Genocidio politico

Immagine 1Secondo l’Unione delle comunità del Kurdistan, dietro la strage di Suruç ci sarebbe un piano dei servizi di intelligence turchi – quello stesso MIT che sta dietro l’omicidio di Sakine Cansız, Fidan Doğan e Leyla Şaylemez – per entrare in Siria. Inoltre, l’equiparazione dell’ISIS alla resistenza kurda avrebbe come obiettivo reale quello di prepararsi ad attaccare la rivoluzione in Rojava.

Non ci sorprende, visto che alla volontà genocida di ISIS, cui la popolazione yezida in particolare ha pagato un caro tributo, si affianca in questi giorni la rinnovata volontà turca di genocidio politico nei confronti della popolazione kurda, della rivoluzione in Rojava e di chi, in Turchia, la sostiene.

Mentre vengono oscurati per decreto ministeriale i siti web kurdi e le agenzie di stampa non allineate al governo turco, mentre vengono vietate le manifestazioni e distrutte le tende del lutto per i morti nell’attentato di Suruç, decine e decine di giovani vengono arrestati/e in continui violenti rastrellamenti; fra loro anche adolescenti e un ragazzo con una grave disabilità. Militanti muoiono crivellate di colpi, come è accaduto a Günay Özarslan. Nella sede dell’Unione degli educatori ad Ankara c’è stata un’irruzione della polizia a caccia dei feriti di Kobane. Postazioni del PKK nel Kurdistan iraqeno sono state bombardate per tutta la notte (e oltre) col beneplacito di Barzani, col risultato di morti e feriti tra guerriglieri e popolazione civile, insediamenti abitativi, boschi e pascoli in fiamme. Col pretesto di combattere ISIS, l’esercito turco ha cominciato a bombardare anche nel nord della Siria. Continue reading

Sorelle yezide in armi

Vendute come schiave sessuali in Siria o in altri paesi arabi oppure, se profughe, da mesi massacrate di manganellate dai militari turchi alla frontiera con la Bulgaria, un confine che vorrebbero attraversare per cercare – probabilmente senza alcuna speranza – asilo politico in Europa…

Ma sappiamo anche che un numero crescente di donne yezide – spesso molto giovani – ha scelto di unirsi alla resistenza, entrando a far parte delle YPJ, a volte incoraggiate dalle loro stesse madri, come già un anno fa spiegavano due sorelle del villaggio di Ginsor entrate a far parte delle Unità di (auto)difesa delle donne.

Esemplare la vicenda di queste altre tre sorelle della città di Sinjar (chiamata anche Shengal o Shingal), intervistate da Firat News.

 

Tre sorelle nelle fila delle YPJ-Shengal

IMG_8213Continua la partecipazione alle forze di difesa di Shengal, unità prevalentemente composte da yezidi che si sono formate dopo l’occupazione ISIS di Shengal il 3 agosto 2014.

Tre sorelle che hanno aderito alle YPJ-Shengal dopo l’occupazione della città hanno invitato i/le giovani di Shengal ad unirsi alla resistenza contro le bande di ISIS. La partecipazione di tre sorelle alle YPJ-Shengal ha colpito tutti.

Dersim Shengal Kawa, una delle tre sorelle che hanno parlato con ANF, ha detto che sono diventate compagne dopo essersi unite alle forze YPJ-Shengal. Continue reading

L’autodifesa radicale delle donne kurde: armata e politica

ypj3_dilardirik.jpg_1703677632La resistenza delle donne curde opera senza gerarchia né dominazione ed è parte della più ampia trasformazione e liberazione della società.
Le potenti istituzioni del mondo operano attraverso la struttura-Stato, che ha il monopolio finale sul processo decisionale, sull’economia, e sull’uso della forza. Al tempo stesso ci viene detto che l’odierna violenza diffusa è la ragione per cui lo Stato ha bisogno di proteggerci contro noi stessi/e. Le comunità che decidono di difendersi contro l’ingiustizia sono criminalizzate. Basta dare uno sguardo alla generica definizione di terrorismo: l’uso della forza da parte di attori non statali per scopi politici. Non importa il terrorismo di Stato. Di conseguenza, le donne, la società e la natura vengono lasciate indifese, non solo fisicamente, ma socialmente, economicamente e politicamente.
Nel frattempo, gli onnipresenti apparati di sicurezza dello Stato – che apertamente portano avanti economie di commercio di armi e traggono benefici dal contrapporre le comunità l’una contro l’altra per le loro sporche guerre – danno l’illusione di proteggere “noi” contro un misterioso “loro”.

Nel corso dell’ultimo anno, il mondo è stato testimone della storica resistenza della città curda chiamata Kobane. Che le donne da una comunità dimenticata siano diventate le più feroci nemiche del gruppo Stato Islamico – la cui ideologia si basa sulla distruzione di tutte le culture, le comunità, le lingue e i colori del Medio Oriente – ha sconvolto i patti convenzionali sull’uso della forza e sulla guerra. Kobane non passerà alla storia della resistenza umana perché gli uomini hanno protetto le donne o uno Stato ha protetto i suoi “soggetti”, ma perché donne e uomini sorridenti hanno trasformato le loro idee e i loro corpi in un’ideologica prima linea contro la quale si sono sgretolati il gruppo Stato Islamico e la sua stupratrice visione del mondo.
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“Vendicherò le donne, vendicherò Arin….”

