Libertà per Shilan! Libertà per Gülay! Libertà per Fréderike! Libertà per tutte!!!

images Incomincia oggi, a Londra, il processo a Shilan Ozcelik, diciottenne in custodia cautelare dal marzo scorso, in base al Terrorism Act del 2006, con l’accusa di aver fatto un viaggio in Siria per lottare contro ISIS e aver tentato di unirsi alle Unità di protezione delle donne del PKK.

Ozcelik e la sua famiglia sostengono che fosse andata in Siria per intervenire come operatrice umanitaria e la comunità kurda in Gran Bretagna ha definito questo processo come un “esempio lampante di criminalizzazione selettiva e politica”.

In ogni caso, per noi il dato di fatto effettivo è che combattere contro ISIS in Europa è considerato un reato.

770x500cc-gulay-adile-ertunc2-700x325 I paesi europei, d’altra parte, quando si parla di PKK vanno amorevolmente a braccetto con la Turchia dove, a fine agosto, è stata arrestata Gülay Adile Ertunç, attivista e politica kurda, accusata di sostenere una organizzazione “illegale” per aver raccolto aiuti per i bambini colpiti dalla guerra. Le accuse contro di lei citano il suo ruolo nella costituzione, nel 2012, di un gruppo di solidarietà che ha portato i bambini della città di Van, colpiti dal terremoto del 2011, in viaggio verso il Mar Egeo per aiutarli a superare il trauma. Nel 2015 Gülay ha organizzato progetti di solidarietà per i bambini colpiti dalla guerra a Kobanê. Continua a leggere

Contro la guerra totale di Erdogan: autodifesa e autogoverno

Mentre la Turchia continua ad ammazzare chi cerca di passare il confine con la Siria – ieri due donne e un bambino sono morti crivellati di colpi e altri/e sono rimasti feriti – tortura le guerrigliere o ammazza giovanissimi, non ultimi i due adolescenti che portavano la legna per fare il pane – cercando, poi, di spacciarli per militanti del PKK – emergono sempre più prove dei legami tra il governo di Erdogan e ISIS. Lo testimoniano le parole di un militante di ISIS catturato vivo dalle YPG/YPJ, la scoperta di un tunnel per il rifornimento di armi dalla Turchia allo Stato islamico in Siria, l’invio di fertilizzanti per fabbricare esplosivi.
Stanno anche emergendo le complicità dei funzionari turchi nella scomparsa di oltre 5mila bambini/e profughi rapiti dall’inizio del 2015 per trafficarne gli organi o per sfruttamento sessuale.

770x500cc-silvan-kadnlar3-mansetA fronte di tutto ciò, il modello di autodifesa delle donne in Rojava – ora organizzata anche ad Heseke, liberata di recente – prende piede nel Kurdistan turco, così come il modello di autogoverno: nel distretto di Bulanık di Muşa è stato dichiarato l’autogoverno, così come in altre zone del Kurdistan turco; a Silvan (distretto di Diyarbakır) le donne hanno organizzato la propria autodifesa contro la polizia; le Giovani rivoluzionarie (YDG-K) hanno chiamato tutte donne a scendere in strada ed autodifendersi con le armi; un nuovo gruppo armato di donne – le Forze per la libertà delle donne – ha dichiarato la propria nascita per “eliminare il terrore patriarcale”, come “forza combattente di donne che per millenni hanno sventolato la bandiera della ribellione contro l’ordine fondato sullo sfruttamento”. Giovani e universitari/e si sono uniti alla guerriglia del PKK.

“Che si tratti di donne o bambini, faremo tutto ciò che è necessario”, aveva dichiarato il macellaio Erdogan alcuni anni fa, nel 2006. Ma non aveva messo in conto la risposta di una popolazione che non intende farsi sottomettere, alla quale la rivoluzione in Rojava sta dando rinnovata forza e strumenti di autodeterminazione, nell’anniversario del primo attacco del PKK, nel 1984, che viene oggi festeggiato in tutto il Kurdistan.

La sepoltura dei morti

La guerra genocida di Erdogan (con l’imprimatur degli Stati Uniti) contro la quale si moltiplicano gli appelli – fra altri, quello degli assiri, di docenti universitari turchi, di giornalisti e scrittori kurdi ma non solo – non si ferma nemmeno di fronte ai cadaveri dei/delle martiri e dei/delle civili. Al ripetuto trattenimento dei cadaveri nei posti di confine – attualmente altri 20 corpi di guerriglieri/e – “su istruzione del Consiglio dei Ministri del governo dell’AKP“, seguono l’accanimento contro le tende in cui si svolgono le veglie funebri, gli arresti delle madri e dei parenti che partecipano alle veglie, gli attacchi contro i cortei funebri.

A Silopi – dove l’assemblea popolare ha dichiarato di non riconoscere più la legittimità dello stato turco, di volersi autogovernare e di cominciare l'”autodifesa democratica” contro tutti gli attacchi – la polizia turca ha sparato contro le centinaia di donne che portavano le proprie condoglianze alla famiglia di Mehtet Hıdır Tanboğa, il diciassettenne ucciso nei giorni scorsi, costringendo tutte ad abbandonare la tenda del lutto ed a rinchiudersi in casa per ore sotto la minaccia delle armi.

