Aggiornamenti – Articoli consigliati

Argentina – Murale di solidarietà con la lotta kurda

Argentina – Murale di solidarietà con la lotta kurda

In questo periodo impegni vari non ci lasciano il tempo di aggiornare il blog. Per questo abbiamo selezionato degli articoli, in italiano e in inglese, per chi volesse aggiornarsi sulla ‘guerra infinita’ di Erdogan contro la popolazione kurda e la resistenza di quest’ultima, sugli intrallazzi tra AKP e Daesh, nonché fra paesi europei e Turchia.
Non mancano, com’è ovvio, le donne resistenti!

Building Democracy without the State (Dilar Dirik)

Il presidente Erdoğan arriverà a privare 5 milioni di turchi della loro nazionalità?

Hozat: AKP usa i profughi come strumento di pressione all’esterno contro l’UE e all’interno contro curdi e aleviti

Rapporto dell’intelligence russa sull’attuale aiuto turco allo Stato islamico

Il secondo rapporto dell’intelligence russa sull’attuale aiuto turco allo Stato islamico

Captured ISIS member: We planned the Grê Spi attack with Turkey Continua a leggere

Una settimana di fuoco

Quella appena trascorsa è stata una settimana di fuoco, da opposti punti di vista: dai fuochi del Newroz alle esplosioni a Bruxelles… In mezzo, il “sultano” Erdogan.

Newroz-Amed-2016-1-678x381

Newroz 2016 ad Amed

Newroz 2016 a Kobane

Newroz 2016 a Kobane

Partiamo dal Newroz.
Per cercare di impedire le celebrazioni, il “sultano” aveva mobilitato 120mila poliziotti e 80mila gendarmerie. In questa pagina si trova un assaggio dei tentativi per impedire alle persone di raggiungere, anche singolarmente, i luoghi dei festeggiamenti, mentre in questa trovate immagini del Newroz “sotto assedio”. Qui, invece, potete leggere un report della delegazione italiana che è stata in Kurdistan per i festeggiamenti. Continua a leggere

Resistenza!

“Che tipo di atteggiamento mentale è questo, quale follia, quale perversione? Queste domande mi schizzano per la testa. Cosa è successo in questi appartamenti? Si racconta che a Cizîr, dietro le porte chiuse, le persone hanno subito molestie sessuali e in alcuni casi anche abusi” ha dichiarato Nurcan Baysal dopo aver visitato alcuni edifici di Cizre che erano stati occupati dai militari turchi. Oltre alle devastazioni e alle ruberie, c’era la biancheria intima delle donne esposta in bella vista, come un trofeo.
Schermata 2016-03-13 a 14.29.28Così come un trofeo è stata esposta sui social turchi una giovane studente originaria di Diyarbakır aggredita nella sua casa e picchiata, in quanto kurda, da sei giovani fasciste che l’hanno anche minacciata di bruciarle i capelli.

Negli appartamenti occupati a Cizre dai militari, sono state anche trovate chiare tracce che testimoniano la presenza di militanti di Daesh/ISIS fra le forze turche, a confermare ulteriormente la stretta collaborazione tra il governo di Erdogan e il califfato nel massacrare la popolazione kurda sia in Turchia che in Rojava. Collaborazione rafforzata anche dai traffici economici tra AKP e fondamentalisti e sui quali il governo di Erdogan è stato chiamato a dare spiegazioni ufficiali – che, ovviamente, non darà. Continua a leggere

Ancora un triplice femminicidio politico!