CGP_Q9mWcAAOPkKUna donna Êzîdî combatte nelle fila delle YPJ dopo essere fuggita dalla prigionia dell’ISIS

30 Maggio 2015
Til Temir – ANF – Mehmet Nuri Ekinci

Ha preso il suo nome da Arin Mirkan, simbolo della resistenza di Kobanê. La giovane donna Êzîdî ha dichiarato che le bande dell’ISIS hanno perso la loro umanità e che per loro è un grande sostegno morale il combattere tra persone che hanno diversi background etnici e religiosi.
Con il 73mo decreto contro gli Êzîdî, che ha avuto inizio quando i peshmerga hanno abbandonato Sengal, le bande dell’ISIS hanno catturato venti uomini e dodici donne Êzîdî. Arin Mirkan e i suoi amici fatti prigionieri hanno sopportato le torture delle bande  dell’ISIS per dieci giorni prima di riuscire a fuggire e raggiungere i monti di Sengal per riunirsi alle loro famiglie. Mirkan ha deciso che era giunto il tempo della vendetta e, secondo le sue stesse parole, si è “unita alle ‘hevals'(compagne)” invitando tutte le giovani ad unirsi alle YPJ. Continue reading

“Per la prima volta abbiamo preso decisioni come donne”….

La gioventù yazida deve entrare nelle fila delle YBŞ e YPJ-Sinjar
Sinjar – Anf, 23 marzo 2015

Argeş Şengali e Viyan Rodin, membri dell’assemblea delle YBŞ (Unità di resistenza di Sinjar), hanno valutato per Anf-News le decisioni prese durante la prima conferenza tenutasi dal 16 al 18 marzo.

Arges ŞENGALİ:
La popolazione yazida dopo i massacri del 3 agosto ha intrapreso una resistenza determinata. Quei massacri sono avvenuti a causa della mancanza di organizzazione del popolo yazida. Tuttavia, dopo il massacro le YBŞ sono state organizzate rapidamente, coinvolgendo tra le loro fila giovani uomini e giovani donne.
La nostra conferenza ha avuto luogo in un momento importante. È durata tre giorni. Sono state discusse le ragioni del massacro e si è dibattuto sulle esigenze della popolazione.
Alla conferenza hanno partecipato 71 delegati/e. Sono state prese diverse decisioni importanti ed è stata sottolineata l’importanza dell’organizzazione.
Era la prima volta che la popolazione yazida si organizzava in questo modo.

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Donne curde e rivoluzione: oltre l’autodifesa

da Retekurdistan

Donne curde e rivoluzione: oltre l’autodifesa

22 febbraio 2015

Tanto si è detto e scritto in questi ultimi quattro mesi sulle donne curde, in virtù di quello che accadeva a Kobane, in Rojava (Kurdistan siriano). Si è dato spazio soprattutto alle immagini delle donne curde, donne che solo in pochi conoscevano, per evidenziare la loro giovane età, la loro bellezza e il fatto che avessero imbracciato un’arma. Ma questo non è che l’aspetto più superficiale di quanto sta accadendo in quella parte di Medio Oriente. Sì, perchè le donne curde lì stanno facendo una rivoluzione, ma in tutti gli ambiti della società. E l’aspetto militare non è che uno fra questi, e non sarebbe nemmeno il più importante se non fosse per il particolare momento, che vede la necessità dell’autodifesa dagli attacchi che il popolo curdo subisce con rinnovato vigore da ISIS come prima da altri gruppi, per esempio Al Nusra, affiliato a Al Qaeda, ma anche da parte del regime di Assad.

Dietro i volti delle nostre donne, dunque, c’è di più. Il loro coraggio e la loro determinazione hanno aperto un varco che deve lasciare spazio a un’analisi più profonda del processo cominciato diversi anni fa con la formazione di un partito delle donne e delle unità femminili di difesa del popolo in seno al movimento curdo, soprattutto in Nord Kurdistan (Turchia).

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Voci di donne dal Rojava

Segnaliamo dal sito Ufficio di Informazione del Kurdistan in Italia UIKI

E’ il 3 agosto del 2014 quando i curdi Ezidi abitanti della zona di Şengal nel Kurdistan iracheno vengono accerchiati dall’ISIS. I Peshmerga di Barzani scappano, lasciando la popolazione in balia dei saccheggi e degli omicidi. Le più colpite saranno le donne, a migliaia rapite e vendute dall’ISIS. Dopo pochi giorni arrivano in soccorso degli Ezidi gli YPG e le YPJ le unità di difesa del popolo curdo e le unità di difesa delle donne. Dalle retrovie riescono ad aprire un passaggio e per sei giorni riescono a far scappare migliaia di Ezidi chiusi nella morsa dell’ISIS. Camminano per sei giorni e arrivano nella regione liberata del Rojava. Qui, nel cantone di Cizre costruiscono il campo profughi Newroz. Le interviste sono state realizzate durante un viaggio fatto pel 25 novembre 2014, giornata internazionale contro la violenza maschile sulle donne, da 7 donne internazionali.