Significativo, invece, il fatto che le YPG/YPJ non abbiano dimenticato la pietà per i morti e seppelliscano, oltre ai corpi straziati dalla violenza di ISIS e poi abbandonati, anche i nemici uccisi: “Nonostante i militanti [di ISIS] abbiano portato stupri e massacri fra la popolazione locale e abbiano ridotto un’antica città un tempo vivace a poco più di un cumulo di ruderi e macerie, i/le kurdi/e insistono sul dare ai combattenti di ISIS morti una degna sepoltura, ove possibile” (dal DailyMail). Continua a leggere

Irriducibilmente ribelli…

Hîlava e Cala Temo, sono due giovanissime sorelle di Kobane che, malgrado il ripetuto esilio dalla loro città, non hanno mai smesso di cantare e di sognare il ritorno.

Immagine 2  Rabia Özcan, 63 anni, si oppone ai progetti di devastazione ambientale fermando le ruspe ed affrontando i soldati col suo bastone.

La ribellione delle donne in Turchia e in Kurdistan attraversa tutte le età ed ha infiniti volti e modalità.
Vogliamo raccontarne alcune, che ci confermano come la determinazione delle donne – quando c’è ed è reale – possa muovere le montagne.

In piedi di buon mattino per badare al bestiame e ad altre faccende, alcune donne hanno svegliato l’intero quartiere Zap di Silopi quando si sono accorte che la polizia stava cercando di superare le trincee protettive costruite dalla popolazione del quartiere per fermare le frequenti incursioni poliziesche. Pur non bloccando l’operazione di polizia, il loro allarme l’ha rallentata, dando il tempo alla popolazione di mettersi al sicuro ed organizzare la resistenza.

Una ‘madre senza nome‘ in Turchia urla con rabbia il suo rifiuto di piegarsi al rito sciovinista delle ‘condoglianze alla patria’, di fronte al proprio figlio mandato a morire in una guerra fratricida.

Le donne yezide sopravvissute al genocidio hanno marciato per chilometri a piedi scalzi per ricordare al mondo i/le loro familiari massacrati dai fondamentalisti o ancora nelle mani di ISIS. Si sono, poi, riunite in assemblea sui monti di Shengal per rompere un silenzio secolare prendendo la parola e facendosi protagoniste della trasformazione sociale in atto, con un particolare impegno nel superamento delle lotte interne che indeboliscono la comunità yezida, nel rafforzamento delle strutture comunitarie e nell’organizzazione dell’autodifesa e del training armato per le donne. Continua a leggere

Terrore di stato

All’inizio di agosto, a Mosul, militanti di ISIS hanno ucciso 19 donne yezide con l’accusa di essersi rfiutate di partecipare al “jihad sessuale” – cioè per aver resistito agli stupri.
In Turchia il militare Musa Çitli, assassino che sovrintendeva anche agli stupri compiuti dai suoi soldati, è stato promosso da generale di brigata a generale di divisione.
Due facce della stessa medaglia!

I familiari dei combattenti e delle combattenti caduti/e nella lotta contro ISIS in Rojava ed a Shengal, sono finalmente riusciti – dopo un presidio durato 10 giorni  e sostenuto anche da gruppi di donne solidali, sotto il fuoco della polizia – a riavere i cadaveri dei/delle 13 giovani combattenti, tenuti bloccati alla frontiera con una temperatura di 50 gradi, ed a far loro i funerali. Ovviamente le pesanti molestie della polizia turca non sono mancate neppure durante le partecipatissime esequie.

Dopo la carneficina di civili a Zergelê, continuano i massacri. Da ieri notte nel distretto di Silopi, nel Kurdistan turco, la polizia ha messo in atto una vera e propria occupazione militare – con carri armati, cecchini e appiccando il fuoco alle case dopo averne bloccato all’interno gli/le abitanti – per compiere degli arresti. Tra la popolazione, che sta opponendo una strenua resistenza, si contano, ad ora, 3 morti e molti feriti/e.
La polizia continua a massacrare chi cerca di attraversare il confine col il Rojava (1 e 2). Continua a leggere

Le donne yezide: “Non permetteremo un altro massacro”

Cresce il numero dei morti civili nei bombardamenti turchi sui villaggi del Kurdistan iraqeno, mentre sul Rojava continuano a volare minacciosamente, anche a bassa quota, gli aerei militari della Turchia – anche in contemporanea alle offensive di ISIS.
Che queste operazioni e il silenzio internazionale facilitino le operazioni di ISIS e lo rafforzino è fuor di dubbio.
E mentre gli assiri del Rojava si appellano alla NATO affinché fermi il macellaio turco, la resistenza yezida contro ISIS – e in particolare quella delle donne – nella zona di Shengal cresce e si rafforza, come ci racconta questo articolo che abbiamo tradotto da JINHA.

