Il genocidio in Kurdistan del nord non si ferma. Ad esso partecipano attivamente con minacce e torture Daesh/ISIS e i fondamentalisti di Esedullah, al fianco delle forze armate dello stato turco.
Ieri una bimba di sei mesi è stata ammazzata e la madre gravemente ferita; il nonno è stato colpito a morte mentre cercava di caricarla su un’ambulanza sventolando la bandiera bianca, dopo aver avuto il permesso della polizia. Oggi sono morti altri due bambini, nati prematuri a causa dei bombardamenti, e le loro madri rischiano la vita.
Se questo non bastasse, tra le decine di morti del coprifuoco che prosegue in varie città, il cadavere di una donna è rimasto in strada per una settimana, mentre i cecchini sparavano ai parenti che cercavano di avvicinarsi per recuperarlo. E questi non sono che alcuni esempi del massacro in atto da settimane.
Ad Istanbul due donne, Yeliz Erbat e Şirin Öter, sono state uccise durante una perquisizione nelle loro case. La polizia ha sparato loro a bruciapelo quando erano già ferite, crivellandole di colpi. L’autopsia ha trovato i fori dei proiettili anche nella vagina di una di loro.
Questa ferocia, che ha dei precisi connotati sadici, non può però essere spiegata soltanto col sadismo, come spiega bene l’articolo che abbiamo tradotto da Kurdish Question e che potete leggere qui sotto.
Un articolo che, oltre ad essere illuminante sulle ragioni politiche per le quali lo stato turco si accanisce sui cadaveri dell'”altra/o”, indirettamente ci invita anche a ragionare sul perché si parli dei morti per strage soltanto quando queste avvengono in territorio europeo e su come l’oltraggio e l’esposizione del cadavere martoriato dell’altro/a siano, a tutt’oggi, strumenti della violenza coloniale.
I cadaveri dei combattenti kurdi e i confini dello stato
di Hakan Sandal, 23 dicembre 2015
Dalla seconda metà di luglio 2015, i cadaveri di tredici combattenti kurdi che hanno perso la vita nella lotta contro ISIS sono stati trattenuti dallo stato turco al varco di frontiera di Habur per dieci giorni, e quelli di venti combattenti delle YPG/ YPJ al varco di frontiera di Mursitpinar. Nello stesso periodo, la combattente delle YJA-Star Ekin Van è stata uccisa e il suo cadavere è stato esposto nudo, fotografato e pubblicato sui social media. Inoltre, il cadavere di Hacı Lokman Birlik (un attivista kurdo e film-maker amatoriale) è stato legato ad un veicolo corazzato della polizia e trascinato per le strade di Sirnak, l’intera sequenza è stata videoregistrata e condivisa sui social media. Più di recente, il cadavere di Aziz Güler (che ha perso la vita combattendo ISIS) è stato bloccato al confine, e la campagna per liberarlo ha avuto successo solo dopo due mesi, quando il suo corpo è stato restituito alla famiglia. Altri corpi di combattenti, che sono morti combattendo contro ISIS, sono in attesa di attraversare la frontiera. Continua a leggere→