Schermata 2016-01-06 a 10.35.10

Tre bellissimi fiori si intitolava il testo con cui Dilar Dirik, all’indomani del triplice femminicidio di Parigi, ricordava Sakine, Fidan e Leyla.
Ieri nella sua pagina facebook Dilar ha scritto:
Non ci posso credere!!! A pochi giorni dal terzo anniversario dell’omicidio delle tre attiviste kurde assassinate a Parigi, la notte scorsa altre tre attiviste kurde sono state massacrate a Silopi dall’esercito fascista turco. Sêvê Demir, membro del DBP, Pakize Nayır, copresidente del Consiglio popolare di Silopi e Fatma Uyar attivista del Congresso delle donne libere (KJA) sono state assassinate dallo Stato turco che agisce come ISIS!
Più loro diventano ISIS, più noi diventiamo Kobane!
Il sangue delle nostre sorelle non sarà stato versato senza una risposta!
Le donne kurde prenderanno una vendetta storica su tutte le forze del male patriarcali, non importa se si tratta di ISIS o della Turchia!
Ci temono perché la nostra forza farà a pezzi la loro visione del mondo!
Le donne kurde sono insorte per il mondo intero; è giunta l’ora che il mondo trasformi ogni luogo in un territorio di lotta contro coloro che vogliono distruggere i nostri sogni per una vita libera!
Şehîd namirin! Jin – Jiyan – Azadi!!!!

Da Jinha:
Ora le donne aggiungeranno al Dizionario della lotta i nomi di Pakize che aveva detto “Se Botan vince, tutta l’umanità vincerà” ed aveva intrapreso uno sciopero della fame per 68 giorni, di Sêvê, che era stata in carcere per 15 anni, e di Fatma, che ha dedicato la sua vita alla lotta delle donne. Continua a leggere

“Efficacia e continuità” del genocidio

“Domani potrebbe essere troppo tardi”. Con queste parole si conclude l’appello da Cizre di Asya Tekin, giornalista di Jinha, che descrive la situazione di violenza e terrore nella città sotto coprifuoco da oltre due settimane. Asya spiega che “Le persone stanno facendo buchi nei muri per passare attraverso le case, temendo che i cecchini sparino loro se si avventurano per le strade. Questo è anche il modo in cui si condividono informazioni, cibo e altre necessità”.

Negli ultimi giorni, mentre si moltiplicano i casi di torture ed esecuzioni sommarie nel Kurdistan del nord, è emerso che il genocidio in atto era stato pianificato già mesi fa dal primo ministro Ahmet Davutoğlu.
Il mandato “Lotta al terrorismo, Pace e Sicurezza dei cittadini”, sottoscritto da Davutoğlu e inviato a tutti i governatori nell’agosto 2015, afferma che “Le Unità di Sicurezza saranno autorizzate nell’ambito della Legge per l’Amministrazione Provinciale, i periodi da determinare osserveranno l’adeguatezza per garantire l’efficacia e la continuità delle operazioni. Poteri di sicurezza preventiva saranno utilizzati, incluso l’annuncio di un coprifuoco, entro il campo di applicazione della Legge per l’Amministrazione Provinciale”.
Anche gli attacchi contro i cimiteri e i funerali erano stati pianificati in precedenza: “I funerali saranno sottratti allo sfruttamento come propaganda del terrore da parte di organizzazioni terroristiche e gruppi affiliati”, afferma il mandato, dopo l’esecuzione del quale le forze militari turche hanno iniziato a bombardare i cimiteri dei guerriglieri del PKK nella regione, oltre alle moschee e ai cemevis [luogo di culto degli aleviti] nei cimiteri.
Il mandato, che ordina il sequestro delle attrezzature per l’edilizia da parte delle forze di Stato, sollecita anche il monitoraggio delle organizzazioni internazionali che criticano le pratiche del governo dell’AKP.

I video qui sotto testimoniano la terribile situazione nelle città sotto coprifuoco e il vergognoso silenzio dei media mainstream italiani (unica eccezione, il recente documentario Kurdistan – La guerra invisibile), silenzio denunciato anche con un’azione nella sede Rai di Milano, una a Pisa e un’altra a Livorno. Continua a leggere

I confini dello stato-nazione, la tortura dei cadaveri e la “cartolarizzazione” del lutto in Turchia

