La rieducazione della mascolinità è uno degli strumenti della rivoluzione delle mentalità, per costruire un mondo davvero libero dalla schiavitù e sottomissione delle donne.
Un passaggio su cui è importante che tutte – e tutti – riflettiamo, al di là degli stolti (e paraculi!) che vanno incensando la lotta delle donne kurde contro il patriarcato, per poi aggiungere che da noi questo problema del dominio patriarcale non c’è.
Certo, qui non c’è quel patriarcato ibrido tra il feudale e il capitalistico, ma comprendere come in occidente il patriarcato si declini nel capitalismo e come il capitalismo poggi sul patriarcato millenario sarebbe già un primo, piccolo passo.
Proponiamo, in questo post, il bel documentario di Stefano Savona Primavera in Kurdistan (2006) che, dal minuto 19.23 al 28.32, ci porta nel cuore della lotta delle donne, in una splendida valle in cui vivono le combattenti del PJA (Partito delle donne libere) – poi PAJK (Partito della Libertà delle Donne in Kurdistan).
In un’intervista Sakine Cansiz (hevala Sara), che compare anche in questo documentario, spiegava:
L’inizio è stata l’organizzazione come unione delle donne YAJK. A quel tempo, nell’ambito dell’ideologia della liberazione delle donne, discutevamo sulla possibilità di costruire un partito. L’ampiezza del lavoro e dell’organizzazione, sia in campo militare, politico o organizzativo, aveva raggiunto un livello per cui definirlo con un nome come “unione” sarebbe stato restrittivo e avrebbe dato l’idea di una sezione femminile del PKK. Trovavamo giusto costruire su questo una nostra identità politica in modo molto più forte. Anche se avevamo sempre critiche rispetto al modello classico di partito, alla fine anche come movimento delle donne abbiamo deciso di fondare un partito delle donne. Tenevamo alla serietà che c’era dietro a questo progetto di organizzarsi in modo autonomo, di formare propri quadri e di portare avanti l’organizzazione della società. Continua a leggere