Le donne yezide: “Non permetteremo un altro massacro”
di Zehra Doğan / JINHANEWS CENTE

I PARTE
È passato un anno da quando Daesh [ISIS nell’acronimo arabo, NdT] ha lanciato una campagna di massacri e stupri contro la popolazione yezida. Per migliaia di donne yezide, questo è stato un anno di perdita delle proprie famiglie, stupro e trauma.
[…] Il 3 agosto 2014, Daesh ha sequestrato circa 7.000 donne e bambini, dalla città yezida di Shengal, che si trova nella regione federale del Kurdistan iracheno. Continua a leggere

“La collaborazione tra AKP e ISIS in Siria aumenta quotidianamente”

Come era facilmente prevedibile, la Turchia, oltre a continuare i raid aerei sul Kurdistan iraqeno, sta bombardando il Rojava. Inoltre, a Qamishlo questa mattina presto ci sono stati degli attentati.

Scrivono le YPG in un comunicato:
Kobanê, Rojava (26 lug 2015) – Alle 4:30 del 24 luglio nella parte occidentale di Kobanê, l’esercito turco ha bombardato le Unità di Difesa Popolare e le posizioni del Free Syria Army nel villaggio di Zormikhar, di fronte alla città di Jarabulus occupata dai terroristi – con il fuoco dei carri armati pesanti. In questo attacco sono rimasti feriti quattro combattenti del FSA e diversi abitanti del villaggio.
Oggi alle 22:00, l’esercito turco ha bombardato di nuovo lo stesso villaggio con 7 colpi di carro armato.
Alle 23:00, uno dei nostri veicoli è finito sotto il fuoco pesante dell’esercito turco ad est di Kobanê (ad ovest di Tel Abyad), nel villaggio di Til Findire.
Anziché prendere di mira le posizioni occupate dai terroristi di ISIS, le forze turche attaccano le posizioni dei nostri difensori.
[…] Stiamo dicendo all’esercito turco di smetterla di sparare contro i nostri combattenti e le loro posizioni.

Dopo queste dichiarazioni, la Turchia ha cominciato a rafforzare le postazioni militari a Til Şehir, ad ovest di Kobanê. Continua a leggere

Autodifesa!

Le donne di Adıyaman, nel sud-est della Turchia, esprimono forti preoccupazioni per la crescente presenza – da tre anni a questa parte – di ISIS nella zona. Da quella città, infatti, provenivano gli attentatori di Suruç (20 luglio) e di Diyarbakır (5 giugno).

Che ISIS prenda di mira in particolare donne e bambini lo si è visto nel recente attacco a Kobanê la notte tra il 24 e il 25 giugno scorso; per questo in Rojava anche le donne non guerrigliere imparano ad usare un’arma e discutono sull’importanza e il significato che ha per loro l’autodifesa.

Le pratiche di autodifesa non guardano all’età: esemplare il caso di Nazlî Bedîr, che a 73 anni tutte le notti monta di guardia col suo fucile nel cantone di Efrîn, in Rojava.

Ma il problema per le donne non sono soltanto i mercenari di ISIS: ad Imzir, in Turchia, la popolazione ha notato un particolare accanimento delle polizia nei confronti delle donne, durante la repressione di un corteo che ieri voleva raggiungere la sede dell’AKP. Continua a leggere

Genocidio politico

Immagine 1Secondo l’Unione delle comunità del Kurdistan, dietro la strage di Suruç ci sarebbe un piano dei servizi di intelligence turchi – quello stesso MIT che sta dietro l’omicidio di Sakine Cansız, Fidan Doğan e Leyla Şaylemez – per entrare in Siria. Inoltre, l’equiparazione dell’ISIS alla resistenza kurda avrebbe come obiettivo reale quello di prepararsi ad attaccare la rivoluzione in Rojava.

Non ci sorprende, visto che alla volontà genocida di ISIS, cui la popolazione yezida in particolare ha pagato un caro tributo, si affianca in questi giorni la rinnovata volontà turca di genocidio politico nei confronti della popolazione kurda, della rivoluzione in Rojava e di chi, in Turchia, la sostiene.

Mentre vengono oscurati per decreto ministeriale i siti web kurdi e le agenzie di stampa non allineate al governo turco, mentre vengono vietate le manifestazioni e distrutte le tende del lutto per i morti nell’attentato di Suruç, decine e decine di giovani vengono arrestati/e in continui violenti rastrellamenti; fra loro anche adolescenti e un ragazzo con una grave disabilità. Militanti muoiono crivellate di colpi, come è accaduto a Günay Özarslan. Nella sede dell’Unione degli educatori ad Ankara c’è stata un’irruzione della polizia a caccia dei feriti di Kobane. Postazioni del PKK nel Kurdistan iraqeno sono state bombardate per tutta la notte (e oltre) col beneplacito di Barzani, col risultato di morti e feriti tra guerriglieri e popolazione civile, insediamenti abitativi, boschi e pascoli in fiamme. Col pretesto di combattere ISIS, l’esercito turco ha cominciato a bombardare anche nel nord della Siria. Continua a leggere