Il genocidio in Kurdistan del nord non si ferma. Ad esso partecipano attivamente con minacce e torture Daesh/ISIS e i fondamentalisti di Esedullah, al fianco delle forze armate dello stato turco.
Ieri una bimba di sei mesi è stata ammazzata e la madre gravemente ferita; il nonno è stato colpito a morte mentre cercava di caricarla su un’ambulanza sventolando la bandiera bianca, dopo aver avuto il permesso della polizia. Oggi sono morti altri due bambini, nati prematuri a causa dei bombardamenti, e le loro madri rischiano la vita.
Se questo non bastasse, tra le decine di morti del coprifuoco che prosegue in varie città, il cadavere di una donna è rimasto in strada per una settimana, mentre i cecchini sparavano ai parenti che cercavano di avvicinarsi per recuperarlo. E questi non sono che alcuni esempi del massacro in atto da settimane.
yybuyukAd Istanbul due donne, Yeliz Erbat e Şirin Öter, sono state uccise durante una perquisizione nelle loro case. La polizia ha sparato loro a bruciapelo quando erano già ferite, crivellandole di colpi. L’autopsia ha trovato i fori dei proiettili anche nella vagina di una di loro.

Questa ferocia, che ha dei precisi connotati sadici, non può però essere spiegata soltanto col sadismo, come spiega bene l’articolo che abbiamo tradotto da Kurdish Question e che potete leggere qui sotto.
Un articolo che, oltre ad essere illuminante sulle ragioni politiche per le quali lo stato turco si accanisce sui cadaveri dell'”altra/o”, indirettamente ci invita anche a ragionare sul perché si parli dei morti per strage soltanto quando queste avvengono in territorio europeo e su come l’oltraggio e l’esposizione del cadavere martoriato dell’altro/a siano, a tutt’oggi, strumenti della violenza coloniale.

I cadaveri dei combattenti kurdi e i confini dello stato
di Hakan Sandal, 23 dicembre 2015

Dalla seconda metà di luglio 2015, i cadaveri di tredici combattenti kurdi che hanno perso la vita nella lotta contro ISIS sono stati trattenuti dallo stato turco al varco di frontiera di Habur per dieci giorni, e quelli di venti combattenti delle YPG/ YPJ al varco di frontiera di Mursitpinar. Nello stesso periodo, la combattente delle YJA-Star Ekin Van è stata uccisa e il suo cadavere è stato esposto nudo, fotografato e pubblicato sui social media. Inoltre, il cadavere di Hacı Lokman Birlik (un attivista kurdo e film-maker amatoriale) è stato legato ad un veicolo corazzato della polizia e trascinato per le strade di Sirnak, l’intera sequenza è stata videoregistrata e condivisa sui social media. Più di recente, il cadavere di Aziz Güler (che ha perso la vita combattendo ISIS) è stato bloccato al confine, e la campagna per liberarlo ha avuto successo solo dopo due mesi, quando il suo corpo è stato restituito alla famiglia. Altri corpi di combattenti, che sono morti combattendo contro ISIS, sono in attesa di attraversare la frontiera. Continua a leggere

Una scia di sangue senza fine e con tanti complici

CWQ_i9iWwAIIg9L

Ancora una volta il governo turco e Daesh/ISIS si muovono di pari passo.

Dopo il terribile triplice attentato jihadista a Till Temir, con 25 morti e oltre 100 feriti (qui il comunicato del copresidente del cantone di Cizîrê, Xelîl Osman), il governo dell’AKP continua ad attaccare mortalmente la popolazione nel nord del Kurdistan, dove oltre un milione di persone sta vivendo sotto coprifuoco; a Silopi le scuole sono state chiuse e trasformate in quartieri generali militari, preannunciando un feroce massacro, nel silenzio complice del mondo intero, mentre al confine col Rojava la Turchia sta costruendo un “muro della vergogna“.

La popolazione kurda continua ad organizzare la propria autodifesa, come le donne che hanno formato le YPJ-S a Sur.

Riportiamo il comunicato del Centro Socio-Culturale Curdo Ararat e di Rete Kurdistan Roma sulla situazione in Kurdistan.

