti di Kobane. Postazioni del PKK nel Kurdistan iraqeno sono state bombardate per tutta la notte (e oltre) col beneplacito di Barzani, col risultato di morti e feriti tra guerriglieri e popolazione civile, insediamenti abitativi, boschi e pascoli in fiamme. Col pretesto di combattere ISIS, l’esercito turco ha cominciato a bombardare anche nel nord della Siria. Continua a leggere

Giovani minacciati/e di decapitazione dalla polizia turca

Mentre a Kobane si piantano alberi per realizzare uno dei sogni dei giovani uomini e donne massacrati a Suruc, in Turchia la polizia tortura le/i giovani e minaccia di decapitarli, come spiega questo articolo che abbiamo tradotto da Jinha.

Giovani arrestati nelle operazioni: “La polizia ha minacciato di decapitarci”
di Zehra Doğan e Beritan Elyakut

RIHA – Da quando due poliziotti sono stati uccisi a Ceylanpınar, in Turchia, il numero di arrestati/e nella zona ha raggiunto i 37. I/le giovani arrestati nell’operazione dicono che la polizia li ha minacciati di decapitazione se non avessero fornito falsa testimonanza.
[…]
Leyla Güven, del Partito democratico popolare (HDP) di Urfa, ha incontrato gli avvocati degli arrestati nell’operazione. Agli/alle arrestati è stato negato l’incontro con i loro avvocati. Solo in tre (Sedat Yilmaz, Hasan Aydın e Mehmet Naci Yılmaz) hanno potuto incontrarli. Leyla afferma che ci sono le prove che gli arrestati siano stati sistematicamente torturati nel corso dell’operazione di polizia.

“I giovani sono stati presi dalle loro case alla rinfusa, portati sul tetto di un edificio a tre piani e minacciati di morte. Subito dopo sono stati portati in un campo deserto, messi sul bordo di fosse scavate nel terreno, con la testa coperta da sacchetti di plastica e coltelli alla gola”, ha dichiarato Leyla. “Quando si sono rifiutati di rivendicare i crimini di cui erano accusati e di dare falsa testimonianza, sono stati pesantemente torturati”.

Leyla ha contattato il capo della polizia di Urfa, Eyüp Pınarbaşı, a proposito di queste minacce e torture. Questi le ha risposto: “Cosa ti aspetti? Dovremmo rimanere in silenzio quando la gente uccide la polizia? Stiamo facendo ciò che è necessario”.
[…]

Prigioniere politiche curde nelle prigioni iraniane

Da UIKI

La giornata mondiale della donna, 8 marzo 2015, è un’occasione per ricordare quattro donne curde, prigioniere politiche, che si trovano in tre differenti prigioni, in condizioni preoccupanti. Queste sono Ghadrieh Ghaderi, Golnaz Ahangkhosh, Razieh Hakimi e Zeynab Jalaliyan; quest’ultima al momento si trova in una delle condizioni più difficili tra le donne detenute in Iran. Tutte loro sono state private dei diritti fondamentali, tra i quali c’è anche quello a difendersi in un processo. Il Kurdistan Human Rights Network ha ottenuto informazioni attraverso fonti affidabili. Sfortunatamente il KHRN non è in grado di fornire dettagli sulla condizione delle altre detenute a causa della difficoltà di trovare informazioni certe. Continua a leggere