Presidio contro la repressione della popolazione civile in Kurdistan (Roma, 17 dicembre)

La situazione nella regione del sud-est della Turchia (Kurdistan Bakur) si fa ogni giorno più grave. Ormai da diversi mesi la popolazione civile è sottoposta continuamente a coprifuoco e costretta a vivere sotto un assedio che ha devastato città intere e nel quale dal mese di agosto ad oggi sono rimasti uccisi oltre 160 civili.

L’attacco dello Stato Turco diventa ogni giorno più violento.

A Diyarbakir, il quartiere della città vecchia di Sur è sottoposto da giorni ad un durissimo coprifuoco e assediato. Ulteriori provvedimenti riguardano le città di Nusaybin (7° dichiarazione di coprifuoco) ed il distretto di Sirnak, dove a Cizre e Silopi le scuole sono state chiuse a tempo indeterminato e centinaia di mezzi militari hanno occupato le città.

Si prepara un nuovo massacro. Continua a leggere

Sopravvivere nella Turchia di Erdogan

087c3c2c8a77d5b6bd7f39dfbb7afe7ac5c1b989_1449232571 Dilan Kortak, 20 anni, è stata ammazzata ieri sera dalle forze di polizia durante l’irruzione in un appartamento di Istanbul che, secondo loro, era un ‘covo’ del PKK. Al momento non si sa ancora come sia stata ammazzata, e la polizia non ha voluto dare informazioni nemmeno ai suoi familiari. Mentre i vicini dicono di non aver sentito colpi d’arma da fuoco, il padre parla di una vera e propria esecuzione.

Altri morti e feriti ci sono stati nelle manifestazioni seguite all’omicidio di Tahir Elçi e al conseguente ennesimo coprifuoco, durante le quali la polizia ha sparato sulle persone scese in piazza – cosa che, per altro, ha fatto anche immediatamente dopo l’omicidio dell’avvocato, sparando sulla folla radunata fuori dall’ospedale.
La polizia, che ha ammazzato un ragazzino appena adolescente accusato di essere un “terrorista”, attualmente sta anche lanciando bombe contro le case di Sur. Continua a leggere

Verso il 28/11: in piazza al fianco di Ayşe Topçu

Ayşe Topçu, guerrigliera delle YJA-Star, ha inviato una lettera a DIHA in cui spiega di aver subito pesanti torture e molestie da parte dei soldati turchi quando è caduta nelle loro mani, lo scorso settembre, dopo che era stata ferita dall’intenso bombardamento contro un cimitero dei martiri a Varto.

Ayşe racconta:
Quando sono stata catturata ferita il 18 settembre, i soldati mi hanno trascinata a terra per portarmi via dalle vicinanze del cimitero, dove mi hanno trovata. Mi hanno spogliata, dicendo che mi avrebbero portata in un avamposto. Mi dicevano parolacce sessiste e, allo stesso tempo, discutevano di farmi saltare in aria con l’esplosivo. Più tardi mi hanno lasciata completamente nuda, hanno fotografato il mio corpo e hanno girato un video. Nel frattempo, mi hanno anche molestata fisicamente.

I militari l’hanno poi continuata a molestare mentre la portavano in elicottero a Muş. Lì, anziché portarla in ospedale, l’hanno consegnata all’antiterrorismo, che l’ha tenuta con le mani legate dietro la schiena.

Più tardi mi hanno portata in ospedale dove non ho comunque ricevuto alcuna cura, ma sono stata sottoposta ad un altro interrogatorio. Durante i tre giorni in ospedale, nessun personale sanitario mi ha vista o si è preso cura di me. Nessuno ha fasciato le mie ferite. Sono stata tenuta in una stanza molto sporca, con le mani ammanettate al letto. Mentre i soldati di tanto in tanto mi fotografavano, in questi tre giorni i poliziotti ripetutamente avvisavano i medici di non curarmi, dicendo: ‘Questa donna è l’assassina dei nostri soldati’. Sono stata portato in carcere dopo tre giorni in ospedale dove non ho ricevuto alcun trattamento.

Ayşe è attualmente rinchiusa nel carcere speciale di tipo E di Muş.
Continua a leggere